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21 anni di latitanza

Matteo Messina Denaro, ultimo capo di Cosa nostra ricercato, oggi ha una nuova faccia

27 marzo 2014

Parliamo di Matteo Messina Denaro e lo facciamo cominciando dalla lettera, mostrata per la prima volta lunedì sera durante "Presa diretta", la trasmissione di Rai 3 che ha ripercorso i vent'anni di latitanza del padrino di Castelvetrano in un film-documentario firmato dai giornalisti Riccardo Iacona, Danilo Procaccianti e dal film-maker Fabrizio Lazzaretti, che Messina Denaro scriveva alla fidanzata, il 6 giugno 1993, durante la stagione delle bombe.

"Ciao, non so se hai capito che nell’operazione di ieri da parte dei carabinieri c’è anche un mandato di cattura nei miei confronti, quindi anche io ora sono un ricercato. Non so ancora il motivo, ma qualunque abbiano messo è soltanto una grande infamia, perché sono innocente della qualsiasi e sono rimasto vittima soltanto del mio nome e di qualche essere che profitta del proprio potere".
"È iniziato il mio calvario, ed a 31 anni e con la coscienza pulita non è giusto né moralmente né umanamente, tutto ciò. Spero tanto Dio mi aiuti. Stamattina mi sono svegliato sperando che era tutto un brutto sogno, ma purtroppo non era così. Non voglio neanche pensare di coinvolgerti in questo labirinto da cui io non so come uscire per il semplice fatto che non so come ci sono entrato. Vuol dire che il nostro destino era questo. Spero tanto, veramente di cuore che almeno tu nella tua vita possa avere fortuna, la meriti perché sei una brava ragazza".
"Non pensare più a me
- tagliava corto il boss - non ne vale più la pena, perché so quali orrori passerò una volta entrato innocentemente in questa spirale infernale. Ti auguro un mondo di felicità, e quando anche dall’angolo più buio lo saprò, sarò felice anche io".
Saluto finale: "Con il cuore a pezzi, un abbraccio. Matteo. Ps: scusa se sono stato breve ma sono troppo nervoso".

Dopo 21 anni, Matteo Messina Denaro è ancora latitante e chi lo ha incontrato di recente, un confidente, ne ha dato una nuova descrizione. Descrizione che ha permesso al Gico della Guardia di Finanza di elaborare un nuovo identikit che, rispetto agli ultimi, mostra il superlatitante più stempiato ma con i capelli ancora scuri, appesantito, ma senza occhiali.
L'immagine sarebbe stata diffusa alle forze dell'ordine impegnate da 21 anni nella ricerca del padrino. Unica vera novità rispetto alle ricostruzioni del passato - l'ultima venne elaborata dalla polizia grazie all'aiuto di collaboratori di giustizia e testimoni - sarebbe il fatto che Messina Denaro non porta occhiali. Le vecchie foto del boss lo immortalavano con grosse lenti: il capomafia è affetto da una patologia alla retina che lo ha costretto a recarsi da uno specialista spagnolo. Il medico, che ha una clinica a Barcellona, interrogato dagli inquirenti, confermò la serietà della patologia e ipotizzò che nel frattempo il capomafia fosse diventato cieco da un occhio. Il boss avrebbe fornito alla reception del centro oftalmico la sua vera data di nascita e rivelato la città di origine: Castelevetrano. Ma avrebbe detto di chiamarsi Matteo Messina, omettendo, dunque, il secondo cognome, Denaro. Fu il pentito, Vincenzo Sinacori, a dire per primo agli inquirenti che il capomafia soffriva della malattia. Il boss gli aveva rivelato che aveva intenzione di andare in Spagna per farsi visitare.

Ultimo capo di Cosa nostra ricercato, Messina Denaro, figlio dello storico padrino di Castelvetrano Ciccio, è un enfant prodige: a quattordici anni inizia ad usare le armi da fuoco e a diciotto fa il suo primo omicidio. Ad un amico avrebbe confidato: "con le persone che ho ammazzato, io potrei fare un cimitero".
Da sempre nel cuore del boss Totò Riina e strenuo sostenitore della strategia stragista dei Corleonesi, è stato condannato, tra l'altro, per gli attentati mafiosi a Roma, Firenze e Milano del '93. Nonostante la vicinanza ai "viddani" di Corleone la sua immagine è ben diversa da quella dei vecchi boss di paese. Amante delle auto sportive e delle belle donne, soprannominato Diabolik per la passione per il famoso personaggio dei fumetti, fa affari con le estorsioni e con gli appalti, ma anche col traffico di droga  e le operazioni imprenditoriali e finanziarie. Secondo gli inquirenti dietro il business dell'eolico in provincia di Trapani ci sarebbero i suoi capitali. Come suoi sarebbero i soldi investiti da prestanomi nella grande distribuzione alimentare: uno per tutti Giuseppe Grigoli, re dei supermercati Despar di mezza Sicilia a cui sono stati sequestrati beni per 700 milioni di euro. Un tesoro che, secondo gli inquirenti, sarebbe della primula rossa di Castelvetrano.

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27 marzo 2014
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