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4 SECOLI DI CARCERE

Il ''gotha'' della mafia palermitana condannato per secoli. La mafia di Palermo non ha più la testa

22 gennaio 2008

Sono in tutto 400 gli anni di carcere che il giudice dell'udienza preliminare, Piergiorgio Morosini, ha inflitto ai 38 imputati del processo "Gotha", l'inchiesta nata intercettando conversazioni e incontri di boss in un box in lamiera, sito a Palermo, dove si tenevano summit mafiosi (leggi). Una nuova, dura condanna, in un processo che vede alla sbarra boss e gregari delle cosche palermitane: il ''gotha'' della mafia palermitana.
Il processo col rito abbreviato (che permette ai colpevoli di usufruire dello sconto di un terzo della pena) vede la condanna per i capimafia Antonino Rotolo, boss di fede corleonese ai vertici della famiglia di Pagliarelli e a capo del triumvirato che comandava Palermo (Rotolo-Bonura-Cinà), e di Franco Bonura, della famiglia Dell'Uditore, ai quali sono stati inflitti 20 anni di carcere ciascuno. Nino Cinà, ex medico di Totò Riina, protagonista attivo della trattativa Stato-Cosa nostra che portò all'arresto dell'allora ''capo dei capi'', ha scelto invece il rito ordinario, al contrario di quanto fatto dalla maggior parte degli imputati, tutti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsioni, possesso illegale di armi.
L'accusa, sostenuta in aula dai pm Michele Prestipino, Maurizio De Lucia e Roberta Buzzolani (che avevano chiesto 604 anni complessivi di carcere), ha quindi ottenuto una pena pesante per il vertice delle cosche dei "corleonesi": il loro arresto, nel giugno del 2006, aveva di fatto spianato la strada all'ascesa di Salvatore Lo Piccolo ai vertici di Cosa nostra.

La sentenza emessa ieri ha di fatto “spazzato via" una grossa fetta dell'organizzazione mafiosa, è ha assunto un grosso valore simbolico in un momento storico importantissimo, in cui - per la prima volta, come hanno detto anche magistrati e investigatori - Cosa nostra non ha più capi e quadri dirigenti in libertà.
Tra le condanne di particolare rilievo quella a quindici anni per il killer latitante, ritenuto uno dei possibili nuovi capimafia, Giovanni Nicchi, pupillo di Rotolo e da lui incaricato di uccidere i Lo Piccolo (leggi), e quelle a Rosario e Tommaso Inzerillo (10 anni) dell'omonima famiglia di "scappati" oltreoceano dopo la guerra di mafia degli anni Ottanta e ritornati in Sicilia da poco con il beneplacito di Bernardo Provenzano.
Solo due gli imputati assolti per non aver commesso il fatto: Filippo Annatelli e lo storico boss Gerlando Alberti senior.

Di particolare rilevanza anche i risarcimenti disposti dal giudice per le parti civili costituitesi in giudizio: la Federazione delle associazioni antiracket e antiusura italiane; la Confindustria Palermo; il Comitato Addiopizzo; Sos impresa Palermo; la "Spa Marina di Villa Igea" e la Federazione provinciale del commercio, del turismo, dei servizi, delle professioni e delle piccole e medie imprese di Palermo. Risarcimento anche per quattordici commercianti cinesi che, dopo essere finiti a giudizio per aver taciuto dopo essersi ritrovati le saracinesche dei negozi chiuse con l'attack (classico segnale del racket) hanno finito con il costituirsi parte civile. Il gup ha pure ordinato la confisca di beni del boss Antonino Rotolo per un valore complessivo di 50 milioni di euro.

