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"Volevo fare una strage. Ho avuto un colpo di testa"

Giovanni Vantaggiato, 68enne, sarebbe l'autore della strage che ha ucciso Melissa Bassi

08 giugno 2012

È lui. L'uomo che ha ucciso Melissa e ferito altre cinque studentesse, il killer che ha seminato il terrore in tutta Italia con una bomba davanti ad una scuola e riportato il Paese indietro di trent'anni, ha un volto e un nome: a quasi venti giorni dall'attentato, inquirenti e investigatori hanno fermato Giovanni Vantaggiato, sessantottenne titolare di un deposito di carburanti agricoli di Copertino, un paese in provincia di Lecce. Dopo nove ore d'interrogatorio, l'uomo, sposato con due figli, avrebbe fatto le prime ammissioni su elementi che non poteva negare e ammesso le sue responsabilità: "Sì, quella bomba l'ho fatta io da solo. L'ho pensata e l'ho costruita".
Perché hai fatto quella strage? "Ho avuto un colpo di testa, che volete fare?". Cosi Giovanni Vantaggiato, nel lungo interrogatorio ha risposto a inquirenti e investigatori che gli chiedevano il movente dell'attentato alla scuola Morvillo-Falcone. Una versione che non ha affatto convinto, tanto che chi indaga sospetta che Vantaggiato stia nascondendo qualcosa. "Come si arriva a parlare del movente - dice un investigatore che l'ha interrogato - si chiude e non fornisce versioni plausibili".

Nel corso dell'interrogatorio Vantaggiato ha ammesso le sue responsabilità per quanto riguarda tre aspetti dell'attentato: il confezionamento della bomba, il trasporto dell'ordigno davanti alla scuola e l'utilizzo delle due auto, l'aver premuto il pulsante che ha attivato la bomba. Nulla, invece, sul perché. E infatti gli investigatori e gli inquirenti, dopo aver raccolto la sua confessione su questi aspetti, si stanno concentrando sul movente e sulla scelta del luogo. Non escludendo che possa non aver agito da solo e che la reticenza di Vantaggiato possa essere una scelta precisa per nascondere qualcosa o qualcuno a lui molto vicino.
Anche per questo non convince investigatori e inquirenti l'ipotesi che l'uomo sia stato mandato da qualcuno: troppi gli errori commessi e troppo a rischio il soggetto. "Andiamo avanti scientificamente, cercando di ricollocare il tutto partendo dai fatti certi ed accertati - dice un investigatore - per arrivare ai perché. E arriveremo anche a quello".

"Ho portato la bomba di notte, ma non l'ho fatta esplodere perché a quell'ora non passa nessuno. La bomba l'ho fabbricata io nel deposito. Ho comprato fuochi d'artificio e li ho svuotati mettendo dieci chili di polvere pirica in ciascuna bombola. Le bombole - ha detto ancora Vantaggiato - le ho portate la sera prima con la Fiat Punto sul luogo dell'attentato. La mattina dopo sono andato lì con la Hyundai (l'altra auto di famiglia, intestata alla moglie, ndr) e ho pigiato il telecomando". E poi: "Quanto tempo dovrò stare qui?" è l'unica domanda che Vantaggiato ha fatto la scorsa notte all'arrivo nel carcere di Lecce.
Dopo la strage Vantaggiato, nei ritagli di tempo, ha continuato a coltivar il suo hobby principale: la cura dello yacht da 50 piedi ormeggiato nella darsena di Porto Cesareo. A raccontarlo è un artigiano di Copertino, un tappezziere, che fa molti lavori sulle barche della zona e che un anno fa aveva avuto come cliente anche Vantaggiato. Il tappezziere racconta che ieri sera, quando rientrando a casa per la prima volta ha visto le immagini del filmato che ritraggono l'attentatore che mentre preme il telecomando e fa esplodere la bomba dinanzi alla scuola, ha subito pensato che potesse trattarsi di Vantaggiato. "Più che dalla somiglianza, che c'è - ha detto - l'ho riconosciuto dal portamento e da quell'abitudine di portare la mano in tasca". Anche il tappezziere lo descrive con un uomo schivo, riservato, ma non scontroso, un solitario che per lo più lavorava sempre nella sua azienda e che il sabato e la domenica si dedicava ai lavori sulla barca. "L'ho visto proprio martedì scorso - ha raccontato - stava facendo i lavori di pulizia della carena che si fanno annualmente prima di rimettere la barca a mare e partire per le vacanze". "Stava lavorando da solo - ha concluso - ed era tranquillo, nessuno avrebbe potuto immaginare il peso che ha sulla coscienza".

