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''Volevano uccidere Rosario Crocetta''

Arrestati due boss del nisseno. Imponevano il pizzo anche alle imprese locali che operavano al Nord

24 aprile 2009

Si chiamano Maurizio Saverio La Rosa, di 40 anni, e Maurizio Trubia, di 41, i due boss che sono stati arrestati questa mattina a Gela in provincia di Caltanissetta. I due, che avrebbe imposto a lungo il pagamento del “pizzo” ad imprese siciliane, anche a quelle che si aggiudicavano appalti pubblici a fuori dall'Isola, stavano preparando un attentato per uccidere il sindaco di Gela, Rosario Crocetta, e alcuni imprenditori antimafia. La Rosa e Trubia, insomma, volevano uccidere quegli imprenditori gelesi che negli ultimi anni hanno collaborato con le forze dell'ordine e la magistratura nella lotta al racket delle estorsioni, e Rosario Crocetta che per la sua attività di sindaco antimafia è divenuto un vero e proprio simbolo nazionale. Per gli inquirenti il pericolo di attentati sarebbe stato attuale e imminente. Per questo motivo la procura distrettuale antimafia ha chiesto con estrema urgenza il provvedimento cautelare al gip.

Dall'indagine è emerso che i "padrini" di Gela avrebbero imposto il pagamento del pizzo anche alle imprese siciliane che si aggiudicavano appalti pubblici a Milano e gli imprenditori avrebbero dovuto "pagare la protezione" anche se svolgevano lavori in città del Nord Italia. Sono stati diversi, infatti, i viaggi fatti da La Rosa che la squadra mobile di Caltanissetta ha osservato negli ultimi mesi fra la Sicilia e la Lombardia , dove l'uomo ha incontrato esponenti delle cosche mafiose di Gela da tempo trasferitesi al Nord, fra Milano e Varese. In particolare il clan aveva chiesto il pagamento del pizzo a un'impresa siciliana che era impegnata nei lavori di manutenzione dell'acquedotto milanese. A imporre l'estorsione erano stati proprio i due arrestati questa mattina. L'impresa era impegnata a Milano con lavori per conto della società Metropolitana milanese spa, che ha la gestione di quell'acquedotto. La Rosa e Trubia, in occasioni diverse, avevano imposto il pizzo all'imprenditore impegnato a Milano, comunicandogli di essere i responsabili della famiglia mafiosa di Gela. Una tangente da 15 mila euro che doveva essere versata periodicamente nelle mani dei boss al quale l'imprenditore si è opposto, rifiutando di pagare.

L'indagine, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Caltanissetta, ha dunque consentito di individuare gli attuali reggenti di Cosa Nostra di Gela che fanno parte del gruppo Emmanuello, e di stroncare sul nascere un serio tentativo di ricostituzione di questo pericoloso clan, strutturato in organismi territoriali che operano unitariamente, o in stretta collaborazione, in varie zone del territorio nazionale e all'estero.
L'inchiesta si è basata su intercettazioni e sul contributo offerto da un imprenditore di Gela, che ha denunciato le estorsioni, e sulle nuove dichiarazioni del boss mafioso Carmelo Barbieri, che sta collaborando con i pm della Direzione distrettuale antimafia. Proprio Barbieri aveva parlato dell'attentato a Crocetta, il cui primo verbale di interrogatorio da collaboratore di giustizia è del 6 marzo 2009. Alle sue dichiarazioni si aggiungono anche le intercettazioni da cui si riscontra l'idea degli uomini del clan Emmanuello di uccidere il sindaco.

I provvedimenti cautelari sono stati emessi dal gip del tribunale di Caltanissetta su richiesta della Direzione distrettuale antimafia nissena. La Rosa e Trubia, accusati di associazione mafiosa ed estrosione, dovranno pure rispondere dell'aggravante di aver fatto parte di un'associazione armata, che aveva disponibilità di esplosivo e armi.

Il sindaco Rosario Crocetta, dopo aver appreso la notizia ha così commentato: "Come finirà? Con la mia vittoria o con la mia morte". In una intervista al quotidiano on line Livesicilia.it ha sottolineato che andrà "avanti fino all'ultimo respiro". Ma dice anche di provare rabbia, anzi "tanta rabbia se penso che questi possono mettersi intorno a un  tavolo e decidere di spegnere una vita, la tua". "E il pensiero - continua - va a mia madre. Tra un po' sentirà il telegiornale e si preoccuperà". La mafia non dimentica, "ma a suo modo testimonia che il mio impegno è serio e corretto. Voglio liberare la Sicilia da Cosa nostra". E racconta un aneddoto: "Ero all'estero dentro un bar. Un avventore, quando ha saputo che ero siciliano, mi ha chiamato mafioso. E io ho speso tutta la mia vita contro i mafiosi...".

Condannato a morte chi non paga - "E' in atto un progetto di omicidio nei confronti di imprenditori gelesi, fra cui il gruppo che si aggiudicò l'appalto della spazzatura, proprio perché si sono rifiutati di pagare il pizzo, determinando gravi disagi per i detenuti, non più in grado di ricevere gli stipendi e pagare gli avvocati". Questa la rivelazione del neo pentito Carmelo Barbieri, in un interrogatorio ai pm del 6 marzo scorso. Le sue dichiarazioni sono agli atti anche dell'inchiesta che oggi ha portato all'arresto di due presunti mafiosi gelesi.
Barbieri ha ricoperto un ruolo di vertice in Cosa nostra nissena, al fianco di Luigi Ilardo, il boss confidente del colonnello Michele Riccio che venne assassinato a Catania una settimana dopo che decise di ufficializzare la sua collaborazione con la giustrizia. "A proposito del progetto di dare una lezione agli imprenditori del settore edile o del settore rifiuti che non volevano pagare il pizzo - aveva detto il pentito -, ribadisco che è stato La Rosa, reggente del gruppo Emmanuello, a informarmi. La ragione è innanzitutto per il mancato pagamento del pizzo ma anche per ristabilire la supremazia sul territorio. L'ordine dal carcere era stato dato a La Rosa, in particolare, da Smorta e Carmelo Billizzi". "Posso dire - ha affermato anche Barbieri - che la mia storia criminale nasce con Gino Ilardo che venne a cercare me perchè gli ero stato presentato dai suoi cugini Giuseppe Lombardo e Giuseppe Alaimo". Poi ha aggiunto: "Sono arrivato a Gela, da Resuttana, nel 1986, sconoscendo cosa fosse Gela e la sua criminalità. Dopo che venne ucciso mio suocero, con modalità mafiose, subentrai nella sua attività al mercato ortofrutticolo con il disappunto dei miei genitori".

[Informazioni tratte da La Stampa.it, Repubblica.it, La Siciliaweb.it, Corriere.it, Adnkronos/Ing]

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24 aprile 2009
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