A scuola di terrorismo
La moschea di Ponte Felcino, in Umbria, era la casa di una cellula vicina ad Al Qaeda
Nella tranquilla regione della ''Città della Pace'' si è scoperto che la moschea di Ponte Felcino, vicino al Capoluogo umbro, era una scuola di terrorismo.
All'alba di sabato scorso è scattata l'operazione ''Hamam'', eseguita dalla Polizia di prevenzione (Ucigos). Le indagini, che hanno portato a numerose perquisizioni, una ventina di indagati e quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti dell'imam marocchino della moschea, Moustapha El Korchi, 41 anni, regolarmente residente in Italia, e tre dei suoi più stretti collaboratori (uno arrestato all'estero, gli altri due clandestini, Mohamed El Jari e il custode della moschea Driss Safika, sbarcato a Lampedusa nell'autunno del 2005, con una delle tante ''carrette della speranza''), ''hanno evidenziato come nella moschea si svolgesse in maniera continuata addestramento ad azioni con finalità di terrorismo''.
Insomma, nella moschea di Ponte Felcino viveva una ''cellula vicina a Al Qaeda'' che avrebbe fatto capo all'associazione ''Ibn Khaldoun'' (che gli affiliati chiamano comunemente ''moschea'').
I fatti, secondo gli inquirenti, ''sono avvenuti a Perugia dall'ottobre 2006 al luglio 2007, in un caso solo dal dicembre 2006 al febbraio 2007''. Secondo gli inquirenti la struttura avrebbe svolto attività di proselitismo e addestramento. ''Si può quindi affermare - ha detto il prefetto Carlo De Stefano, Direttore centrale del'Ucigos - che è stata scoperta e disarticolata una vera e propria 'scuola' che rientra in un sistema operativo di terrorismo diffuso, praticato da piccole cellule che agiscono in maniera autonoma''. Secondo gli investigatori, si trattava di un addestramento con finalità di autodistruzione.
Infatti, all'interno del luogo di culto, fuori dall'orario delle cerimonie, si svolgeva un'opera di istruzione e addestramento all'uso delle armi e alle tecniche di combattimento proprie delle azioni terroristiche, oltre a lezioni di lotta corpo a corpo. Il tutto corredato dalla visione di proclami, filmati e documenti scaricati da siti internet ''protetti''. Nei video, anche indicazioni per la preparazione e l'uso di sostanze velenose o esplosivi, le istruzioni per raggiungere le zone di conflitto in modo sicuro, inviare messaggi criptati in rete e perfino guidare un Boeing 747.
Nell'opera di addestramento dell'imam della moschea di Ponte Felcino erano compresi anche bambini e bambine. Dalle indagini sarebbe emerso che a ragazzi e ragazze, minorenni, veniva insegnato l'uso di tecniche corpo a corpo ma anche di bastoni e armi.
Nell'addestramento era coinvolta anche la figlia minorenne dell'imam El Korchi. Dalle intercettazioni ambientali emerge infatti che in una occasione l'imam, insieme a uno dei connazionali arrestati e alla figlia, guarda e commenta con soddisfazione un filmato sull'esecuzione di 18 militari iracheni. In un altro caso, invece, lo stesso tiene una lezione di cultura araba ad alcuni bambini, incitandoli a compiere atti di aggressione fisica contro loro coetanei italiani, per indurli alla sottomissione in ragione della superiorità dei musulmani nei confronti dei cristiani. Alcuni passaggi dell'intercettazione ambientale: ''Ci sarà un giorno del giudizio che tutti i musulmani andranno in paradiso, mentre gli italiani miscredenti andranno all'inferno e bruceranno? Coloro che non capiscono la religione musulmana andranno all'inferno e saranno torturati? Colpire gli altri bambini finché non esce loro il sangue''.
Da un'altra intercettazione (del 9 febbraio scorso), durante la ''preghiera del venerdì'', El Korchi ''scalda'' così i fedeli: ''...Coloro che non pregano in gruppo sono una preda del diavolo...''. ''Dio accetta i martiri musulmani... Dio aiuta i musulmani mujaheddin in Iraq... Palestina... in Cecenia, in Kashmir e in tutti i Paesi dell'Islam e ovunque si trovino... Dio li renda forti e uniti... Dio ci protegga dagli americani... dagli ebrei e dai cristiani... dai traditori. Dio li distrugga e li renda deboli... Dio distrugga coloro che vorrebbero fare del male ai musulmani...''. ''Chi uccide un'anima è ricompensato... un'anima di un americano o un ebreo... è meglio di quello che guarda i suoi fratelli palestinesi che muoiono...''.