Il papà di Melissa: "Chi l'ha uccisa non è un padre" - "Non trovo le parole per definire questa persona. Questa persona non è un padre, ha spezzato la mia e la sua famiglia e la vita di tutti gli altri ragazzi coinvolti in questa brutta esperienza. Per me quella persona non esiste". Così Massimo Bassi, il papà di Melissa, la studentessa 16enne uccisa il 19 maggio scorso in un attentato a Brindisi, ha risposto a una domanda dei giornalisti nell'aula consiliare del Comune di Mesagne. "Mai avrei potuto immaginare. Mai", ha sottolineato, precisando di non aver "mai pensato che dietro ci fosse criminalità organizzata".
"E' stata mia moglie a darmi la forza di andare avanti perché la amo, insieme al pensiero di Melissa, perché lei ci voleva sempre vedere insieme", ha detto. "Melissa - ha detto ancora - era una ragazza solare, educata e piena di vita". ''Non vedo l'ora di andare a trovare le altre ragazze ferite - ha aggiunto - per altro Maurizio, il padre di Veronica, (la ragazza è ricoverata a Pisa in gravi condizioni, ndr) è un mio amico".
Riferendosi all'uomo che ha confessato di essere l'autore dell'attentato Massimo Bassi ha detto che secondo lui "non è un padre, per me è una persona che non esiste. Non c'è definizione per questa persona. Io immagino che in questi 20 giorni quando è stato con la sua famiglia e insieme alle figlie anche loro abbiano parlato della necessità di prendere l'assassino". Comunque, "giustizia è stata fatta''.
Il padre di Melissa ha ringraziato le forze dell'ordine e la magistratura, oltre che i sanitari dell'ospedale di Mesagne che hanno avuto in cura la moglie rimasta ricoverata per alcuni giorni a causa dello choc. Nonostante questo, la donna, dimessa da pochi giorni, ha voluto essere presente all'incontro con i giornalisti pur non prendendo mai la parola.

L'avvocato della famiglia Bassi, Fernando Orsini, per descrivere la vicenda dell'attentato ha richiamato la scrittrice tedesca Hannah Arendt e "la banalità del male, di un atto mostruoso perpetrato da una persona che sembra terribilmente normale”.
Carlo Vantaggiato, figlio di Antonio, uno dei fratelli di Giovanni, ha commentato così la notizia del fermo di suo zio: "Per noi mio zio è un estraneo, io non l'ho mai conosciuto. Per mio padre quasi non era un fratello, perché non si parlavano da 35 anni. A nome della mia famiglia posso dire che siamo dispiaciuti e addolorati per le famiglie coinvolte in questa vicenda, soprattutto per Melissa". Carlo gestisce con il padre un deposito di carburante a Monteroni di Lecce. Ammette di essere sotto choc, lui, come il resto della famiglia. "Ovvio, è normale", ha risposto a chi glielo chiedeva. D'altra parte, ha spiegato, "è un dolore indescrivibile, quello che ha provocato ai genitori e ai parenti di Melissa, così come alle altre famiglie coinvolte".
Increduli e sotto choc anche i vicini di casa di Giovanni Vantaggiato: "Non avrei mai immaginato questo risvolto, siamo tutti increduli per questa verità che è emersa ieri - ha detto un vicino di casa di Vantaggiato - Non riusciamo a trovare nessuna logica plausibile di quanto accaduto. Ovviamente l'intera comunità prende le distanze da questo gesto folle". "Nonostante fossimo vicini di casa, contrariamente alle consuetudini del Sud sui rapporti confidenziali tra vicini, Vantaggiato è sempre sembrato freddo e lapidario, lui e la sua famiglia apparivano abbastanza distanti - ha proseguito - ma si sono sempre dimostrati tranquilli. Una famiglia dedita al lavoro. Siamo tutti visibilmente scioccati". [Adnkronos/Ign]

 

 

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08 giugno 2012
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