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A proposito di beni confiscati...

Se per fare qualche cosa di concreto contro lo strapotere mafioso servono stragi e morti sul campo...

16 aprile 2011

L'assenza e il disimpegno contro la mafia non rendono giustizia ai caduti
di Vito Lo Monaco (Presidente del Centro Pio La Torre)

Il Centro studi Pio La Torre al tema dei beni confiscati ha dedicato la sua attenzione politica e di studio, sin dalla sua nascita nel 1986. L’ha fatto sia per affezione sia per convinzione. Le misure patrimoniali preventive e definitive per gli appartenenti alle associazioni di stampo mafioso, com’è noto, sono state introdotte nel 1982 nella legislazione, solo dopo le uccisioni di La Torre e del prefetto Dalla Chiesa, con la legge Rognoni-La Torre. Essa ha segnato una cesura storica nell’impegno dello Stato contro la mafia. Infatti, ha permesso a magistrati sensibili, tra i quali Chinnici, Caponnetto, Falcone, Borsellino e tanti altri, attraverso la costituzione di pool specializzati, di portare a termine il primo maxiprocesso antimafia con dure condanne definitive agli appartenenti alla mafia palermitana.

L’antimafia ha prevalso grazie al sacrificio dei caduti per mafia e non per la connivenza, la complicità, l’indifferenza di quella parte della società, dell’economia, della politica che invece ha dato (e da) consenso alla mafia. Il consenso sociale, storicamente, è stato più largo quando essa si è dedicata ai suoi affari criminosi, in rete con imprenditori e politici, senza ricorrere alle forme più clamorose di violenza, mentre è scemato nel momento in cui l’opinione pubblica e la società civile hanno manifestato la loro opposizione e il loro allarme, costringendo lo Stato a usare la sua forza di contrasto. Di quest’altalenante impegno ha risentito la legislazione antimafia. A ogni strage che ha suscitato mobilitazione popolare antimafia trasversale, si è ottenuto un passo avanti nel contrasto alla mafia. La reazione alla strage di Ciaculli (30 giugno 1963) furono l’istituzione della prima commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia e la legge 575 del 1965. Alla cosiddetta seconda guerra di mafia, dal 1978 al 1983, la risposta fu la legge Rognoni-La Torre con la quale fu possibile il maxiprocesso. Alle stragi del 1992/1993, seguirono silenzi e depistaggi, ma anche leggi come la 109 del 1996 che permise un miglioramento nella gestione dei beni confiscati. La creazione dei fondi per il risarcimento delle vittime di usura e estorsione e recentemente l’istituzione dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati e del Fondo unico giustizia con i beni mobili tolti alla mafia sono l’evoluzione tormentata e difficoltosa dell’impegno della parte più sensibile del mondo politico italiano la quale, comunque, non ha saputo contrastare l’espansione territoriale e finanziaria delle mafie nazionali e transnazionali. Infatti, queste dal loro canto hanno incrementato le relazioni strutturali con quella parte delle classi dirigenti politiche ed economiche del Paese di cui sono braccio armato illegale. Intanto bisognerebbe recepire nelle legislazioni nazionali le direttive degli organismi internazionali assunte con la decisione quadro dell’UE del 2006 e dall’ONU con la Convenzione del 2000 di Palermo e del 2005 del Messico contro la corruzione.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: è vitale superare tutte le contraddizioni tra retorica antimafia e concrete azioni di governo. Rendere impraticabili le intercettazioni, subordinare il potere giudiziario all’esecutivo, non colpire la corruzione, anzi praticarla e legittimarla, non contrastano le mafie, le consolida. Il moderno nodo gordiano della democrazia da tagliare è il rapporto globalizzato tra mafie, politica, economia e finanza.

Il convegno che la Fillea nazionale e il Centro studi La Torre terranno a Palermo sulle aziende mafiose confiscate il 29 e 30 Aprile, nel ventinovesimo anniversario delle uccisioni di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, con la presenza della segretaria generale della CGIL Susanna Camusso, confermeranno l’impegno del Sindacato, storicamente protagonista della lotta antimafia. Basta ricordare che La Torre, segretario della Camera del lavoro di Palermo e segretario della CGIL siciliana, ebbe modo di condurre gli edili alla lotta di emancipazione dalla mafia, alla conquista dei loro diritti, contro il sacco edilizio di Palermo, contro il governo con i missini di Tambroni la cui polizia, durante i fatti del luglio sessanta, uccise a Palermo gli edili Vella e Gangitano. Ciò a conferma che l'impegno antimafia è sempre lotta sociale per i diritti dei più deboli e per una democrazia compiuta. [SiciliaInformazioni.com]

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16 aprile 2011
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