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A scuola di Corano

Dal cardinale Raffaele Renato Martino una proposta di grandissima apertura, bocciata e criticata però da molti

11 marzo 2006

Le parole del cardinale Raffaele Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, con la quale ha sostanzialmente dato il via libera vaticano all'ora di religione musulmana nelle scuole italiane per l'insegnamento del Corano, sono state parole che in una sola parola potremmo definire di fratellanza: ''L'Italia non faccia marcia indietro. Il rispetto non deve essere selezionato. Se ci sono delle necessità, se in una scuola ci sono cento bambini di religione musulmana, non vedo perché non si possa insegnare loro la religione - ha detto il porporato -. Questo è il rispetto dell'essere umano, un rispetto che non deve essere selezionato''.
Appena martedì scorso l'Unione delle Comunità Islamiche italiane (Ucoii) aveva presentato, nella seconda riunione della Consulta islamica al Viminale, un documento nel quale, tra le altre cose, si chiedeva di istituire nelle scuole italiane l'ora di religione islamica come scelta alternativa. Oltre a questo, l'Ucoii chiedeva al governo anche di aggiornare e modificare i libri scolastici che contengono ''notizie palesemente false sull'Islam ed i musulmani'' e di istituire la lingua araba come materia a scelta a livello nazionale (leggi - Corriere.it).

Il cardinale Martino, ha dunque ammonito l'Italia dell'intolleranza che sembra pericolosamente voler prendere piede, una richiesta ''a non fare marcia indietro'' nel percorso del dialogo perché, ha aggiunto poi: ''Se attendiamo la reciprocità nei paesi rispettivi dove ci sono cristiani, allora ci dovremmo mettere sullo stesso piano di quelli che negano questa possibilità. L'Europa, l'Italia - ha proseguito - è arrivata a dei punti di democrazia e il rispetto dell'altro che non può fare marcia indietro. Se quindi ci sono persone di altra religione nella realtà italiana, bisogna rispettarle nella loro identità culturale e religiosa''. ''Solo il dialogo e la libertà religiosa possono evitare il fondamentalismo, sia quello politico-laico che quello religioso. Tutte le religioni sono di pace e la via per trovare una coesistenza e la collaborazione laddove è possibile, ad esempio sul piano sociale''.
Insomma, il cardinale ha ricordato all'occidente che solo dando il giusto esempio si può arrivare ad una conclusione ottimale, esempio che sia però alto e fattuale, e non risposte provocatorie che spezzano il cammino della fratellanza.
Le parole del cardinale Martino hanno, ovviamente, soddisfatto l'Ucoii: ''Ringraziamo il cardinale Martino - ha detto Hamza Piccardo, segretario dell'associazione - per la sensibilità dimostrata. Manifesta un grande senso di giustizia nei confronti di tutti i credenti''. Ha aggiunto il presidente Mahamed Nour Dachan: ''Non aspettavamo altro - ha detto -. La strada intrapresa da Giovanni Paolo II, e che Benedetto XVI sta seguendo, è la risposta alle nostre richieste di dialogo e rispetto reciproco, nonostante tutte le difficoltà''.

Ma tali parole di comunione non sono state accolte da tutti con entusiasmo. Contraria all'apertura del Vaticano, ma non per motivi ''religiosi'', si è detta l'Aduc, l'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori: ''Non siamo d'accordo - fanno sapere - all'ora di religione (tutte) nelle scuole pubbliche. Riteniamo che l'insegnamento religioso non si debba impartire nelle scuole di Stato, che per definizione dovrebbero essere aconfessionali, ma nelle chiese, nelle sinagoghe, nelle moschee, nei templi. Naturalmente a spese del richiedente''.
Le parole del cardinal Martino sono state accolte con freddezza dalla Conferenza Episcopale Italiana, che ha voluto solo rilevare che dovrebbe essere la CEI a dare un eventuale via libera ad un'ipotesi del genere.
Un disaccordo ben più profondo è stato invece sollevato dal presidente del Senato, Marcello Pera, che in un'intervista si chiede: ''Stiamo malamente insegnando la religione cristiana nelle nostre scuole, proprio in omaggio al relativismo che ha trasformato l'ora di catechismo in un'ora di generica cultura religiosa. Vogliamo pure introdurne un'altra? Quale Islam si insegnerebbe? Da parte di chi? Di quale imam?''.

Una domanda che si sono e hanno posto anche diversi vescovi italiani, che hanno principalmente sottolineato la complessità della questione. In linea di principio, spiegano, dare spazio all'insegnamento del Corano nelle scuole pubbliche, nell'ambito delle cosiddette materie alternative e dunque su richiesta degli studenti musulmani o delle loro famiglie, riguarda il rispetto della libertà delle persone. Tuttavia l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole è riconosciuto dal Concordato e questo ha implicazioni precise: le altre religioni non hanno stipulato accordi di tale portata e dunque sarebbe improprio regolarne in modo analogo l'insegnamento, cioè con docenti di nomina non esclusiva delle autorità scolastiche.

In proposito, i titubanti signori del Clero, hanno ricordato che l'insegnamento della religione cattolica è sottoposto a una disciplina specifica e non può essere considerato semplicemente come espressione della libertà religiosa, che è riconosciuta anche dove questo insegnamento non è previsto. La cultura del Paese, nel quale anche gli immigrati e i loro figli sono chiamati a vivere, è del resto inscindibilmente legata alla religione cattolica.
A livello italiano, dunque, non si possono tralasciare i riflessi istituzionali del dibattito aperto dalle richieste dell'Ucoii, tra l'altro non condivisa da altri esponenti dell'Islam, come Mario Scialoja, rappresentante in Italia della Lega Musulmana Mondiale, che preferirebbe un insegnamento laico di storia delle religioni. Ipotesi caldeggiata da molti politici di estrazione laica, ma che la Chiesa considera un modo surrettizio per modificare gli attuali accordi in materia.
Disaccordi sull'uscita del cardinal Martino si sono registrate anche nelle ultime ore: se il portavoce della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, a proposito dell'ora di corano ha parlato di ''anomalia gravissima che si chiede ai nostri ragazzi, obbligandoli ad una scelta fideistica inaccettabile'', il Movimento Studentesco Padano si dichiara addirittura pronto alla mobilitazione per sensibilizzare gli studenti e le famiglie. Secondo Roberto Sasso, coordinatore lombardo degli Studenti Padani, ''la proposta arriva, in prima battuta, dalla neo-formata Consulta Islamica, a suo tempo già contestata dalla Lega Nord, e temiamo che questa sia solo la prima di una lunga serie di proposte aberranti che andrebbero ad intaccare la nostra cultura e società''.

- ''Ma prima bisogna stabilire quale Corano insegnare'' di Magdi Allam

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11 marzo 2006
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