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A Lampedusa non è cambiato nulla

Ancora approdo per i migranti. Il sindaco alza la voce: "L'Italia non faccia la vittima, basta con le politiche d'emergenza"

10 luglio 2013

I primi sono sbarcati a cento metri da dove papa Francesco ha gettato la corona di fiori per chiedere perdono a tutti i morti del Mediterraneo: li hanno trovati i carabinieri, mentre camminavano lungo la strada che costeggia l'aeroporto.
Il giorno dopo la storica visita del pontefice, Lampedusa si è svegliata come sempre: sola, a fare i conti con le migliaia di disperati che arrivano in cerca di speranza.

Smontato l'altare da cui Francesco ha lanciato il monito ai potenti che con le loro scelte decidono il destino di migliaia di esseri umani, tolte le bandiere bianche e gialle del Vaticano, l'isola è tornata alla realtà di tutti i giorni. Che in questo periodo dell'anno è fatta anche di migliaia di turisti ma che per altri nove mesi è attesa del prossimo barcone.

"Come si vede, non è cambiato nulla - dicono i pescatori al porto - sono arrivati ieri, sono arrivati oggi, arriveranno anche domani. La visita del papa è stata sicuramente un gesto importante, ma qui serve la politica. Bisogna che a Roma si rendano conto che questa gente non arriva a Lampedusa ma in Italia. Ed è l'Italia che deve farsene carico".
Mentre i pescatori parlano, due motovedette della Guardia Costiera scaricano sul molo Favarolo l'ultimo gruppo di migranti raccolto dal mare, mentre sullo sfondo le barche cariche di turisti escono per raggiungere le cale più belle.

Solo ieri sono sbarcati poco meno di 500 migranti: in 133 sono approdati da soli a cala Francese, in piena notte; 31 li ha salvati nave Cigala Fulgiosi della Marina Militare e altri 303 li hanno raccolti gli uomini della Guardia Costiera, con le autorità maltesi e quelle libiche che, con una scusa o con un'altra, si sono guardate bene dell'intervenire quando le carrette del mare erano nelle acque di loro competenza. Uomini, donne incinte, minori, quasi tutti subsahariani, molti con i segni delle sofferenze patite ancora ben visibili sul corpo. Le stesse facce impaurite che ieri Francesco ha incontrato su quel molo.
Sommati a quelli dell’altro ieri, fanno quasi 650. E non è finita: "sarà una settimana pesante" dicono alle Capitanerie di Porto, "il mare è buono e quelli che arrivano ripetono tutti la stessa cosa: ci sono altri barconi pronti a partire".

Ecco perché il sindaco Giusi Nicolini torna ad alzare la voce, sperando che il messaggio di papa Francesco non cada nel vuoto e temendo che le parole di Cicchitto possano presto trovare un ampio seguito nella politica (LEGGI). "Il suo è stato un monito molto chiaro a chi ha il potere, lavarsene le mani è una cosa che fa saltare i nervi". E dunque? "E quindi è ora di smetterla con le politiche dell'emergenza, abbiamo buttato 600 milioni senza risolvere nulla. Bisogna smetterla di ideologizzare la vicenda, siamo indietrissimo sulla rete d'accoglienza e consideriamo una calamità avere cinquemila minori non accompagnati".

Per il primo cittadino di Lampedusa serve un cambio di rotta da parte della politica. "L'Italia - dice - deve mettere a sistema una vera rete d'accoglienza diffusa, che vada oltre i mega centri di identificazione nelle città, vere e proprie bombe ad orologeria, e va cambiata la Bossi-Fini, perché non si possono tenere i migranti 18 mesi nei Cie. Non c'è più tempo da perdere". Ma soprattutto, conclude, "L'Italia smetta di fare la vittima: noi abbiamo 60 mila richiedenti asilo, la Germania 600 mila. Forse, prima di alzare la voce con l'Europa, dovremmo investire in una vera politica dell'accoglienza, coinvolgendo i comuni in maniera più concreta".

