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11/9. Cinque anni dopo

L'undici settembre del 2001 la storia dell'Uomo virava verso un'altra direzione. Di quel giorno sopravvive ancora la paura

11 settembre 2006

Quella che tutti chiamiamo la ''vita di tutti i giorni'' è continuata, malgrado tutto, perché così doveva essere, nonostante tutto. Da quel giorno, sempre incredibilmente vicino, nel quale la Storia dell'Uomo virava all'improvviso imboccando una rotta totalmente inaspettata (ma forse non è così), la paura diveniva elemento costantemente presente ed invasivo nella vita dell'Occidente.
L'11 settembre del 2001, il Paese più forte del mondo veniva attaccato mortalmente al cuore. A colpire, qualcosa di inenarrabile: il TERRORE.
In cinque anni questo ha assunto diversi nomi e diverse forme. Si è chiamato Osama Bin Laden, si è chiamato Talebani, si è chiamato Saddam Hussein e si è chiamato Iraq. Poi lo si è chiamato ancora Iran, Siria, e più in generale ISLAM. Lo si è visto in tutti i luoghi, ha colpito tante e tante volte ancora, e ancora aleggia dappertutto, se ne sente l'odore ovunque, se ne ha ancora paura. Come quel giorno, forse più di quel giorno.

Il crollo delle Twin Tower ha smosso le acque che hanno rivelato un fondo torbido e putrido. Lo schianto delle macerie sul suolo di New York hanno messo in luce impressionanti interessi e verità inimmaginabili. La distruzione del World Trade Center ha azzerato le certezze e la tranquillità dell'Occidente e ha fatto comprendere a chiunque che colpevolezza, infamia, crudeltà e malvagità da troppo tempo armeggiano indisturbati dentro la stanza della regia dei nostri destini.    

C'era un grande silenzio ieri a Ground Zero, dove il presidente degli Stati Uniti d'America, George W. Bush, accompagnato dalla first lady Laura, hanno aperto le commemorazioni del quinto anniversario degli attacchi kamikaze dell'11 settembre 2001.
Senza dire una sola parola, la coppia presidenziale ha deposto due corone di fiori la dove sorgevano le Torri Gemelle, prima simbolo della potenza americana, poi simbolo della sua grande debolezza.
Dopo avere pronunciato molti discorsi nei giorni scorsi, George W. Bush non ha parlato né ieri sera a Ground Zero né lo farà oggi, quando farà colazione in una caserma dei vigili del fuoco e deporrà corone in Pennsylvania, dove si schiantò il volo UA93 su cui i passeggeri si ribellarono ai dirottatori, e al Pentagono.
Nei discorsi dei giorni scorsi, Bush ha molto insistito sulla ragioni per cui l'America deve portare avanti la guerra al terrorismo. Le celebrazioni dell'anniversario degli attacchi sono, invece, considerate dalla Casa Bianca un momento per ricordare le vittime ed essere vicini ai loro familiari.
Con gli americani, Bush parlerà stasera (sarà notte in Italia). Dallo studio Ovale della Casa Bianca, Bush farà un discorso alla Nazione: un discorso che il suo staff ha annunciato come ''una riflessione'' sull'11 Settembre.

E a ricordare quell'infausto giorno, sono stati anche i primi colpevoli riconosciuti dell'immane strage: gli uomini di Al Qaeda.
Nella serata di domenica era stato messo online in un sito islamista la versione integrale di 55 minuti del video (i cui estratti erano stati diffusi da Al Jazira la scorsa settimana) in cui lo ''Sceicco del Terrore'', Osama Bin Laden, compare mentre si stanno addestrando alcuni dei terroristi che colpirono cinque anni fa, compreso il videotestamento di due attenatori kamizake.
Stamane, anche Ayman al-Zawahiri, numero due di Al Qaeda, non ha voluto essere da meno del suo capo, ed è apparso in un video di 76 minuti (sottotitolato in inglese) trasmesso dalla Cnn (che cita una fonte dell'antiterrorismo la quale afferma che è stato identificato su un sito islamista).

Dal video il medico giordano lancia messaggi che potrebbero lasciar presagire nuovi attacchi: ''I giorni sono gravidi e daranno vita a nuovi eventi, con il permesso e la guida di Allah. I vostri leader vi nascondono la vera gravità del disastro'', dice al-Zawahiri, che cita poi anche i recenti attacchi israeliani in Libano e la cattura di soldati israeliani da parte degli hezbollah e dei militanti palestinesi a Gaza. Zawahiri spiega che ogni attacco a occidentali ed ebrei, in ogni luogo, può essere considerato giusto, perché ''la realtà della politica internazionale è l'umiliazione e la repressione dei musulmani per mano di idolatri che dominano questo mondo''. Inoltre invita i musulmani a combattere gli alleati degli Stati Uniti in Somalia e chiede di ''sfruttare ogni opportunità per vendicarsi con l'America'' per l'arresto dell'imam egiziano Oar Abdel Rahman.
Zawahiri parla anche dell'Afghanistan, dicendo che la situazione ''è molto buona'' per i talebani mentre le milizie islamiche, a suo dire, starebbero vincendo in Asia e in Medio Oriente. Rivolgendosi agli occidentali, il medico giordano dice: ''Dovreste preoccuparvi della vostra presenza nel Golfo, mentre il secondo posto in cui ci si dovrebbe preoccupare è Israele. Si devono colpire i collaboratori degli Usa e i disfattisti che hanno abbandonato la legge islamica per sostenere i governi corrotti in Medio Oriente''.


