''Un'Italia sul punto di gettarsi il declino alle spalle e crescere''. I dati del 39° Rapporto Censis
L'Italia è stanca di parlare di crisi, anche se permangono serie discontinuità sociali
Forse perché stanchi da un decennio intristito, passato a parlare di crisi e declino, si può avvertire, su diverse lunghezze d'onda, che nel nostro sentire collettivo c'è meno atonia rassegnata che nel recente passato. Il clima sembra cambiato, nel sistema socioeconomico circola una vibrazione reattiva, quasi un insolito vigore. Anche se forse non bastano per parlare di una inversione di ciclo, non mancano sintomi di conferma a tale segnalazione.
Se l'anno scorso il Rapporto Censis fotografava un Paese ''in assestamento'', ma con una grande paura del futuro e il desiderio di tuffarsi in un passato prossimo o addirittura remoto, la 39esima edizione riflette nei dati, ma soprattutto nella disposizione del Paese, qualcosa di nuovo che sembra positivo, anche se non ha ancora dei contorni ben definiti. L'espressione scelta per introdurre il Rapporto e spiegarne in estrema sintesi il significato è infatti: ''sul punto di...'', ''per indicare la soglia di una mutazione di cui non si possono ancora definire i contorni''.
Quest'anno vanno evidenziati innanzitutto segnali di ripartenza economica.
L'affiorare di schegge di vitalità economica. L'insieme dei settori per i quali si è registrata una crescita del valore aggiunto, della produzione e dell'occupazione realizzano il 49% dell'intero valore aggiunto di tutti i settori produttivi (esclusa la Pubblica Amministrazione, la Difesa e la Sanità) e assorbono il 52,3% dell'occupazione totale; invece i settori che registrano un calo o del valore aggiunto, o della produzione o dell'occupazione realizzano il 25% del valore aggiunto nazionale e impiegano il 13,2% del totale degli occupati. Solo una parte minoritaria dei settori produttivi, dunque, è in una fase di crisi di competitività e di bassa crescita.
La spinta del terziario. I servizi crescono dimensionalmente, e a fronte di un incremento medio dello 0,7% le imprese con oltre 50 addetti sono aumentate del 10,3%, con dinamiche di sviluppo significative nell'ambito delle attività immobiliari (+63%), della ricerca e sviluppo (+38,2%), del commercio (+22,2%); a fronte di una contrazione degli investimenti delle imprese italiane (-3,2%), nel terziario si è registrata una crescita del 4,5%, che sale al 18,1% nelle aziende da 10 a 49 addetti e al 35,9% nel terziario all'impresa.
I consumi che volano verso l'immateriale. Questi crescono a un tasso medio dall'1,3%, ma i servizi di comunicazione aumentano fino al 19,1% e i servizi legati ai consumi culturali e ricreativi presentano un incremento di molto superiore alla media della spesa interna e pari al 7,6%; rispetto a un aumento della spesa delle famiglie, a prezzi costanti del 1995, di 360 miliardi di euro dal '70 ad oggi, la metà di questo volume è oggi direttamente imputabile a consumi collegati con l'offerta di servizi (trasporto e comunicazione).
La fioritura di eccellenze nella ricerca. Tra le 500 imprese europee che più investono in ricerca e sviluppo 149 sono del Regno Unito, 100 della Germania, 66 della Francia e 44 della Svezia. L'Italia, all'ottavo posto, è rappresentata da 17 aziende. Se il nostro paese è dodicesimo in Europa in quanto a spesa pro capite per la ricerca, sale al settimo posto al mondo per numero di pubblicazioni scientifiche e per numero di citazioni da parte dei colleghi scienziati di tutto il mondo, dimostrando un’ottima capacità di produzione individuale.
La scommessa della professionalità. I laureati nell'ultimo anno sono stati 268.821, +30,9% rispetto all'anno precedente. Il numero di corsi universitari fra gli ultimi due anni accademici è cresciuto del 13,2%. I master, sia quelli universitari sia quelli privati, sono ormai una realtà formativa molto estesa: quelli universitari sono cresciuti del 10,4%, quelli privati del 21,7%. Solo con le iscrizioni dei partecipanti, i master universitari raccolgono un finanziamento stimato di 101 milioni di euro, quelli privati 87 milioni di euro, con un costo medio per lo studente rispettivamente di 2.651 e di 7.500 euro.
Per contro le linee di discontinuità sociale rivelano una serie di realtà.
L'emergere del corto orizzonte dei nuovi ricchi. Mentre la maggioranza degli italiani ha continuato a stringere la cinghia, loro hanno continuato a spendere. Nei primi 8 mesi del 2005, le immatricolazioni di auto di lusso sono cresciute del 12,6%, arricchendo il parco macchine dei Paperoni d'Italia di circa 6.000 nuove vetture dagli 80 mila euro in su. Un affronto ai magri risultati del comparto, che ha segnato un calo delle vendite del 3,1%. Secondo le stime del World Wealth Report, gli italiani che hanno una ricchezza individuale superiore al milione di dollari (escluso il valore dell'abitazione di proprietà) sarebbero aumentati del 3,7%, passando da 188 a 195 mila. Le famiglie italiane titolari di patrimoni in gestione superiori ai 500 mila euro sono cresciute dell'8%, arrivando a quota 702 mila (circa il 3,3,% delle famiglie italiane) e il patrimonio in gestione è cresciuto del 10%, con un valore medio di 783 miliardi di euro.