La Chiesa in prima linea sul tema dell'immigrazione - All'indomani della sua visita a Lampedusa, isola avamposto dell'immigrazione verso l'Europa, papa Francesco ha dato mandato ai suoi capidicastero di mettersi al lavoro, dal punto di vista concreto e pastorale, proprio sul tema dell'immigrazione e delle tragedie del mare. Papa Francesco, profondamente toccato dalla giornata nell’isola, ne ha parlato ieri mattina ricevendo in udienza il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il cardinale ghanese Peter Turkson.
Sul tema specifico dell'immigrazione esiste un apposito dicastero vaticano, il Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, presieduto dal cardinale Antonio Maria Vegliò. Papa Bergoglio vuole comunque che tutti i "ministeri" in qualche modo vicini al tema si interessino dei problemi dell'immigrazione, a partire appunto dal dicastero "sociale", quello intitolato alla Giustizia e alla Pace, che intrattiene anche relazioni a livello politico internazionale ed è particolarmente mobilitato contro guerre e conflitti. Proprio quelle guerre che sono spesso la causa dell'abbandono del proprio Paese da parte di profughi e rifugiati.
A testimoniare ancor di più la volontà di Bergoglio che la Chiesa sia in prima linea sul tema dell'immigrazione anche il fatto che il Papa, nell'occasione, avrebbe donato al cardinale Turkson il libro fotografico con le istantanee degli sbarchi e dei migranti vivi e morti sulle rive di Lampedusa, ricevuto in dono dal sindaco dell'isola, Giusi Nicolini. Il tema dell'immigrazione, sarebbe inoltre l'indicazione di papa Francesco, sarà sempre più al centro di futuri documenti vaticani.

Una "cammino segnato dalla sofferenza", ha definito la visita papale a Lampedusa l'arcivescovo di Agrigento mons. Francesco Montenegro. "Là c'era un padre che stava incontrando i figli", ha commentato il presule alla Radio Vaticana descrivendo i sentimenti di Bergoglio nell'incontro sul molo con i giovani migranti, molti dei quali musulmani, o il passaggi davanti alle lapidi dei senza nome. "Quanta sofferenza, quanta sofferenza", ripeteva il Pontefice.
Una visita, quella del Papa, dalla fortissima eco anche in campo politico. Famiglia Cristiana ha lanciato ieri un appello per abolire il reato di clandestinità. "Anche questo settimanale, come si sono espresse molte personalità ed espressioni della società civile, chiede esplicitamente l'abolizione del reato di clandestinità e una seria riforma della legge sull'immigrazione", scrive il settimanale dei Paolini sul suo sito web, aggiungendo: "Se non ora quando?". "È venuto il momento di abolire lo stigma, di restituire il Paese al suo futuro di integrazione, cancellando senza se e senza ma un reato che non è un reato ma solo una macchia infamante foriera di soprusi, che arrivano persino a non poter curare un povero Cristo in un pronto soccorso costringendo il medico di guardia a fare la spia", osserva Famiglia Cristiana, secondo cui "prima ci libereremo del reato di clandestinità e prima potremmo dirci uomini e cittadini".

Inoltre, secondo il direttore della Fondazione Migrantes della Cei, mons. Giancarlo Perego, dalle parole del Papa a Lampedusa sulle decisioni a livello mondiale che conducono anche alle tragedie in mare "sono venute fuori in maniera molto chiara due indicazioni sul piano internazionale - ha detto alla Radio Vaticana -: una prima indicazione è chiaramente la condanna dei trafficanti della tratta degli esseri umani, mentre l'altra è anche un invito pressante a governare questa situazione di immobilità, che per noi significa soprattutto più cooperazione internazionale, più attenzione al canale umanitario attraverso il quale le persone si possono muovere in sicurezza, fuggendo da situazioni gravi di persecuzioni e di guerra".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it]

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10 luglio 2013
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