A Pomigliano vincono i 'SÌ', ma non è un plebiscito
Poco più della metà degli operai favorevole alla proposta di Fiat, che dice: "Lavoreremo solo con chi collabora"
AGGIORNAMENTO
Dopo il risultato del referendum tra i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano, la Fiat starebbe ripensando al piano di trasferimento della produzione della Panda dalla Polonia. Secondo alcune indiscrezioni il Lingotto si aspettava una percentuale di favorevoli più vicina all'80 per cento. Che i risultati non soddisfino il Lingotto lo si evince anche dalla nota ufficiale diffusa dall'azienda, nella quale si legge che la "Fiat ha preso atto della impossibilità di trovare condivisione da parte di chi sta ostacolando, con argomentazioni dal nostro punto di vista pretestuose, il piano per il rilancio di Pomigliano". L'azienda inoltre "apprezza il comportamento delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori che hanno compreso e condiviso l'impegno e il significato dell'iniziativa di Fiat Group Automobiles per dare prospettive allo stabilimento Giambattista Vico di Pomigliano. L'azienda - conclude la nota - lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell'accordo al fine di individuare ed attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri".
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Nello storico referendum di Pomigliano D'Arco i "SÌ" hanno vinto ma non è stato il plebiscito che in molti prevedevano e speravano. Quello di ieri allo stabilimento Fiat campano è stato uno scrutinio al cardiopalma: i lavoratori sono affluiti in massa (95%) per votare l'accordo proposto dalla Fiat e non sottoscritto dalla Fiom.
Come detto ha vinto il sì all'accordo ma si ferma al 62,2%. I voti a favore dell'intesa tra azienda e sindacati, non sottoscritta dalla Fiom, infatti, sono stati 2.888, 20 le schede bianche, 59 le nulle e 1.673 i no, su 4.642 votanti. Sono questi i dati finali del referendum comunicati dai sindacati il cui spoglio si è concluso nella notte.
La mancanza del tanto atteso plebiscito preoccupa l'azienda di Torino. I vertici della casa automobilistica potrebbero vedere nel 36% di contrari un potenziale pericolo alla produzione della Panda che a questo punto dovrebbe tornare dalla Polonia all'Italia, proprio a Pomigliano D'Arco con un investimento di 700 milioni.
"Fiat ora non può che riconoscere che vi sono tutte le condizioni per realizzare il promesso investimento in un contesto di pace sociale" è il commento a caldo del Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. "Credo si debba esser soddisfatti perché è un risultato inequivoco" ha aggiunto Sacconi, parlando di "netta vittoria".
Potrebbero esserci problemi ora con il gruppo automobilistico torinese? "Non voglio nemmeno ipotizzare - risponde così a questa ipotesi Sacconi - che Fiat cambi idea. Ho fiducia nella nota determinazione di un manager come Marchionne che saprà certamente rispettare il patto siglato con le organizzazioni che hanno avuto il coraggio di decidere. E ora che l'accordo con il referendum è stato inequivocabilmente approvato - osserva ancora - io penso che sia una logica conseguenza l'investimento". Secondo Sacconi, inoltre, è una "sciocchezza" che l'accordo possa essere esteso ad altri stabilimenti oltre a quello di Pomigliano. "L'accordo di Pomigliano - ha detto - è interessante per il metodo e cioè per l'attitudine delle parti sociali a cercare un accordo", anche se "c'è qualche sciocco che guarda il dito piuttosto che la luna quando il dito è il merito dell'accordo". Quanto al rischio che possano essere intentate delle cause, Sacconi si è limitato ad aggiungere: "Sono fatti così duri e veri che i problemi causidici, cioè da avvocaticchi, vanno in secondo piano".
Anche i sindacati chiedono al Lingotto di procedere avanti con gli investimenti annunciati. "I lavoratori di Pomigliano hanno compreso e condiviso le ragioni del nostro accordo" dice il leader della Uil, Luigi Angeletti. Secondo il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, in questo referendum "ha vinto il lavoro e il buon senso". Per il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, a questo punto Fiat deve dare "piena applicazione al piano di investimenti per Pomigliano''. "Con il voto si è registrata una maggioranza significativa per l'accordo che deve essere quanto prima sottoscritto. Il risultato è talmente eccezionale, perché su temi come la flessibilità in passato ogni accordo tra le parti era stato in seguito bocciato dalla consultazione tra i lavoratori. Questa volta l'epilogo è stato opposto", sottolinea il segretario generale della Uilm Campania, Giovanni Sgambati.
