#We Are Coming O Rome
Nuova minaccia dell'Isis lanciata stavolta su Twitter: "Isis a Roma, se Dio vuole"
"Isis a Roma, se Dio vuole". I terroristi dell’Islamic State tornano a minacciare l’Italia e questa volta lo fanno con un nuovo hashtag denominato "stiamo arrivando a Roma".
Lo ha riferito un tweet di Rita Katz, fondatrice del gruppo di intelligence Site (Search for International Terrorist Entities).
Nel tweet postato da Site appaiono inoltre foto che mostrano lunghi convogli di mezzi armati e carichi di militanti col passamontagna e le bandiere dello Stato Islamico.
Site sta seguendo da vicino il sistema di propaganda di Isis attraverso i social network. Da un ufficio di Bethesda, nei sobborghi di Washington, con un piccolo team di esperti informatici la ricercatrice scandaglia la Rete 24 ore su 24 alla ricerca di post, immagini e documenti degli jihadisti. Scovando, spesso, video raccapriccianti come quello, ultimo in ordine di tempo, che testimonia la decapitazione di decine di egiziani copti su una spiaggia libica da parte dei miliziani dell'Isis.
La minaccia Isis nei confronti della nostra Nazione, preoccupa ogni giorno di più. I jihadisti dello Stato Islamico intendono conquistare la Libia per farne una "porta d'ingresso" dalla quale attaccare l’Italia e, quindi, l'Europa. Intenzione che scrivono gli stessi miliziani in lettere rivelate dalla fondazione britannica contro l'estremismo Quilliam. Da queste missive, ha scritto il Telegraph, emerge la volontà dei jihadisti di inviare nello Stato nordafricano combattenti provenienti dalla Siria e dall'Iraq e poi farli giungere in Europa via mare come migranti, sui barconi che già attraversano il Mediterraneo. Una volta giunti a destinazione, secondo i piani i jihadisti dovrebbero poter muoversi incontrollati nelle città dell'Europa meridionale e anche provare ad attaccare obiettivi del trasporto marittimo.
In un testo scritto da un noto propagandista jihadista, che si fa chiamare Abu Arhim al-Libim, la Libia viene descritta come un "potenziale immenso" per l'Isis. A sostegno della sua tesi, il miliziano cita l'enorme quantità di armi in circolazione dalla guerra civile che ha portato alla deposizione di Muammar Gheddafi, quando i ribelli hanno messo le mani sull'arsenale dell'ex colonnello. Alcune di queste armi provengono dalla Gran Bretagna, che aveva fornito al regime di Gheddafi mitragliatrici, fucili di precisione e munizioni in quanto considerato alleato nella lotta contro l'estremismo islamico. Libim sottolinea anche che la Libia "ha una lunga costa e volge lo sguardo agli Stati crociati del sud, che possono essere raggiunti facilmente anche con un'imbarcazione rudimentale". Il miliziano cita anche "il numero dei viaggi noti come 'immigrazione illegale' dalla sua costa, che sono tanti. Se questi vengono usati in modo strategico, nei Paesi dell'Europa meridionale succederà il pandemonio. E potrebbero anche essere prese di mira le navi crociate".
Che gli estremisti dell’Isis possano arrivare con i barconi dei migranti (se non addirittura prendere in mano e gestire il traffico dei migranti) in Sicilia, e quindi in Italia, e quindi in Europa, è un pericolo per il quale anche l’ambasciatore egiziano a Londra ha lanciato l’allarme. Tesi confermata da una fonte siriana nella capitale britannica. L’Isis avrebbe in animo di invadere l’Europa con i gommoni, approfittando proprio della nostra buona creanza.
Il ministro degli Interni, Angelino Alfano, continua a ripetere che, pur esistendo questo pericolo, fino ad ora non c’è traccia di combattenti arrivati su gommoni: "Abbiamo alzato il livello dei controlli, non siamo impreparati".
Bisogna però stare con gli occhi aperti e tenere conto del fatto che l’esodo massiccio crea un oggettivo vantaggio agli jihadisti. Dai centri di accoglienza fuggono talvolta in massa, soprattutto i minori non accompagnati. E che fine fanno i fuggitivi? In che mani finiscono? Potrebbero essere reclutati dalla malavita o da jihadisti e trasformarsi in combattenti.
E se fino ad ora (ed è questa una speranza ampiamente condivisa) nessun terrorista dell’Isis è sbarcato sulle nostre coste approfittando dei quotidiani "viaggi della speranza", l'Italia si è detta pronta ad assumere un ruolo guida nella cornice dell'iniziativa dell'Onu per riprendere le sorti della Libia dove la situazione si deteriora giorno dopo giorno con la crescente minaccia rappresentata dallo Stato Islamico. E' quanto affermato dal nostro Rappresentante permanente alle Nazioni Unite, Sebastiano Cardi. L'Italia, come sottolineato più volte dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, punta a una soluzione politica.
In occasione della riunione d'emergenza del Consiglio di Sicurezza a New York, inoltre, il ministro degli Esteri libico, Mohammed al-Dairi, ha chiesto alle Nazioni Unite di rimuovere l'embargo sulla vendita di armi al suo governo, per poter fronteggiare l'avanzata dei jihadisti dell'Is. Al-Dairi ha sottolineato che la Libia non chiede un intervento militare straniero, ma che la comunità internazionale "ha il dovere giuridico e morale di dare sostegno urgente" al Paese. "Se non riusciremo ad avere armi - ha affermato - questo può solo fare il gioco degli estremisti. La Libia necessita di una posizione decisa da parte della comunità internazionale, perché possa aiutarci ad addestrare il nostro esercito nazionale; questo passa solo attraverso la rimozione dell'embargo alle armi, in modo che il nostro esercito possa ricevere materiale e armamenti per fronteggiare il terrorismo che avanza".