“Gli arrestati - aveva spiegato il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso - sono reggenti di 13 famiglie mafiose e di sei mandamenti. La caratteristica particolare è che questi capimafia arrestati sono stati in passato quasi tutti condannati per mafia ed hanno già scontato la pena. Una volta pagato il loro debito con la giustizia, sono ritornati a delinquere prendendo in mano le redini delle cosche”.
Soddisfatti i pm antimafia, De Lucia, Prestipino e Buzzolani. "Non ho fatto i conti - ha dichiara a caldo Maurizio De Lucia - ma abbiamo superato i quattro secoli di carcere. Siamo soddisfatti”. Il verdetto è stato letto all'aula bunker del carcere Pagliarelli. I detenuti nelle celle di sicurezza sono rimasti apparentemente insensibili alla lettura del dispositivo. I parenti, sono rimasti composti, chiedendo agli agenti di sicurezza almeno di far sentire la loro voce ai propri cari.
Imputato nel processo era anche Nicolò Ingarao, indicato come capomafia di Porta nuova (dietro inziativa di Rotolo) ucciso dal clan dei Lo Piccolo lo scorso giugno (leggi).

IL TRIUMVIRATO: il "costruttore", il "medico" e il "sanguinario
A guidare la mafia palermitani, sotto la guida attenta di Bernardo Provenzano erano Francesco Bonura, Antonino Cinà e al capo loro Antonino Rotolo.

Il costruttore. Francesco Bonura è un costruttore finito più volte in carcere per mafia. A puro titolo esemplificativo, nel 1996 venne arrestato dai carabinieri di Palermo che trovarono in una villetta del quartiere Brancaccio una santabarbara: nascoste sotto terra c'erano 48 armi lunghe e corte, tra cui fucili kalashnikov, a pompa, esplosivo, giubbotti antiproiettili e 5 bombe a mano, oltre a decine di pistole di ogni modello e calibro. Bonura era il capomandamento della famiglia mafiosa dell'Uditore a Palermo.
Il medico. Antonino Cinà, molto conosciuto negli ambienti di Cosa nostra, con un passato da medico personale di Totò Riina. Finì per la prima volta in carcere nel 1993 per associazione mafiosa, ma il suo nome circolava già anni prima: il suo numero di telefono venne trovato in un covo di mafia scoperto dall'allora capo della Squadra mobile di Palermo Boris Giuliano. Nel 2000 Cinà torna in carcere con l'accusa di essere "uno dei capi di Cosa nostra". Oltre che medico personale per i magistrati Antonino Cinà sarebbe stato anche lo "scrivano di Riina". Il pentito di mafia Giovanni Brusca gli attribuisce di aver stilato il "papello", cioè la lista di richieste che il boss Riina avrebbe sottoposto allo Stato dopo la strage di Capaci.
Il sanguinario. Di Antonino Rotolo ci si può fare un'idea dal racconto del collaboratore di giustizia Giuseppe Marchese: "Santo Inzerillo fu invitato quel giorno (il 26 maggio 198, ndr) a una riunione per un chiarimento. Voleva sapere a tutti i costi chi aveva ucciso il fratello Francesco. Ad un segno di Antonino Rotolo - prosegue Marchese - io, Francesco Davì, Salvatore Scaglione e Raffaele Ganci, bloccammo Inzerillo mentre Antonino Rotolo gli mise una corda al collo e lo strangolò".

L'INCHIESTA ''GOTHA'' - Il 26 giugno del 2006 scatta l'operazione ''Gotha'', una delle più grandi operazioni antimafia che si ricordi. L'operazione è la parte finale di un'indagine condotta dopo che la polizia aveva piazzato una microspia in un box in alluminio dove si riunivano Rotolo (che era agli arresti domiciliari e veniva anche filmato mentre scavalcava il muro di cinta di casa per raggiungere a piedi il luogo dei summit), Bonura e gli altri boss di Palermo.
Indicato col numero 25 nei "pizzini" di Provenzano, Rotolo era agli arresti domiciliari per motivi di salute: era infatti riuscito a ottenere il beneficio dimostrando grazie ad alcuni certificati medici di essere in cattive condizioni di salute. Ascoltando i discorsi dei boss la Procura antimafia ha acquisito un numero impressionante di conversazioni che hanno consentito di tracciare l'organigramma aggiornato di Cosa nostra. L'inchiesta "Gotha" ha anche svelato la nuova strategia di Cosa nostra nei confronti della politica: i boss, rispetto al passato, non si accontentavano più di appoggiare elettoralmente il candidato di turno che gli potesse permettere più aiuto e impunità, ma proponevano essi stessi l'inserimento in lista dei candidati loro affiliati. "Rotolo, Bonura e Cinà avevano rapporti con esponenti del mondo politico", hanno scritto i pubblici ministeri nella richiesta di arresto. "La strategia di Cosa nostra era volta non solo ad appoggiare nelle competizioni elettorali candidati ritenuti di assoluta fiducia ma ad ottenere anche l'inserimento nelle liste dei candidati di persone ancora più affidabili perché legati agli stessi uomini d'onore da vincoli di parentela o da rapporti ritenuti di uguale valore".

