5 agosto 2004: la battaglia dei Ponti di Nassiriya. Chiesto rinvio a giudizio per tre militari italiani
Articolo di Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera
I militari italiani spararono contro i civili durante la battaglia dei Ponti di Nassiriya. Era davvero un'ambulanza, e non un'autobomba, il veicolo che colpirono la notte del 5 agosto 2004 provocando la morte di quattro persone.
Con questa motivazione, la procura militare chiude l'inchiesta e chiede il rinvio a giudizio di tre soldati. Tra loro c'è anche il caporal maggiore Raffaele Allocca, l'unico ad aver ammesso l'errore. Il reato contestato - uso aggravato delle armi contro ambulanze e contro il personale addetto in soccorso - è previsto dal codice militare di guerra. Sul tavolo del procuratore aggiunto Antonino Intelisano sono già arrivate le richieste di risarcimento presentate dai parenti delle vittime irachene. Sono una decina di ricorsi trasmessi per via diplomatica: nell'elenco c'è anche chi sostiene di essere rimasto ferito durante quella operazione che impegnò il Contingente italiano per oltre due giorni con un bilancio ufficiale che alla fine parlava di 6morti e tredici feriti.
Il primo a ipotizzare che i militari avessero fatto fuoco contro i civili fu il giornalista statunitense Micah Garen, sequestrato undici giorni dopo la battaglia. ''Lo abbiamo liberato - disse all'epoca il portavoce del leader sciita Moqtada Al Sadr - per la sua posizione fortemente contraria all'amministrazione Usa, ma anche perché ha contribuito a diffondere la notizia dell'uccisione di quattro iracheni, tra cui una donna incinta, che si trovavano su un mezzo di soccorso durante gli scontri'' . Il comandante del contingente, il generale Corrado Dalzini nega subito questa versione. ''Era un'autobomba - afferma - e in questi casi la nostra risposta è mirata, come prescrivono le regole di ingaggio. Reagiamo in modo adeguato e proporzionato alla minaccia''.
In Parlamento riferisce l'allora ministro degli Esteri Franco Frattini. E anche lui smentisce che sia stato colpito un mezzo di soccorso. Ma i parlamentari di Rifondazione Comunista guidati da Elettra Deiana chiedono al titolare della Difesa Antonio Martino di ''conoscere la verità'' .
L'indagine penale è stata intanto già avviata. La procura militare di Roma acquisisce i resoconti riservati che riguardano la battaglia dei Ponti, poi convoca i soldati. Interroga lo stesso Dalzini gli altri componenti della pattuglia. Si scopre che Raffaele Allocca, ''torrettista e capo arma del mezzo anfibio d'assalto AAV7'' in forza ai lagunari del 'Serenissima' , ha ricevuto un encomio proprio per quell'azione. ''Con il suo coraggioso ed esemplare comportamento - si legge nella motivazione - contribuiva a conferire ulteriore lustro e prestigio al Corpo di appartenenza e alla Forza Armata in ambito multinazionale''.
Il 25 gennaio scorso Allocca arriva davanti ai magistrati. E ammette. ''Sparai contro il mezzo perché così mi fu ordinato dal maresciallo Fabio Stival. Se mi fossi accorto che si trattava di un'ambulanza mai e poi mai avrei sparato e avrei chiesto spiegazioni al superiore''.
È la svolta determinante. Vengono compiuti ulteriori accertamenti sulla catena di comando. Adesso la procura chiede il rinvio a giudizio dei due sottufficiali e di un altro militare di cui non si conosce ancora l'identità. Li accusa di aver violato il codice penale di guerra. In attesa della decisione del Gip, saranno esaminate le richieste di risarcimento. I magistrati dovranno verificare l'identità di chi chiede di essere risarcito per verificare se sia stato davvero ferito oppure abbia perso un familiare durante la battaglia dei Ponti. E poi accertare se l'elenco contenga anche i parenti delle quattro vittime che al momento della sparatoria si trovavano sull'ambulanza esplosa dopo essere stata raggiunta dalla raffica di colpi.