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A Ragalna (CT) rapina in villa finisce nel sangue. La vittima ha ferito gravemente uno dei rapinatori

22 gennaio 2007

Una rapina in villa finita tragicamente quella che si è consumata nella tarda serata di sabato scorso a Ragalna, nella provincia di Catania.
Un bandito ferito grave e il suo presunto complice arrestato poco dopo perché aveva smarrito il cellulare sul luogo del delitto. E' finita così la rapina ai danni del titolare di una gioielleria di Paternò nella sua villa nella campagna etnea, dove vive con la famiglia. La vittima ha reagito e ha sparato ferendo a un polmone Maurizio Arena, 38 anni, che ora è ricoverato con la prognosi riservata nell'ospedale Garibaldi di Catania. Le sue condizioni sono gravi.

Il gioielliere, 63 anni, era rientrato a casa dal lavoro, e aveva con sé l'incasso della giornata. Quando è sceso dalla sua automobile è stato aggredito da due uomini, con il viso coperto da passamontagna, e armati di pistola. In quel momento è uscita dalla villa anche la moglie: la donna avrebbe urlato per la paura e sarebbe nata una colluttazione tra il commerciante e la coppia di malviventi. Il 63enne avrebbe a quel punto estratto una pistola, che detiene legalmente, e sparato contro i banditi.
I due non hanno risposto al fuoco probabilmente perché, ipotizzano gli investigatori, armati di pistole scacciacani, poi si sono dati alla fuga. Ma l'uomo ferito si è accasciato a terra dopo avere percorso circa 200 metri. A dare l'allarme è stata una figlia della coppia, che era in casa. La donna ha visto cosa stava succedendo, è corsa nella stanza da letto e ha telefonato al 112 chiedendo aiuto.
I carabinieri sono subito arrivati sul posto e hanno provveduto a fare trasferire il ferito in ospedale, dove è stato operato nella notte. Arena è una persona nota alle forze dell'ordine.

Dopo poche ore i carabinieri della compagnia di Paternò hanno fermato il presunto complice. E' Nunzio Pappalardo, 38 anni, che è stato bloccato a casa di familiari. A inchiodarlo, un telefonino cellulare che l'uomo aveva perduto nella villa durante la colluttazione con i proprietari.
Nelle ultime ore è spuntata l'ipotesi di un terzo complice: sarebbe un uomo che era nei pressi della villa in auto e che aspettava gli altri due rapinatori. I carabinieri stanno controllando i traffici telefonici, attraverso i tabulati dei ripetitori, avvenuti nella zona della sparatoria poco prima e poco dopo la rapina.

Maurizio Arena, il bandito ferito, era da poco uscito dal carcere con l'indulto, dove stava scontando una condanna a tre anni e tre mesi per rapina.

Ho sparato per difendere la mia famiglia - ''Sono dispiaciuto per quello che è successo, ho agito per difendere me e la mia famiglia, temevo soprattutto per mia moglie e mia figlia, non potevo mettere in pericolo la loro vita''. Così il gioielliere di 63 anni, S. A., spiega perché ha sparato. E nonostante la ''grande paura'', augura al bandito colpito che ''le sue condizioni migliorino e possa salvarsi''.
''Ero appena rientrato dal lavoro - ricostruisce il commerciante, titolare di una nota gioielleria di via Vittorio Emanuele a Paternò, al quotidiano 'La Sicilia' - ho chiuso il cancello d'ingresso e ho visto mia moglie che, come tutte le sere, mi aspettava davanti alla porta di casa. All'improvviso sono sbucate due persone, aggredendoci. Poi il colpo di pistola, e i due malviventi sono fuggiti via''.
''Non pensavo - ricorda il gioielliere - di avere ferito qualcuno, visto che tutti e due sono riusciti a scavalcare la recinzione, mentre mia figlia, in casa, telefonava ai carabinieri. Il resto l'ho saputo soltanto dopo''. ''Le leggi - osserva il commerciante - sono quello che sono, anche l'indulto... Un cittadino onesto che cerca di guadagnarsi da vivere lavorando è costretto a stare in trincea, sottoposto a continua violenza. Questa è la sesta rapina che subisco nella mia carriera''. [La Sicilia]

Dimezzato il numero dei detenuti nelle carcere siciliane - E senza voler utilizzare in maniera strumentale la rapina finita tragicamente nella villa di a Ragalna, vogliamo rendere noto alcuni dati  sulla situazione carceraria in Sicilia dopo l'entrata in vigore dell'indulto: dopo il decreto di questa estate il numero dei detenuti nelle carceri siciliane si è quasi dimezzato. Da 6.546 si è passati a 3.789. Tra questi, il 16,60% è costituito da tossicodipendenti, il 31,41% dai soggetti ad alta sicurezza per reati più gravi e il 12,33% da stranieri.
I dati sono quelli forniti nei giorni scorsi durante la presentazione della ''Progettazione integrata tra autorità pubbliche e privato sociale - Nap Italia''. Scopo del progetto, che recepisce le indicazioni de la ''Strategia di Lisbona'' e del ''Trattato di Amsterdam'', è fornire linee guida alla Comunità europea sulle azioni da applicare per arginare l'emarginazione sociale di detenuti, tossicodipendenti ed ex detenuti.
Il progetto nasce dalla collaborazione tra la cooperativa sociale Fenice di Palermo, il Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Sicilia; il Centro per la giustizia minorile per la Sicilia, la Prefettura di Trapani, la Asl 6 di Palermo; la Federserd; Cnca Sicilia; l'Università di Palermo e alcune cooperative.

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22 gennaio 2007
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