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100 anni fa il terremoto di Messina

Messina, Reggio e l'Italia intera ricordano il più devastante terremoto che l'Europa ricordi

27 dicembre 2008

Cento anni fa, all'alba del 28 dicembre 1908, le città di Messina e Reggio Calabria vennero distrutte dal più devastante terremoto che l'Europa ricordi. Una tragedia destinata ad occupare nell'immaginario della Belle Epoque un posto pari a quello del Titanic e che trovò l'Europa unita in una corsa di solidarietà mai vista prima.
Quel sisma di una violenza inaudita (Mercalli aggiungerà un grado, l'11°, alla sua scala, basandolo proprio sull'intensità di questo terremoto), che per 37 secondi scosse la Sicilia e la Calabria, cambiò per sempre le due aree tra le sponde dello Stretto. Ne cambiò la fisionomia, la storia.
La vita di una parte d'Italia mutata da un tragico evento. Poche ore prima di quella devastazione, Reggio aveva celebrato in grande stile la nuova illuminazione pubblica; anche a Messina abiti da sera, per l'"Aida" di scena a teatro.
Si parla di circa 80mila morti a Messina, 15mila a Reggio. Ma non fu solo quella scossa a stroncare numerose vite: in tanti si riversarono in strada, in riva al mare. E proprio da lì venne ancora morte: un maremoto li sorprese, con onde alte anche 13 metri.

In quei trentasette secondi di apocalisse edifici, ferrovie, strade e anche la stazione radio furono distrutte o gravemente danneggiate. Svanirono come fantasmi gli edifici neoclassici della monumentale Palazzata del lungomare, scomparsero le chiese barocche dove Filippo Juvara aveva mostrato il suo primo talento e la strada dei Monasteri.
Quando la furia si placò, Messina e Reggio si ritrovarono in una sorta di buco nero spazio-temporale dal quale era impossibile lanciare un Sos. E in questo "non luogo" migliaia di persone rimasero per tutta la mattina e tutto il pomeriggio del 28 dicembre fino a quando - come ricostruisce Giorgio Boatti nel suo libro "La Terra Trema" - alle 17.25 arrivò sulla scrivania di Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio e ministro dell'Interno, il telegramma che finalmente ruppe gli indugi.

I primi aiuti arrivarono dalle navi ancorate al porto di Messina. Nella giornata del 28 il piroscafo Usa Washington e poi la nave Montebello portarono a Catania i primi feriti messinesi, mentre il mercantile inglese Afonwen fece rotta verso il porto di Siracusa. Da queste due città partirono i primi aiuti e da qui venne lanciato l'Sos che raggiunse le squadre navali russa e inglese che si addestravano al largo delle coste siciliane. Dopo le squadre navali russa e inglese da tutto il mondo arrivarono aiuti per le sfortunate Messina e Reggio: dalla Germania all' Austria-Ungheria, dalla Francia agli Stati Uniti, dalla Danimarca alla Grecia alla Spagna al Portogallo. Uomini che pochi anni dopo si sarebbero trovati su opposte trincee sui fronti della Grande Guerra, accorsero per restituire alle due città la speranza di una nuova vita. 
Così, dopo la tragedia, nacque la storia della grande solidarietà che unì l'Europa e l'America nello Stretto. Tanti "piccoli" eventi che fecero "la storia" della ricostruzione: come quella di don Luigi Orione, che giunse a Reggio, a poche ore dal sisma, camminando per un lungo tratto di strada della Calabria a piedi. E qui si impegnò nell'opera di rinascita, dedicandosi soprattutto ai più piccoli, facendosi affidare la cura degli orfani.

