29 impiccati tutti in una volta
Esecuzione di massa in Iran: ''renderemo Teheran il posto meno sicuro per assassini e trafficanti di droga''
Fino a qualche mese fa in Iran, la preparazione delle pubbliche impiccaggioni sembrava l'inizio di un qualche cantiere, nella piazza adibita all'esecuzione, infatti, la sera prima si posizionavano enormi gru oppure grossi caterpillar, dagli uni o dagli altri, all'indomani sarebbero penzolati i corpi morti dei condannati e qui lasciati sotto gli occhi della piazza.
Ieri però non è stato così. I 29 iraniani condannati a morte sono stati giustiziati all'interno del carecere di Evin, il più famosa di Teheran. Tutti insieme, ma non pubblicamente.
Tutti e ventinove erano pericolosi criminali, condannati per traffico di droga, omicidi, furti e violenze: eppure da anni non avveniva che un numero così grande di esecuzioni venisse eseguito nella stessa giornata. Un'esecuzione annunciata e celebrata dai mass media in maniera martellante.
"Tutti gli imputati - ha detto il procuratore di Teheran Said Mortazavi al sito della televisione di Stato Irib - avevano precedenti penali ed erano coinvolti in crimini che prevedono la pena capitale, come l'omicidio e il traffico di droga". Grazie a queste esecuzioni, ha sottolineato il procuratore, "renderemo Teheran il posto meno sicuro per assassini e trafficanti di droga".
L'ayatollah Mahmoud Hachémi Shahroudi, detentore del potere giudiziario, ha deciso di recente di limitare le impiccagioni pubbliche per evitare campagne ostili contro il paese. Da oltre un anno, è stato inoltre lanciata una campagna per "migliorare la sicurezza fisica e morale nella società", dando la caccia a criminali e trafficanti di droga, ma prendendo di mira anche le donne che non indossano con la dovuta accortezza il velo e gli uomini che hanno tagli di capelli all'occidentale e indossano abiti considerati contrari all'islam. Nonostante l'impressionante dispiegamento di polizia nel Paese, le autorità non sono però riuscite a debellare criminalità e traffico di droga. Gran parte della droga prodotta in Afghanistan arriva in Iran (paese che conta quasi due milioni di tossicodipendenti e consumatori sporadici), per poi raggiungere anche i mercati europei e arabi.
Comunque l'escalation delle esecuzioni non rallenta nemmeno di fronte alla pressione della criminalità, che soprattutto nelle regioni dell'Est e del Sud del paese mette in campo bande di miliziani che combattono la polizia in scontri aperti, uccidono e sequestrano poliziotti e militari. Il fatto è che la lotta alla criminalità è diventata intimamente legata al messaggio politico che il governo iraniano fa passare ai suoi cittadini; gli impiccati diventano indirettamente un monito a tutti i cittadini, più che un avvertimento solo agli altri criminali.
Sono state più di cento le persone giustiziate in Iran dall'inizio del 2008 (almeno 155 secondo i calcoli dell'agenzia di stampa France Presse; Amnesty International fa sapere invece che nel 2007 le esecuzioni sono state 317). Secondo "Nessuno tocchi Caino" l'Iran è secondo solo alla Cina in quanto ad esecuzioni in un anno (355 contro 5000 nel 2007), ma la Cina ha quasi due miliardi di abitanti e l'Iran va verso gli 80 milioni. La ong italiana, che all'Onu si è battuta per l'approvazione di una moratoria universale contro la pena di morte, ieri è tornata a chiedere l'impegno di tutti i governi della Ue contro le esecuzioni in Iran: "Ancora pochi sono pronti a lavorare per impedire la minaccia quotidiana praticata dal regime di Teheran nei confronti del suo stesso popolo".
"Le 29 esecuzioni di oggi in Iran provano ancora di più la pericolosità di Ahmadinejad - ha detto il segretario di Nessuno tocchi Caino Sergio D'Elia -. Mentre molti sono disposti a riconoscere e tentare di impedire la minaccia futura o prossima alla pace e alla sicurezza mondiale rappresentata dal regime dei Mullah, mi pare siano in pochi invece a riconoscere e impedire la minaccia quotidiana, reiterata e praticata da decenni dal regime di Teheran nei confronti del suo stesso popolo. Dopo la straordinaria vittoria all'ONU sulla moratoria universale delle esecuzioni, non mi pare che in queste ore si manifesti, da parte dei governi - innanzitutto europei - che l'hanno determinata, la volontà di farla rispettare in concreto e in tutte le circostanze. In Iran come in Iraq, paese nel quale si annuncia una probabilissima esecuzione, quella di Tareq Aziz. Con Marco Pannella e gli oltre 100 cittadini italiani che hanno aderito allo sciopero della fame stiamo lottando per una 'Moratoria della pena di morte anche per Tareq Aziz'. Non è un mero atto umanitario, ma un concreto obiettivo politico, perché salvare Tareq Aziz significa rompere coi metodi e le pratiche in voga ai tempi di Saddam e difendere una prospettiva di diritto e della verità, di pace e giustizia in Iraq".
[Informazioni tratte da Adnkronos.com, Repubblica.it, Corriere.it, AGI]
- La pena di morte nel mondo (Guidasicilia.it, 25/07/08)