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A Catania contro il condono

Oggi mobilitazione nella città etnea della sezione siciliana dell'Istituto Nazionale di Urbanistica

07 novembre 2003
Il Governo sostiene che l’incontro di ieri con i rappresentanti delle Regioni sia stato fruttuoso, disteso e positivo, per quanto riguarda i nuovi rapporti istaurati, e per i tavoli tecnici decisi di comune accordo atti a strutturare i forti legami fra Regioni e Governo, appunto.
Le Regioni, dalla loro parte parlano di un granitico diniego verso la finanziaria 2004.
C’è qualche discrepanza, e su questo, sembra, non si può dibattere.
Un altro elemento che si potrebbe erigere a dato certo è che le mobilitazioni, le manifestazioni, la dimostrazione chiara, insomma, del malcontento generale provocato dalle decisioni governative sono innegabili, e se pure volessimo credere al premier che accusa i terribili comunisti di impedirgli, quotidianamente, il cammino verso l’ottima riforma dell’Italia da lui scelta e in parte pensata (vi ricordate quell’Italia che aveva in mente?), che tutti gli italiani, o almeno tutti quelli che negli ultimi tempi si sono ritrovato gomito a gomito sulle piazze, con striscioni e a urlare slogan  sono comunisti è impossibile crederlo. (E vada per la defagliance sul milione di posti di lavoro, ma credere che l’Italia sia un paese comunista… No! Non è proprio possibile).

Comunque, tralasciando qualsiasi ipotesi tendenziosa, oggi, 7 novembre, saremo di fronte all’ennesima giornata di mobilitazione.
A Catania, stavolta si marcia contro il condono edilizio. Ad aderire alla manifestazione anche la sezione siciliana dell'Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), che esprime il proprio dissenso rispetto all'ulteriore scelta governativa di colmare i buchi dell'evasione fiscale con strumenti (sanatoria e svendita di "gioielli di famiglia") che non sembrano incidere "sulle tasche degli italiani", ma che in realtà ne provocano il definitivo impoverimento.

Queste alcune considerazioni del Prof Giovanni Campo, presidente della Sezione siciliana dell'INU:
(…) Uno spettro grava economicamente sui contribuenti allorché eventuali danni abbiano ad interessare i manufatti "sanati", a seguito di una delle tante "calamità" che la pessima amministrazione del territorio ha ormai reso ricorrenti nel nostro Paese.
Un manufatto abusivo vale zero (catastalmente non esiste e non può essere oggetto di compravendita), ma il suo valore arriva in euro a cifre a sei zeri, una volta condonato il reato e sanata l'illegalità. Sarà però questo il valore che, "grazie" al condono, la collettività si troverà a risarcire nel caso che l'immobile stesso abbia a subire danni per effetto di mareggiate, inondazioni, frane, sismi, o altra "calamità naturale".
Avere misconosciuto a tutti i livelli di gestione i pericoli idrogeologici e inondativi, sismici e vulcanici (Vesuvio, Stromboli, Vulcano, ecc.). Avere perseverato nel consumo indiscriminato di risorse non rinnovabili (suolo, acqua e aria), in nome e per conto di uno "sviluppo" tutto da dimostrare. Avere favorito così solo le imprese che hanno evaso il fisco, prodotto il grande buco finanziario, indotto il ricorso a condoni e svendite, e da tempo per di più precludono l'occupazione in Italia trasferendo le proprie attività nei paesi dove il lavoro costa meno. Avere decretato per legge la respirabilità dell'aria di Gela (CL) e la potabilità dell'acqua di Priolo (SR), la dice lunga sulle sensibilità ecologica ed economica di un Governo, che oggi "completa" il proprio programma elettorale regalando agli abusivi i plusvalori immobiliari del condono.

(…) Il condono edilizio, e le svendite del patrimonio culturale della Nazione (come in genere le svendite di quello pubblico), sono palesi danni inferti ai "cittadini italiani" dall'azione amministrativa illegittima che ha consentito deroghe ai principali doveri costituzionali.
Il governo e i suoi ministri, che giurano fedeltà alla Costituzione all'atto dell'insediamento, sono anzi i primi ad essere soggetti a quei doveri. Sono obbligati perciò, non a condonare e svendere i beni dei "cittadini", ma se mai a perseguire gli inadempienti, e a recuperare le cifre così sottratte al bilancio. E' (…) incostituzionale il punto di partenza di chi non opera sostanzialmente per la tutela sociale degli interessi diffusi (il paesaggio, l'ambiente, la salute, l'istruzione), e impone al contrario interventi settoriali e separati, mirati alla sola difesa di interessi specifici.

 (…)Va inoltre sottolineato il danno che l'abusivismo indiscriminato produce ad un territorio del tutto singolare, così delicato idrogeologicamente e tettonicamente, e ad un tempo così ricco di presenze culturali antropiche e naturalistiche (…). Coste, templi, archeologia, montagne, vulcani, zone umide, centri antichi, monumenti, contesti agricoli e paesaggi, sono gioielli nostri, unici e irripetibili: l'unica ricchezza che ci rimane, che non ha prezzo, e non può barattarsi per ridurre il debito pubblico prodotto da chi, non pagando le tasse, non ha titolo a far valere diritti politici e di cittadinanza… né a sentenziare sui diritti degli extracomunitari regolari, che arricchiscono il Paese che essi hanno invece depredato.

Il testo integrale delle considerazioni del Prof. Giovanni Campo, Presidente della Sezione siciliana dell'INU, lo potrete trovare nel sito http://www.ildito.it

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07 novembre 2003
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