11/9 : contro il terrorismo sempre , con chi lede i diritti mai
di Carlo Dore jr. (www.osservatoriosullalegalita.org)

Nella giornata di oggi, il Mondo intero si fermerà per ricordare le vittime degli attentati che, in quel pomeriggio di cinque anni fa, colpirono al cuore gli Stati Uniti d'America. Ogni singolo istante che scandì l'evolversi di quegli eventi è indelebilmente impresso nella memoria di tutti i nostri contemporanei, come i frammenti degli incubi più terribili, che ritornano alla mente dopo il risveglio malgrado gli sforzi compiuti per dimenticarli.
Ma quel giorno l'incubo non svanì con i primi raggi del sole, facendo prepotentemente irruzione nella realtà sotto forma di aerei impazziti scagliati con precisione distruttiva contro il World Trade Center, simbolo per antonomasia della più importante potenza occidentale. E mentre le edizioni straordinarie dei telegiornali trasmettevano in diretta le raccapriccianti immagini delle persone che cercavano invano salvezza lanciandosi nel vuoto prima del crollo delle due Torri, allo sgomento e alla costernazione cagionata da quegli eventi veniva si affiancavano i timori per gli scenari di politica internazionale celati sotto le macerie di Ground Zero.

Tuttavia, i suddetti scenari avevano iniziato a delinearsi dal momento in cui quello che Michael Moore coraggiosamente definì (secondo una traduzione a dir poco libera) ''l'imbelle delfino di un Presidente guerrafondaio'' completò la sua ascesa alla Casa Bianca. Ideatore di una strategia di potere diretta a collocare sotto il diretto controllo statunitense una serie di ''Stati canaglia'', Gorge W. Bush ha utilizzato l'argomento della lotta al terrorismo per riaffermare una concezione degli equilibri mondiali sostanzialmente coincidente con quella che aveva caratterizzato gli anni della guerra fredda.
Seminando il panico in una popolazione ferita, egli di fatto ha invocato una sorta di scontro tra civiltà, attribuendo all'Occidente il compito di imporre il vangelo della democrazia ai fanatici infedeli. Anche grazie ad una congiuntura politica favorevole che rendeva la comunità internazionale quasi integralmente asservita ai voleri di Washington, il petroliere texano ha così scagliato un offensiva militare senza precedenti nei confronti di alcuni dei paesi oggetto della suddetta strategia, quali l'Afghanistan e l'Iraq.
Tutti coloro i quali tentavano di opporsi ad un simile status quo, rilevando come i valori democratici non possono essere imposti ad un popolo attraverso l'uso delle bombe, venivano puntualmente additati come disfattisti e come fiancheggiatori di Al Qaeda, e di conseguenza travolti dalla cieca ostinazione con cui i governi di Spagna, Inghilterra ed Italia sostenevano la nuova crociata americana.

Ma l'infelice esito del conflitto iracheno ha fatto esplodere in tutta la sua evidenza la macroscopica contraddizione che stava alla base del disegno strategico perseguito dalla Withe House: la guerra (intesa come fenomeno convenzionale di contrapposizione militare tra Stati) non può costituire lo strumento utile per fronteggiare un nemico senza nome né volto, e capace per giunta di colpire il suo avversario all'improvviso in contesti del tutto estranei al terreno di scontro.
E così, mentre Bin Laden rimane un fantasma inafferrabile ed Al Qaeda dimostra quotidianamente la sua immutata pericolosità, le guerre di Bush continuano a mietere vittime tra civili inermi e militari il più delle volte spinti a partecipare a pericolose operazioni non da elevati ideali patriottici ma dalla semplice e comprensibile prospettiva di alleviare il disagio che caratterizza la loro condizione nel paese d'origine.

Di fronte al crescente numero di morti cagionati dai conflitti attualmente in atto, agli orrori verificatisi nelle segrete di Abu Grahib e nel campo di prigionia di Guantanamo, ai proclami razzisti scagliati a reti unificate da uno scalcinato tribuno sciaguratamente investito di un incarico ministeriale, alle sporche logiche a cui troppo spesso la politica si adegua, sorge spontanea l'osservazione secondo cui, a cinque anni di distanza da quel maledetto 11 settembre, questa dimensione dell'Occidente democratico non rende onore ai caduti delle Torri Gemelle.
La loro memoria trova la giusta celebrazione in una realtà ben diversa: nella realtà del popolo della pace, disposto a riversarsi nelle strade e nelle piazze per dimostrare, attraverso un gesto semplice come l'esposizione di una bandiera arcobaleno, la propria contrarietà ad una politica radicalmente inidonea ad assicurare la diffusione della democrazia. La riaffermazione del valore della pace in confronto di tutte le strategie di potere basate su autentiche guerre di aggressione costituisce infatti il modo più efficace per ricordare quanti persero la vita in nome della libertà.

- 9/11: rapporto sull'11 settembre (Corriere.it)

 

 

 

 

 

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11 settembre 2006
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