Una storia terribile che a 100 anni di distanza non si vuole dimenticare e non si deve dimenticare. Ma che deve essere ricordata, però, non come semplice momento celebrativo: in ogni iniziativa programmata per il centenario, viene sottolineata una finalità principale, quella di voler trarre da quanto accaduto un insegnamento, per guardare al territorio con sempre maggiore interesse.
Oggi e domani a Messina le due sponde dello Stretto saranno unite nel dolore, nel ricordo e nella speranza di un futuro migliore. A Messina e Reggio si svolgeranno diverse iniziative.
A Messina giungeranno oltre 400 mezzi, colonne mobili del volontariato e 2000 volontari, e i sindaci dei 390 comuni, per la cerimonia ufficiale alla presenza del presidente della Regione Raffaele Lombardo, del presidente della provincia Giovanni Ricevuto, del dirigente generale della protezione civile Salvatore Cocina, e del sottosegretario di Stato con delega alla protezione civile Guido Bertolaso.
Domani, domenica 28 dicembre, alle ore alle 5,21, le campane dei comuni del mesinese e del reggino suoneranno all'unisono in una rinnovata sinergia, poi una fiaccolata commemorerà le oltre 80 mila vittime di Messina e le 15 mila di Reggio Calabria. La fiaccolata si snoderà lungo via Garibaldi, piazza Cairoli, via Cannizzaro, via Cavour per concludersi al duomo di Messina.
Il programma è consultabile sul sito della protezione civile regionale www.protezionecivilesicilia.it.

DOPO 100 ANNI ANCORA TERREMOTATI - La ricostruzione di Messina partì due settimane dopo il sisma, esattamente il 12 gennaio 1909, quando il Parlamento varò una legge straordinaria per la rinascita della città stanziando una prima somma di finanziamenti pubblici. Da allora sono state tante le leggi speciali emanate e il numero di finanziamenti straordinari deliberati da Stato e Regione. Una rinascita lunghissima, che ancora oggi, dopo cento anni non è comunque arrivata a conclusione.
Dopo la legge del 1909, i primi passi per rimettere in piedi Messina vennero compiuti nel 1911 con il nuovo piano regolatore, la ricostruzione vera e propria però venne avviata solamente al principio degli anni Quaranta: per 30 anni, insomma, la città rimase un'immensa baraccopoli. Quando le ultime baracche stavano per essere smantellate, arrivarono i bombardamenti alleati del 1943 che danneggiarono i palazzi appena costruiti. E Messina ritornò alle baracche. Un retaggio che si trascina fino a oggi, dal momento che il Comune ha censito l'esistenza ancora di tremila baracche abitate da 15 mila persone. Ed è soprattutto povera gente quella che continua a vivere in baracche di mattoni rossi, cartongesso, legno, lamiera e tetti in eternit, materiale composto anche da amianto che provoca il cancro, su un'area di 54 mila metri quadrati.
Nelle casupole quando piove l'acqua e il fango entrano dentro, i topi passeggiano indisturbati, l'acqua sale dal terreno. La gente lotta per non fare entrare i ratti in casa, mentre è impossibile chiamare igienici i servizi di cui gli abitanti di questi possono usufruire. "Qui - racconta la gente - non c'è nulla di civile. Non è possibile che nel 2008 le persone siano senza una casa".



Qualcuno nei decenni è andato via e le baracche sono state occupate da gente che ha bisogno di un tetto e che preferisce il rischio eternit al rimanere senza casa.
Secondo un'interrogazione dei parlamentari Idv, Leoluca Orlando e Domenico Sicilipoti, al presidente del Consiglio e ai ministri competenti, in questa case fatiscenti che sono "una vergogna nazionale" vivono oltre 3.300 famiglie. Per questo chiedono di far terminare "l'umiliazione inflitta ad esseri umani trattati come scarti".
"La Regione Sicilia nel 1990 - scrivono i parlamentari - si è data una legge speciale per la riqualificazione urbana di Messina che ha portato allo stanziamento di 500 miliardi di lire di cui ne sono stati usati solo 150 e dei restanti 350 si sono perse le tracce. Nel 2004 la Regione siciliana stanzia altri 70 miliardi di euro per realizzare abitazioni e, a partire dal 4 aprile del 2007, il comune di Messina incassa i fondi regionali per la costruzione degli alloggi".
Alla vigilia di Natale l'arcivescovo di Messina, monsignor Calogero La Piana, ha detto: "Il centenario del terremoto arriva in un momento di precarietà e incertezza nel mondo del lavoro, ma anche di gravi eventi, come l'alluvione dei giorni scorsi. Tutte situazioni che aumentano il numero di coloro che attendono ancora un tetto sicuro, intervengano dunque al più presto le istituzioni"

- TERREMOTATI DA CENT'ANNI (Guidasicilia.it)

[Informazioni tratte da Repubblica.it, La Siciliaweb.it, Il Velino.it, Corriere.it]

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27 dicembre 2008
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