Grazie al pedinamento di uno straniero che frequentava la moschea gli inquirenti hanno potuto ricostruire i contatti con altri elementi legati a cellule terroriste, fra cui un gruppo sospettato di aver collaborato agli attacchi di Madrid del marzo 2004. Secondo le indagini, lo straniero si era allontanato da Perugia, per andare presumibilmente in Iraq, ed era in contatto con altri stranieri residenti in Paesi europei e in Siria. In particolare, l'uomo aveva collegamenti con due marocchini residenti in Belgio, arrestati due anni fa perché ritenuti membri di una cellula del ''Gruppo islamico combattente marocchino'' e sospettati di aver fornito supporto agli attentatori di Madrid. Le indagini hanno confermato l'ipotesi che il viaggio dell'uomo fosse legato all'attività di una cellula che faceva capo proprio alla moschea di Perugia.
Le perquisizioni, poi, nelle case dei presunti esponenti della cellula terroristica perugina hanno ulteriormente allarmato gli esperti dell'antiterrorismo. Infatti, in casa dell'imam marocchino (stipate nella cantina dell'abitazione dell'uomo, adiacente alla moschea) sono state ritrovate una sessantina di sostanze chimiche sospette (come acidi, nitriti, nitrati e ferrocianuro), utili per preparare ordigni chimici potenzialmente devastanti, timer e telefonini. Nell'abitazione dell'uomo sono state anche trovate fotografie dell'aeroporto romano di Fiumicino, una cartina geografica con segnate cinque-sei città (le principali del Centro-Nord, tra cui Milano), e alcune piantine di acquedotti umbri, tutto materiale che fa pensare ad una prima fase di studio per preparare possibili attentati.
I magistrati e gli investigatori di Digos e Ucigos si mantengono comunque prudenti, e non hanno voluto subito sposare la tesi che vede dei terroristi già pronti a entrare in azione. ''Ma non si può escludere che stessero preparandosi a farlo, che raccogliessero informazioni in attesa di essere pronti ad agire'', ha sottolineato, preoccupato, uno degli inquirenti che in questi due anni di inchiesta ha seguito, passo dopo passo, le indagini sui sermoni dell'imam Mostapha El Korchi e sui suoi reiterati incitamenti alla guerra santa contro i crociati e gli infedeli. Gli allegati alla richiesta di cattura dell'imam El Korchi, firmata dal procuratore Nicola Miriano e dal pm Alessandro Cannevale sono ricchi di spunti investigativi, e presentano scenari inquietanti. In uno dei passaggi in cui viene citata l'attività dell'imam, si ricorda come sia tornato in Marocco all'inizio dell'anno e sia rientrato nel nostro Paese il 20 gennaio, dopo due settimane. All'andata, è partito da Perugia con un normale pullman di linea e poi è decollato dal ''Leonardo da Vinci''. E' al ritorno che gli investigatori, in collaborazione con gli uomini della Polaria, notano qualcosa di sospetto: l'imam viene accolto al suo arrivo da un connazionale, Mohcine Abouda, e da un altro extracomunitario. Che approfittano dell'occasione e scattano sette fotografie dello scalo, poi rintracciate dalla polizia sul suo sito web. Immagini che, teoricamente, potrebbero aver fatto il giro del mondo.
Già nella giornata di oggi l'imam El Korchi verrà interrogato, come i due collaboratori arrestati (ancora nulla sull'arresto all'estero del quarto uomo, comunque identificato). La guida spirituale della comunità islamica di Ponte Felcino, che raccoglie fedeli da una zona molto estesa tra Perugia e Solfagnano, dovrà chiarire quella che gli investigatori definiscono una posizione ''operativa'' all'interno della cellula vicina al movimento di Al Qaeda.
- ''Ecco la rete dei terroristi in Italia'' di A. Custodero (Republica.it)
- ''L'imam, i viaggi web e la bomba'' di G. Olimpo (Corriere.it)