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100 anni di 8 marzo

La Festa della Donna: criticata, svalutata, spesso ridicolizzata, ma ancora molto, molto utile

08 marzo 2010

L'8 marzo compie 100 anni. La Festa della Donna, criticata, svalutata, spesso ridicolizzata, per molti continua a rimanere una celebrazione più che utile.
Era il 1910 quando, durante il congresso socialista di Copenaghen, venne deciso che sarebbe stata questa la giornata da dedicare alla festa della donna. Era l'inizio di un cammino che, in pochi decenni ma con moltissima fatica, ha portato l'altra metà del cielo a raggiungere traguardi impensabili allora. Cento anni fa le donne non votavano, non studiavano o lavoravano come gli uomini, non potevano scegliere liberamente quando sposarsi, fare figli, separarsi.

Dopo un secolo la donna di oggi è una donna autarchica, che non rinuncia ai suoi desideri e che riesce, con sempre maggiore vigore, a dimostrare quanto sia inopportuno continuare a chiamare "sesso debole" il genere femminile. Certo, le mimose sono ancora bene accette, come anche le manifestazioni di "cortesia" e di attenzione che gli uomini vorranno manifestare all'altra metà di loro - si spera non solo in occasione dell' 8 marzo -, ma la donna attuale ha capito che può (e sempre più spesso deve) contare solo su stessa, e di certo non aspetta più il "Principe Azzurro".
Questi gli elementi raccolti dall'osservatorio Mauri Lab, che ha studiato la rappresentazione della donna sui media e nel sociale attraverso 1600 tra riviste e siti di lifestyle e 180 interviste a esperti tra sociologi, psicologi ed esperti di comunicazione.
Il 67% degli esperti consultati definirebbe la donna di oggi appunto come 'autarchica', ovvero in grado di badare e 'bastare' a se stessa (52%), capace di vestire anche i panni che l'uomo ormai 'femminilizzato' o 'eternamente bambino' ha abbandonato (46%), con la voglia di realizzarsi, ma senza abdicare al carrierismo esasperato (41%).

E l'uomo riconosce alla donna qualità migliori, e la vorrebbe addirittura come capoufficio, almeno in Lombardia, secondo l'indagine "Donna e Impresa", dell'ufficio studio della camera di commercio di Monza e Brianza: intervistati 850 lombardi, il 15 per cento ha risposto che vorrebbero una donna come capo. Ma la realtà è diversa, almeno in campo sanitario: secondo la Cgil, nonostante le donne siano sempre più presenti fra i medici (dal 2005 al 2008 nel Servizio sanitario nazionale sono aumentate dal 30% al 35%), soltanto una su dieci occupa un posto di dirigente medico di struttura complessa, ossia il vecchio ruolo di primario. Una vera e propria categoria sociale, quella della donne, con una consapevolezza di sé da far ipotizzare, in un articolo di Caterina Soffici pubblicato oggi sul Corriere della Sera, uno sciopero delle donne, moderne 'lisistrate'. Idea subito condivisa da Lella Costa, premiata oggi insieme a Luciana Serra e Liliana Cosi con il tradizionale "premio donna 8 marzo". Ed anche dall'ex ministro per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini. Va bene le mimose, ma "scegliamocele noi, perché molte sono avvelenate - avverte la parlamentare del Pd - perché queste destre e questo governo rappresentano una continuità con la storia peggiore dell'Italia anche sul punto centrale del rispetto delle donne. Per questo, mi piace l'idea di trovare una data in cui tutte le donne incrocino le braccia. Sarebbe il collasso immediato per il Paese e una scossa per le pigrizie della politica e i molti egoismi maschili".

