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A Gela una storia di ''tradimenti'' a sinistra che fa schizzare altri veleni interni al pianeta antiracket

10 aprile 2008

Sette imprenditori di Gela sono da ieri sul tetto di una palazzina per protestare contro l'appalto della raccolta rifiuti. Gli imprenditori fanno parte dell'associazione che gestisce il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani nei comuni della fascia sud della provincia di Caltanissetta. Sono convinti che l'ecomafia stia tentando di controllare uno degli appalti pubblici più ricchi della zona. Sotto accusa le regole del bando e a rischio cento posti di lavoro...

Niente appalto agli «anti-racket»
di Felice Cavallaro (Corriere.it, 10 aprile 2008)

Da un anno si parla degli eroi di Gela, degli imprenditori che, dopo essersi lasciati succhiare dalla mafia per dieci anni consecutivi 18 mila euro al mese, hanno trovato il coraggio di denunciare e fare condannare gli esattori del racket. A carcere e risarcimenti.
Ma adesso che bisogna rinnovare l'appalto per la raccolta dei rifiuti basta qualche clausola nel bando di gara per il rinnovo del servizio ed ecco estromesse le loro aziende.
«Siamo sul lastrico, sull'orlo del fallimento», tuona Riccardo Greco, uno dei sette titolari di imprese che tutte insieme non riescono a raggiungere il fatturato richiesto di 22 milioni di euro, il tetto fissato dall'Ato Caltanissetta2, un consorzio di sei comuni, Gela compreso. «Bastava indicare una cifra inferiore per evitare di tagliarli dalla gara, facendo partecipare una sola ditta, naturalmente vittoriosa», spiega il loro avvocato Alfredo Galasso, un passato nel Pci e nel Consiglio superiore della magistratura, pronto ai ricorsi.

E vista così potrebbe sembrare una vicenda aritmetica, legata a bilanci e dinamiche del mercato. Ma esplode immediata la polemica politica con i suoi risvolti giudiziari. Nonostante a vincere sia stata una ditta al di sopra di ogni sospetto come la milanese Aimeri. Ma con un invisibile ribasso dello 0,1 per cento in una gara dove non poteva non tagliare il traguardo l'unico concorrente.

«Questa è turbativa d'asta», stiletta il sindaco di Gela, Rosario Crocetta, leader dei Comunisti di Diliberto nell'isola, accusando l'Ato presieduto dall'ex segretario provinciale dei Ds, Franco Liardo: «Mi hanno ingannato». I veleni attraversano questo consorzio dove su sei sindaci quattro sono del Pd e uno Udc. E se Liardo difende il suo consiglio di amministrazione citando «linee guida, direttive comunitarie e regionali», suggerendo agli imprenditori siciliani «di associarsi con aziende più solide», Greco da voce ai suoi colleghi: «Noi abbiamo cercato di farlo, ma tante ditte hanno rifiutato perché facciamo puzza, avendo denunciato il pizzo. Anzi, una impresa locale aveva dato il benestare, pronta poi a tirarsi indietro. E' una manovra per tagliarci le gambe». La rabbia è legata anche all'esito del processo concluso in primo grado con una sentenza emblematica perché, riconosciuto il diritto costituzionale alla libertà di impresa, è stata risarcita pure Confindustria. Ma l'appello è in corso. Si ascoltano dieci pentiti a Firenze, come ricorda Greco: «E noi paghiamo gli avvocati in trasferta mentre qui perdiamo il lavoro. Eroi? Eroi che dobbiamo pagarci l'aureola».

Liardo replica duro. Anche contro Crocetta, non sopportandone gli attacchi: «Lui sapeva del tetto di 22 milioni e non lo ha contestato, ci sono i verbali». La replica è immediata, fatta davanti ad un altro leader del Pd, Beppe Lumia, vice presidente uscente dell'Antimafia: «Per fortuna avevo già mandato le mie lettere riservate all'Ato e in copia alla Guardia di Finanza... Non mi avranno come sodale compagno. So quale errore ho commesso: pensare che fossero in buona fede». Una posizione intollerabile per Liardo: «Noi volevamo praticare il ribasso e l'offerta migliorativa, mentre fu lui a chiederci il massimo ribasso...».
Sulla diatriba tecnica si sovrappone lo scontro politico tutto interno alla sinistra coinvolgendo un altro autorevole leader nato nel Pci, Lillo Speziale, capogruppo uscente dei Ds all'Assemblea regionale, ricandidato con la Finocchiaro: «Se a Gela è cambiato qualcosa si deve al sindaco e anche a noi, ma non si può pretendere che si faccia un bando indirizzato a qualcuno perché sarebbe un reato. Tuttavia, alla luce di una gara con un sola offerta, per autotutela si può tornare indietro...». Ed è questo lo spiraglio che spera di imbroccare Alfredo Galasso che un tempo, oltre ai sette «eroi», ne difendeva un ottavo, da qualche giorno socio dell'impresa vincitrice.
Una storia di «tradimenti» che fa schizzare altri veleni interni al pianeta antiracket.

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10 aprile 2008
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