I redditi individuali da lavoro dipendente sono cresciuti dell'1,6%, mentre quelli da lavoro autonomo sono aumentati del 10,1%. Quanto al livello d'istruzione dei nuovi ricchi, solo il 20,3% è laureato, il 42,7% ha un diploma di scuola media superiore o professionale e il 36,9% arriva al massimo alla scuola media.
Il disagio dei senza-patrimonio. Il 10% delle famiglie più ricche possiede quasi la metà (45,1%) dell'intero ammontare della ricchezza netta. Negli ultimi dieci anni la quota di ricchezza posseduta dal 5% delle famiglie agiate è passata dal 27% al 32% e dal 9% al 13%; l'82% delle famiglie italiane dispone di un'abitazione di proprietà, di questi il 13% dispone di almeno una seconda abitazione e il 4,5% di altre tipologie di fabbricati. Ma c'è un 13,5% di italiani che è rimasto fuori dal giro dei proprietari di casa e vive in abitazioni in affitto. Il 45,3% degli affittuari dichiara di percepire un reddito basso o medio basso, per il 34% l'affitto ha un'incidenza che supera il 30% del reddito complessivo e per il 13,4% è maggiore al 40% (è considerato sostenibile un canone che si aggira attorno al 20% degli introiti mensili).
L'impotenza delle risposte individuali. La capacità programmatoria individuale è minata dall'incertezza, visto che il 57% degli italiani afferma di non riuscire ad influenzare quello che gli succede intorno, contro un dato europeo del 47%; inoltre, la maggioranza degli italiani (65%) esprime una valutazione negativa del sistema di welfare, quasi 600 mila famiglie a reddito medio e medio-alto in un biennio hanno vissuto un ridimensionamento economico.
L'indebolimento soggettivo compensato dalla lunga marcia delle reti sociali. In Italia ci sono ormai circa 200 Ong (erano 170 nel 1999), 2.165 sono i progetti avviati in Italia e 544 all'estero dalle Ong appartenenti all'Associazione delle Ong italiane, 3.445 (di cui 1.315 volontari) gli operatori impegnati, sono 21.021 le organizzazioni di volontariato, con un incremento del 14,9% rispetto al 2001. Sono 88 le Fondazioni Bancarie per un totale di proventi, al 31 dicembre 2003, pari a 2.127 milioni di euro, un importo complessivo erogato di 1.143 milioni di euro (con una variazione percentuale rispetto al 2002 del +9,5%) ed un numero di iniziative finanziate pari a 22.804 (+11,6%); e sono circa 7.100 in Italia le cooperative sociali (erano 5.515 nel 2001), 267.000 i soci, 223.000 le persone remunerate (173.348 nel 2001) e 31.000 i volontari. [Aise]
39° Rapporto Censis: in Sicilia le case costano meno
In Sicilia comprare casa costa meno rispetto al resto d'Italia, e i prezzi al metro quadro delle abitazioni ''corrono'' meno velocemente. Lo dimostrano i dati contenuti nel rapporto 2005 del Censis. Nello scorso anno, il prezzo medio al metro quadro delle case nella provincia di Messina è stato di 1.720 euro (+25,5% rispetto al 2000), 1.540 euro a Palermo (+26,2%) e 1.400 euro a Catania (+34,6%). Cifre lontane da quelle che si registrano a Roma, (3.930 euro, +47,7%), Milano (3.800 euro, +43,9%) e Venezia (3.600 euro, +51,3%).
Nella graduatoria dei prezzi degli affitti, Roma perde il primato (160 euro al metro quadro), scavalcata da Milano e Venezia (165 euro), mentre le più economiche sono Catania e Reggio Calabria (entrambe 60 euro). A livello nazionale continua il «boom» del mattone. Nei primi cinque mesi del 2005 sono state acquistate infatti 370.000 abitazioni, cifra che proiettata sui dodici mesi si attesta a circa 810.000 compravendite, per un valore complessivo scambiato di circa 130,5 miliardi di euro.
Secondo le rilevazioni del Censis, nel 2004 sono stati eseguiti in Italia quasi 24.000 sfratti, dei quali circa la metà nelle 10 province a maggiore tensione abitativa. ''Non vi è dubbio - si legge in una nota dell'istituto di ricerca - che la crisi attuale riguardi in modo particolare le famiglie a basso reddito che vivono in alloggi in affitto in regime di libero mercato nelle aree metropolitane e che quindi sono state esposte in questi anni al forte incremento dei canoni. Basti pensare che gli sfratti per morosità rappresentano nel 2004 il 70,2% del totale, e che nel 1990 erano appena il 26%''. [La Sicilia]