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''Un passo contro la pena di morte''

Prefazione del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, al dossier di ''Nessuno tocchi Caino''

31 agosto 2007

Gli italiani hanno compreso prima di altri il valore civile e morale di una battaglia contro la pena capitale. E il nostro Paese ha il merito, fin dal 1994 e grazie a tutti i governi che si sono da allora succeduti, di aver guidato la lotta contro la pena di morte nel mondo, registrando sulla nostra proposta di moratoria universale il sostegno dell’opinione pubblica, una convergenza straordinaria in Parlamento di forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione e incontrando negli anni il crescente sostegno di Paesi in ogni continente. Con l’abolizione della pena di morte dai codici militari nel 1994, l’Italia infatti non solo cancellava l’ultimo retaggio ancora presente nell'ordinamento interno, ma intraprendeva un percorso che l’ha portata ad essere il Paese che più ha fatto in concreto, nelle sedi internazionali e nei confronti di Paesi mantenitori, per fermare le esecuzioni capitali.

Una Risoluzione per la moratoria fu presentata per la prima volta all’Assemblea generale delle Nazioni Unite già nel 1994. Anche se battuta (per soli otto voti!), ciò non impedì alla Commissione dell’Onu per i diritti umani, tre anni dopo e su iniziativa del governo da me presieduto, di approvare a maggioranza assoluta una risoluzione che chiede «una moratoria delle esecuzioni capitali, in vista della completa abolizione della pena di morte».

Con ciò, per la prima volta, un organismo delle Nazioni Unite stabiliva che la questione della pena di morte attiene alla sfera dei diritti umani e che la sua abolizione costituisce «un rafforzamento della dignità umana e un progresso dei diritti umani fondamentali». Da allora, per nove anni, la Risoluzione è stata ininterrottamente approvata a Ginevra, ed è anche grazie a questo se la situazione della pena di morte è oggi decisamente mutata, con abolizioni e moratorie stabilite ovunque nel mondo che hanno salvato dal patibolo migliaia di persone.

In questi anni l’Italia ha fatto valere la sua posizione contraria alla pena di morte anche nei confronti dei Paesi che ancora la praticano. Il 25 giugno 1996, con una sentenza storica, la Corte Costituzionale del nostro Paese ha posto una riserva assoluta a estradare verso i Paesi mantenitori persone che lì rischiano di essere condannate a morte, italiani o stranieri che siano, che risiedano o vivano sul nostro territorio. Un Paese che ha abolito totalmente la pena di morte - ha stabilito la Corte - non può cooperare alla sua applicazione ovunque nel mondo.

È giunto ora il tempo di affrontare il passaggio decisivo per portare a compimento la nostra iniziativa: la moratoria universale delle esecuzioni capitali. L’impegno mio e del governo affinché questa moratoria venga attuata è forte, sulla base anche della decisa mobilitazione del Parlamento italiano. Su questo tema ho chiesto innanzi tutto uno sforzo dei Paesi europei a riaprire la questione in Assemblea generale alle Nazioni Unite. Abbiamo in questi mesi ingaggiato una significativa azione a Bruxelles e a livello internazionale e con la nostra proposta di moratoria ci siamo confermati capofila di una grande battaglia di civiltà. Sono per questo particolarmente soddisfatto per la decisione presa il 18 giugno scorso dall’Unione Europea di presentare, nell’ambito di un’alleanza interregionale, la risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali all’apertura della prossima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. È stato un grande successo dell’Italia, delle associazioni, di chi su questo non ha mai cessato di battersi, del Parlamento e del governo. Ritengo doveroso ringraziare il ministro Massimo D’Alema per aver insistito coi partner europei sull’esigenza di procedere il più presto possibile con un atto concreto per una battaglia di civiltà che ci vede in prima linea.

L’Italia e l’Europa non sono sole. Molti Paesi nelle diverse aree del mondo hanno nel frattempo deciso di sostenere la nostra iniziativa. Nel gennaio scorso, intervenendo al vertice dell’Unione Africana ad Addis Abeba, ho rivolto un appello ai leader africani a lavorare insieme sulla moratoria universale. Ritengo particolarmente straordinario l’impegno dell’Africa: Sud Africa, Mozambico, Angola, Senegal, ma anche Paesi come la Liberia, la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, che nella loro storia recente hanno conosciuto le più gravi violazioni al diritto umanitario internazionale, si sono uniti alla nostra campagna globale.
Con questo impegno l’Africa dimostra di non voler più essere solo terra di colpi di Stato, di esecuzioni sommarie e di esecuzioni capitali; anzi, di essere capace di lanciare al mondo anche segnali di nonviolenza e messaggi di civiltà. Il conferimento al presidente Paul Kagame del Premio di Nessuno tocchi Caino L’Abolizionista dell’Anno coglie lo straordinario valore simbolico, oltre che giuridico e politico, dell’abolizione della pena di morte in Ruanda, una terra dove la catena perpetua della vendetta e l’eterna vicenda di Caino e Abele hanno avuto forse una delle rappresentazioni più tragiche e attuali. L’esempio del Ruanda e di altri Paesi africani dilaniati dalla violenza, spesso fratricida, è espressione di una via da seguire per giungere alla fine della pena capitale nel mondo. Chiedere l’abolizione tout court in situazioni particolari come quelle di Paesi nei quali vige uno stato di emergenza o sono in corso conflitti internazionali o sono appena terminate guerre civili, sarebbe una mera petizione di principio. La moratoria universale decisa dalle Nazioni Unite, invece, può essere una via pragmatica e efficace contro questo flagello.

Conseguire l’obiettivo di una moratoria avrà un significato politico di enorme portata. Una decisione a favore della moratoria in vista dell’abolizione da parte dell’organismo maggiormente rappresentativo della Comunità internazionale, presa anche solo a maggioranza, avrà l’indiscutibile effetto di consolidare l’opinione mondiale della necessità di mettere al bando le esecuzioni capitali così contribuendo allo sviluppo dell’intero sistema dei diritti umani. Molte e autorevoli voci si sono levate in Italia e nel mondo a sostegno in questa battaglia di civiltà. Di questo vorrei ringraziare i premi Nobel e le prestigiose personalità internazionali che nei mesi scorsi, rivolgendomi un appello personale, hanno sostenuto il governo in questa iniziativa, e tutti gli esponenti del Partito Radicale e di Nessuno tocchi Caino, a partire da Marco Pannella, che su questo obiettivo continuano la loro lotta nonviolenta a testimonianza di uno straordinario impegno politico e civile.

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31 agosto 2007
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