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A Kabul, per ricordare Maria Grazia Cutuli, un grande cespuglio di rose rosa e una lapide di pietra grigia

04 maggio 2006

A Kabul una lapide per ricordare Maria Grazia Cutuli 
di Cecilia Zecchinelli (Corriere.it, 3 maggio 2006)

Un grande cespuglio di rose rosa, i fiori che per i poeti afghani «competono in bellezza con la nobile città di Kabul». Un piccolo cippo di pietra grigia sul prato dell'Ambasciata italiana, a qualche passo dal comando Nato nella green zone.
Poche persone e poche parole - tutto è essenziale e intenso in questo Paese ancora in cerca di pace - per ricordare la giornalista catanese Maria Grazia Cutuli. Uccisa il 19 novembre 2001 a 39 anni sulla strada che da Jalalabad porta qui. Solo pochi giorni dopo la liberazione dai Talebani della capitale, solo a poche ore dalla meta che l'inviata del Corriere voleva raggiungere. Con lei c'erano tre giornalisti: lo spagnolo Julio Fuentes, l'australiano Harry Burton, l'afghano Hafizullah Haidary. Tutti morti nelle gole di Sarobi.

«Amor et veritas omnia vincunt» dice la lapide che ricorda Maria Grazia, «milanese d'adozione, barbaramente assassinata nella ricerca dell'informazione». «Una giornalista dal forte impegno professionale e civile», ha detto il sindaco di Milano Gabriele Albertini, che ha lasciato questo segno nella sua visita a Kabul e ha ripercorso i reportage di Maria Grazia, tutti in Paesi «caldi».
«Come l'Albania nel 2000, il periodo degli sbarchi, quando l'ho conosciuta», dice Ettore Sequi, ambasciatore a Kabul. «Arrivò a Tirana con un grande sorriso, una felpa azzurra e i jeans, tanta voglia di capire quel Paese. Restammo in contatto. La sua morte mi colpì. È per lei che ho iniziato a interessarmi a questo Paese».

Paese che da quando Maria Grazia non c'è più è cambiato molto. Il generale Mauro del Vecchio, comandante della missione Nato di peace-keeping negli ultimi 9 mesi, ne è una testimonianza. Lo sono i suoi uomini, qualcuno presente con lui sul prato verde, in silenzio. «Non c'è più guerra ma molto da fare - dice il tenente Paola Gori, 32 anni e sola donna tra i graduati italiani -. Non conoscevo Maria Grazia ma immagino che sia venuta qui con la stessa passione che ho io, per capire e aiutare».
Nel nuovo Afghanistan che sta diventando lentamente uno Stato di diritto, continua la vicenda giudiziaria legata all'omicidio Cutuli. «Due afghani sono stati condannati a morte - dice Nicola Minasi, primo segretario dell'Ambasciata -, ma per Reza Khan deve esprimersi la Cassazione, per Zar Jan la Corte d'Appello. Altri 4 sono stati arrestati per complicità. Sono casi complicati, ci vorrà tempo: almeno qualche mese». Dal 2001, sono 8 gli altri italiani morti in Afghanistan, tra civili e militari, tutti per incidenti. I loro nomi, con quello di Maria Grazia, sono scolpiti su lapidi bianche nella chiesa dell'Ambasciata, l'unica del Paese. Il 25 aprile, giorno della posa, padre Moretti ha detto messa per loro. Ma dice che ha ricordato soprattutto lei, quella ragazza mai arrivata nella Kabul liberata che nessuno dimentica. Nemmeno chi non l'ha conosciuta.

 

 

 

 

 

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04 maggio 2006
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