Il sindacato più critico all'accordo, la Fiom, anche stanotte ha ribadito il suo no all'intesa, ma secondo quanto sottolineato dal segretario della federazione napoletana, Massimo Brancato, "se la Fiat apre una trattativa e si predispone ad una mediazione che rispetti la costituzione, le leggi dello stato e il contratto, ci sediamo a un tavolo e siamo disponibili a fare un negoziato".
Dalla Cgil si chiedono soluzioni più condivise. "I sì per il lavoro e i no per non cancellare i diritti" afferma la vice segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso. "La partecipazione al voto - aggiunge - era prevedibile, come la prevalenza dei si: i lavoratori di Pomigliano si sono ritrovati improvvisamente arbitri di una contesa che preme su di loro e sulle loro aspettative personali perché in quel territorio, caratterizzato da un'alta disoccupazione, uno stabilimento come quello della Fiat svolge un ruolo essenziale e non sostituibile". Secondo Camusso, "anche un voto cosi particolare, nella sua articolazione tra si e no, dice che ci vuole una soluzione condivisa, come la Cgil ha sempre sostenuto. Tanto più che intese che cancellano diritti sono inefficaci in quanto illegittime. Per questo chiediamo a Fiat di confermare e avviare, l'investimento e la produzione della nuova Panda a Pomigliano, di riaprire la trattativa per un'intesa condivisa da tutti". "Al governo - conclude Camusso - che è stato ininfluente sulle scelte industriali, che ha voluto giocare una sua partita di divisione del sindacato, il voto dice che un 'paese moderno' difende i diritti dei lavoratori".
- IL TESTO DELL'ACCORDO FIAT SU POMIGLIANO D'ARCO
Intanto la Fiat in Borsa cede l'1,16% a 9,4 euro. Il titolo del Lingotto che ha iniziato la seduta in leggero rialzo, è in linea con l'indice di settore europeo (Dj stoxx auto) che cede l'1,08 per cento.
E dopo il risultato del referendum sembra che la Fiat starebbe ripensando al piano di trasferimento della produzione della Panda dalla Polonia. Secondo alcune indiscrezioni il Lingotto si aspettava una percentuale di favorevoli più vicina all'80 per cento. In queste ore la Fiat sta valutando tutte le opzioni, non escludendo la rinuncia agli investimenti sullo stabilimento campano. A questo punto il futuro dell'impianto di Pomigliano diventerebbe molto incerto.
Secondo altre indiscrezioni di stampa, Fiat dovrebbe inviare a breve una nota sul referendum di ieri sera.
Gli operai di Termini Imerese attendono risposte - Ieri nello stabilimento Fiat di Termini Imerese l'attesa dell'esito del referendum di Pomigliano era tantissima. Gli operai di Termini non nascondono che è proprio il progetto di trasferimento della produzione della Panda dalla Polonia allo stabilimento campano ad aver decretato la fine della loro fabbrica, che nel 2011 chiuderà i battenti.
Ieri davanti ai cancelli si respirava un'apparente normalità; ma, ha detto il segretario provinciale della Fiom, Roberto Mastrosimione, "sappiamo tutti che con il sacrificio dello stabilimento siciliano la Fiat riempie il vuoto che si è creato in Polonia, dove andrà la produzione della Lancia Ypsilon, attualmente prodotta da noi".
Oggi a Termini Imerese è l'ultimo giorno di lavoro prima della cassa integrazione che si protrarrà fino a martedì 29 giugno. "La Fiat andrà via, d'accordo - ha aggiunto Mastrosimone -, tutti sono concentrati su Pomigliano, ma nessuno pensa a dare risposte a 2.200 lavoratori. Per ora tutto è fermo e, soprattutto, ci inquieta il silenzio della politica".
"A Pomigliano d'Arco l'ad. di Fiat Sergio Marchionne sta mettendo in scena lo stesso copione già visto e utilizzato per tentare di smantellare lo stabilimento di Termini Imerese". Questa la convinzione del vice presidente della commissione Attività produttive all'Ars, Pino Apprendi. "Tutti gli argomenti utilizzati - ha detto ancora - mirano a un solo proposito: dislocare la produzione dagli stabilimenti del Mezzogiorno d'Italia presso fabbriche dei Paesi europei ed extraeuropei dove la manodopera ha un costo molto basso e dove sono del tutto inesistenti le relazioni sindacali. Una maniera per avere le mani libere e ottenere sempre più profitti, senza tenere conto dei diritti dei lavoratori. Un film che abbiamo già visto. A dimostrarlo sono gli innumerevoli tavoli tecnici a cui i vertici della Fiat hanno partecipato senza dare un reale contributo al futuro di Termini".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, ASCA, Repubblica.it, Corriere.it]