Cresce la Polizia 'in rosa' - Il 'rosa' è sempre più presente nelle diverse aree, sezioni e dipartimenti della Polizia, anche in posizioni di rilievo. Come evidenzia anche 'Poliziamoderna' in un inserto dedicato nel prossimo numero proprio alla presenza femminile in Polizia, una donna ogni 100 che entra in Polizia riesce ad arrivare alle cariche più alte, cioè ai ruoli dirigenziali, e 6 su 100 al ruolo direttivo di commissario, mentre un uomo ogni 150 diventa dirigente e solo l'1,8% diventa commissario.
Certamente non mancano le mamme, dato che la maggioranza delle donne in Polizia è sposata (il 52,6 %) ed il 63% cioè 9.382 poliziotte hanno figli, mentre prevalgono le mamme con più di due figli. "La difficoltà delle poliziotte madri è conciliare il doppio ruolo, cosa che richiede grandi sacrifici e grande collaborazione da parte della famiglia, marito, nonni e quant'altro", sottolinea Luciana Baron, funzionario del Dipartimento della Polizia Stradale del Lazio. "Ma sono fermamente convinta - rileva - che quando c'è la passione e l'amore per il proprio lavoro, e io che sono in polizia da 21 anni, continuo ad amarlo con tutto il cuore, non ci sono sacrifici troppo grandi da affrontare". "Sono entrata in polizia nel 1989 e posso dire che è stata ed è tutt'ora un'esperienza positiva - prosegue la Baron - Sono stata una delle prime donne ad arrivare nei servizi operativi, ho girato diversi commissariati ed ora sono nella Polizia Stradale. Sono convinta che la donna in Polizia sia un valore aggiunto - afferma la Baron - e che la sua presenza sia necessaria per poter dare una risposta bilanciata ed equilibrata nell'ambito di una società, di una collettività composta proprio da uomini e donne". "Vengo dal ruolo di agente, sono stata in diversi commissariati di Roma: Tor Pignattara, Tuscolano, Romanina - continua il funzionario - e mi sono sempre trovata bene, anche nel rapporto con i colleghi uomini, ora sono un funzionario nel Compartimento della polizia stradale del Lazio e posso dire che non c'è differenza tra chi deve uscire di pattuglia sulle strade, chi deve intervenire in caso di incidenti gravi o chi è servizio di scorta per eventi particolari". "Credo che uomini e donne insieme possono fare un buon lavoro. - ha detto ancora - Le opportunità di carriera sono uguali per entrambi i sessi, le donne hanno accesso a tutti i reparti eccetto che al Reparto Mobile, lì non ci sono donne".
La presenza femminile in Polizia è cresciuta negli ultimi 5 anni di quasi 2 mila unità e in vent'anni è diventata oltre il doppio: da 6.791 nel 1990 a 14.862 nel 2010, ovvero 8.071 unità in più (un rafforzamento del 118%). Un dato decisamente significativo se paragonato a quello degli uomini, aumentati di 5.118 unità - 84mila nel 1990 e 89.118 a gennaio 2010. Le donne poliziotto dimostrano quindi un desiderio più forte, rispetto agli uomini, di indossare la divisa. In particolare nei ruoli tecnico-scientifici e professionali nei quali le donne sono oltre il 30%. Ma anche nei ruoli ordinari, dove pur costituendo solo il 13% della forza complessiva, le donne sono presenti in tutte le specialità e funzioni particolari, persino quelle a ''tradizione'' maschile. Più di un terzo della forza complessiva femminile, il 34%, risulta infatti, in forza presso le quattro specialità Stradale, Ferroviaria, Frontiera, Postale e Reparti speciali come le Volanti, il settore aereo, la Digos e cinofili, e si sono fatte largo anche nelle squadre mobili.

Ancora troppe le donne costrette a rimanere senza lavoro - Il 22% delle donne nella provincia di Catania ha una occupazione, il 4% è in cerca di un lavoro, il 74% non ha una occupazione. Sono alcuni dati emersi da una indagine più ampia che il Coordinamento donne Cisl illustra oggi a Catania durante un incontro sul tema "Dentro la crisi del lavoro: donne nella società-solidarietà, speranza, fiducia, conoscenza".
"La bassa percentuale delle donne catanesi alla ricerca di lavoro - spiega la segretaria territoriale Cisl Catania Rosaria Rotolo - è un indice gravissimo di scoraggiamento, come dimostrato dall'altissima percentuale delle non forze di lavoro (74%) tra coloro che si definiscono casalinghe, studentesse, inabili, pensionate o non in cerca di lavoro. Alla difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro - prosegue Rotolo - si aggiunge la scarsa presenza di asili nido. A Catania sono solamente 15, possono ospitare circa 600-700 bambini fino ai 3 anni di età e riescono a coprire a stento il 7,22 per cento della popolazione, composta 9.700 soggetti".

[Informazioni tratte da ANSA, Adnkronos/Ing, La Siciliaweb.it]

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08 marzo 2010
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