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A history of violence

Cronenberg ci racconta la ''storia della violenza'' con uno spiazzante atteggiamento morale

20 dicembre 2005







Noi vi consigliamo...
A HISTORY OF VIOLENCE
di David Cronenberg
 
La vita sembra un lungo fiume tranquillo per Tom Stall (Viggo Mortensen), proprietario di un bar-tavola calda in una piccola cittadina dell'Indiana, un uomo mite, sposato felicemente con Edie (Maria Bello), due figli. Fino a quando un tentativo di rapina subito da parte di due malviventi armati, non lo fa reagire in modo inaspettatamente abile e violento. Lasciando i due energumeni sul pavimento e facendolo diventare, suo malgrado, una specie di eroe locale. Con evidenti ripercussioni anche a livello familiare, con la moglie eccitata e preoccupata di scoprire di avere accanto un vero macho, ed il figlio che sembra avvertire su di sé un riflesso del coraggio paterno. Ma intanto, nonostante la sua idiosincrasia alla notorietà, la faccia di Tom comincia a rimbalzare sulle pagine dei quotidiani. Provocando l'arrivo in scena di un personaggio misterioso (Ed Harris), che afferma di avere qualcosa in sospeso con lui, per una sporca faccenda di molti anni prima. Si sta sbagliando di persona? Oppure Tom ha un passato tenuto accuratamente nascosto? Una cosa è certa, la carneficina è appena iniziata.

Senza pudore, Cronenberg forza una scena primaria di elegiaca vita familiare, mettendo al centro dell'azione un replicante di James Stewart che non ha paura di sporcarsi le mani di sangue. Per definire un nuovo e spiazzante atteggiamento morale: la violenza è normale. Impossibile e ipocrita condannarla a priori. Fa parte del nostro DNA. Si può solo tenerla a distanza, come i soldati che tornano a casa dopo aver fatto il loro sporco dovere in battaglia. Insomma un Cronenberg che si schiera provocatoriamente dalla parte del cuore di tenebra, per proiettarci in un'inquietante normalità.
Grande cinema, con attori straordinari, a cominciare da Viggo Mortensen, che si scarica definitivamente di dosso la patina moraleggiante della Trilogia dell'Anello, ad un sempre impeccabile Ed Harris, alla incisiva rivelazione di Maria Bello, e ad un William Hurt tornato finalmente in gran forma.

''Il modo in cui la violenza è strutturata narrativamente nel film, la violenza che il protagonista commette, non è condannabile. Il protagonista Tom Stall non ha alternative alla violenza. E la sua violenza provoca cambiamenti sia nella moglie che nel figlio. [...] La violenza fa parte della natura umana e della storia dell'umanità. Ogni giorno la troviamo nei giornali e nei nostri pensieri. Credo sia importante sia sul piano artistico che su quello emozionale riuscire ad accettarla. E augurarsi di averci a che fare solo sul piano intellettuale e non nella realtà''.
David Cronenberg


Distribuzione 01 Distribution
Durata 96'
Regia David Cronenberg
Con Viggo Mortensen, Maria Bello, Ed Harris, William Hurt                               
Genere Thriller


La critica
"L'ultimo film di Cronenberg, 'Spider', derivava da un romanzo di Patrick McGrath riscritto dallo stesso autore ed era così rifinito e perfetto da risultare un poco ovvio, quasi accademico. Come se il grande regista canadese si fosse limitato per una volta a illustrare un testo già interamente espresso sulla pagina. Tratto da un fumetto di John Wagner, 'A History of Violence' ci riporta invece al cuore del suo lavoro e delle sue ossessioni: l'identità sempre vacillante, la paranoia, il contagio, la minaccia espressa non solo dagli esseri animati ma dai semplici oggetti. Come se solo rielaborando un materiale meno finito Cronenberg potesse spalancare gli abissi nascosti sotto la superficie delle realtà più familiari. Già il titolo, ambiguo e sinistro, ci mette in guardia: Una storia di violenza o Una storia della violenza? Il racconto di un caso particolare o la genealogia di un male che riguarda tutti noi? (...) Colpi mortali, volti sfigurati, nessuna coreografia estetizzante degli scontri: malgrado l'ironia il film mette davvero a disagio. Complice un cast perfetto (la metamorfosi non sarebbe così inquietante senza la quieta dolcezza della moglie Maria Bello), in testa il fratello gangster William Hurt col suo strepitoso monologo finale. La morale (e lo spunto) possono ricordare 'Niente da nascondere': l'America (l'Occidente) ha la violenza nel Dna, non basta dimenticare per cancellare le colpe dei padri. Se Haneke lavora sull'invisibile e sul vuoto, all'europea, Cronenberg parte dal cinema di genere. Ma i due film, così diversi, affondano le radici nello stesso sentimento tragico del presente."
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'

"Grande Cronenberg: fa una specie di B western ma con un soggetto alla Camus: c'è sempre lo straniero in casa. Ispirato a un fumetto, ecco un uomo tranquillo in una piccola città che, molestato da loschi tipi, diventa un brutto ceffo. Era così? Ha doppia personalità? Aspettate la fine, non uscirete tranquilli. L'autore insegue il tema delle identità pericolose, mosche o inseparabili, in una cornice che ne fa risaltare la contemporanea matrice: oggi di sogni siamo sprovvisti, solo incubi. Occhi sulla famiglia: una bella scena padre-figlio da 'Legge del Signore', una di violenza sessual-coniugale, la cinica finale tavola imbandita che corona un film tutto doppio, di odio e amore. Va dritto allo spettatore, sembra facile e semplice, ma dentro racchiude tutta la perfidia complessità di Cronenberg. Viggo Mortensen è perfetto per l'ambiguità, mentre due fantastici vilain sono Ed Harris e William Hurt."
Maurizio Porro, 'Corriere della Sera'

"Se il plot ricorda vecchi western dove l'eroe in ritiro si ritrova faccia a faccia col proprio passato, Cronenberg fa subito piazza pulita di ogni giustificazionismo per mettere in scena una parabola sulla natura ontologica, genetica della violenza. Ogni tipo di violenza - legittima, sessuale, scolastica, mentale - è descritta con un approccio minuzioso, quasi clinico; cui corrisponde l'estrema precisione di ogni dettaglio della messa in scena, dalle singole inquadrature ai movimenti di macchina, dall'illuminazione al montaggio. (...) Cronenberg ci suggerisce che la mostruosità era già insista nella famigliola; solo sonnecchiava, pronta a risvegliarsi all'occasione. Intelligente, spietatamente lucido, bonificato di qualsivoglia elemento romantico, il film pone domande complesse e perfino imbarazzanti."
Roberto Nepoti, 'la Repubblica'

- Presentato in concorso al 58mo Festival di Cannes (2005).
- 2 nomination al Golden Globe 2006 come Miglior Film e a Maria Bello come Miglior attrice

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20 dicembre 2005
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