Il boss del triumvirato delegato ai rapporti con la politica, Franco Bonura, di politica parlava a lungo nel 2005 con Nino Rotolo. I verbali sono finiti tra l'altro nell'inchiesta sul concorso esterno a Cosa nostra che vede indagato il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, condannato venerdì a 5 anni per favoreggiamento del boss Giuseppe Guttadauro e dei medici condannati per concorso esterno Salvatore Aragona e Domenico Miceli. "Con Cuffaro ci siamo incontrati, siamo stati vicini, lui è venuto diverse volte a trovarmi" diceva infatti Rotolo, ignaro delle intercettazioni. I boss parlavano anche del progetto di eliminare i Lo Piccolo padre e figlio, che erano favorevoli al ritorno in Italia dei boss "scappati" negli anni Ottanta negli Usa per sfuggire alla vendetta di Provenzano e Riina. Un progetto che trovò l'opposizione di Provenzano che, nei "pizzini" indirizzati a Rotolo e Cinà, sosteneva l'opportunità di averli sotto controllo in Italia. Le ultime indagini antimafia, tra l'altro, hanno provato come il clan di Villabate, particolarmente legato a Provenzano, avesse investito ingenti quantità di denaro in Usa nel settore della distribuzione di prodotti alimentari italiani. Il processo è una tranche dell'inchiesta “Gotha” perché altri otto imputati, tra cui l'ex deputato regionale di Forza Italia, Giovanni Mercadante, hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario.

TUTTE LE CONDANNE - Il gup Piergiorgio Morosini, giudicando con il rito abbreviato gli imputati, ha deciso queste condanne: Andrea Adamo (12 anni); Salvatore Alfano (10 anni); Angelo Badagliacca (7 anni); Gaetano Badagliacca (10 anni); Pietro Badagliacca (12 anni); Francesco Bonura (20 anni); Vincenzo Brusca (10 anni); Carmelo Cancemi (7 anni); Giovanni Cancemi (7 anni); Giuseppe Cappello (10 anni); Vincendo Di Maio (16 anni); Pietro Di Napoli (15 anni); Salvatore Gioeli (10 anni); Francesco Inzerillo (classe 1955, 10 anni); Francesco Inzerillo (classe 1956, 7 anni); Rosario Inzerillo (10 anni); Tommaso Inzerillo (10 anni); Emanuele Vittorio Lipari (10 anni); Alessandro Mannino (10 anni); Calogero Mannino (16 anni); Giovanni Marcianò (10 anni); Vincenzo Marcianò (16 anni); Nicolò Milano (7 anni); Nunzio Milano (10 anni); Settimo Mineo (10 anni); Giovanni Nicchi (15 anni); Giovanni Nicoletti (12 anni); Michele Oliveri (10 anni); Angelo Rosario Parisi (7 anni); Pietro Parisi (7 anni); Francesco Picone (10 anni); Antonino Pipitone (16 anni); Salvatore Pispicia (10 anni); Antonino Rotolo (20 anni); Gaetano Sansone (12 anni); Giuseppe Sansone (10 anni); Giuseppe Savoca (12 anni); Giovanni Sirchia (7 anni); Francesco Stassi (8 anni) e Mario Salvatore Grizzaffi (8 anni). [La Sicilia]

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22 gennaio 2008
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