Abbia rispetto per i morti del suo Paese!
Il sindaco di Fondachelli Fantina offre il cimitero del suo comune per seppellire il nazista Erich Priebke
I funerali di Erich Priebke, ufficiale delle SS condannato all’ergastolo per la strage delle fosse Ardeatine e morto a Roma all’età di 100 anni, hanno suscitato un putiferio di polemiche. Sostanzialmente nessuno vuole le spoglie del nazista (e non ex nazista, perché mai Priebke si pentì di quanto fatto, mai chiese scusa e addirittura parlò di esagerazione riferendosi al numero delle vittime della Shoah) nel proprio territorio, mentre Nicola Marini, sindaco di Albano, paese laziale dove, a quanto pare, si svolgeranno oggi i funerali in forma privata, ha subito firmato un'ordinanza che vieta il passaggio della salma dell'ex ufficiale delle Ss sul territorio comunale di Albano Laziale.
Parliamo di questo fatto perché l’unico comune che si è reso disponibile ad accogliere la salma del gerarca nazista si trova in Sicilia ed è Fondachelli Fantina, in provincia di Messina.
Il sindaco del piccolo paese di mille abitanti, Marco Antonino Pettinato, ha inviato un fax inviato al Campidoglio offrendo un posto al cimitero. "E' una questione di carità, ma non significa che condividiamo ciò che ha fatto, siamo di idee ben diverse".
Il Comune di Fondachelli Fantina, nella persone del sindaco, dunque, ha espresso la sua disponibilità. Sulla stessa linea anche il padre di Pettinato, ex sindaco, entrambi esponenti del Centro democratico: "Se non lo vuole nessuno siamo pronti ad ospitare la salma di Erich Priebke. Non abbiamo pregiudizi, è una questione di carità. Ciò non significa che condividiamo ciò che ha fatto e noi siamo di idee ben diverse. Questo, credo, sia anche il pensiero di mio figlio, che non ha vissuto gli anni della guerra e non condivide certo quanto avvenne". "Comunque - ha aggiunto Pettinato senior - la salma di Priebke si deve seppellire a meno di non bruciarla o gettarla ai cani. Cosa ne vogliono fare questi politici benpensanti? - ha infine detto l'ex sindaco - Ribadisco che siamo di idee ben diverse e che non condividiamo quanto da lui commesso".
La disponibilità del primo cittadino di Fondachelli, ovviamente, ha suscitato meraviglia subito seguita da indignazione. "Ho mandato un fax con due righe - ha detto Marco Antonio Pettinato - ed è scoppiato il finimondo. Nessuno ha scritto che avevo inviato lo stesso fax al prefetto di Agrigento per i migranti morti nel naufragio di Lampedusa". "Ci tengo a precisare - ha sottolineato il sindaco - che non sono di destra, ma un politico che vuole compiere un gesto di 'esclusiva umanità cristiana', come ho scritto nel fax inviato al sindaco di Roma". Il primo cittadino del paesino messinese, inoltre, dice di "non temere l'assalto di eventuali estremisti" a Fondachelli Fantina. "I fascisti e i comunisti - sostiene - non esistono più, sono categorie politiche antiche. Noi dobbiamo guardare al futuro. E poi all'ordine pubblico devono pensare gli organismi preposti".
Il vice sindaco e un assessore hanno subito preso le distanze da Marco Antonio Pettinato. "Se cercava un momento di visibilità ha sbagliato tutto", dice Carmelo Citraro, vice di Pettinato e presidente del collegio dei geometri di Messina. "Sono semplicemente indignato. Questa - aggiunge - è un'iniziativa del sindaco che a questo punto non rappresenta più nessuno. Scrivetelo pure: sono più che contrario. Sono incazzato...". Sulle stesse posizioni del vice sindaco è un altro assessore, Daniele Catalfamo. "Siamo pronti a dimetterci", conclude Citraro, per il quale "nessuno in paese condivide l'idea di dare qui sepoltura a un boia nazista".
Ma le polemiche interne alla sua giunta sembrano preoccupare il sindaco: "Non si può negare la sepoltura ad alcuno - sottolinea Pettinato - neppure a chi ha un passato criminale che nessuno discute, come quello di Priebke. La domanda è retorica: ma che bisogna fare della salma? Farla scomparire?"
Il sindaco di Fondachelli Fantina potrà, forse, trovare risposta sul perché di tanta indignazione nell’intervista che Repubblica ha fatto a Giovanni De Luna, importante storico italiano, docente di Storia contemporanea all’Università di Torino, che si è associato all’appello della Comunità ebraica di Roma, ossia quello di non seppellire Priebke nella Capitale perché "i cimiteri sono la memoria di una comunità e Priebke si è messo fuori dalla comunità". "I cimiteri sono una cosa seria - continua De Luna -. Non sono depositi di morti, sono il deposito dei valori e delle radici di una comunità. È lì che la comunità va alla ricerca della sua identità. Dobbiamo superare l'idea che la laicizzazione dei cimiteri, il loro accogliere sepolture di ogni religione, coincida con la perdita dei valori. Anche il cimitero laico ha valori precisi".
Inoltre, se questo non bastasse, vogliamo di seguito ricordare al signor sindaco di Fondachelli Fantina chi è stato Erich Priebke…
Erich Priebke, il nazista che non si è mai pentito - Mai una parola di pentimento per il proprio passato, mai un'espressione di comprensione per le vittime o le loro famiglie: per quasi cento anni anni Erich Priebke è rimasto fedele a se stesso, ed a quello che ha fatto. Cioè: aver partecipato al massacro delle Fosse Ardeatine, aver partecipato fin dai suoi inizi alla campagna di soppressione fisica degli oppositori politici del nazismo voluta da Adolf Hitler in Germania, averla proseguita in Italia fino al giorno stesso dell'arrivo degli americani a Roma il 4 giugno 1944.
La storia dell'"uomo che spuntava la lista" inizia in un sobborgo di Berlino, negli anni immediatamente successivi alla disfatta nella Prima Guerra Mondiale. Sembra che tutto sia cominciato con l'amicizia con un maestro di sci che lo introduce al verbo del nazionalsocialismo. Lui, Priebke, sostiene invece di essere sempre stato un uomo come tanti, un semplice esecutore di ordini, uno che il poliziotto lo faceva perché doveva sbarcare il lunario, ed in fondo si trattava di un mestiere onorevole. Il fatto è che lui entrava nella polizia di Berlino, e subito dopo confluiva nella Gestapo: la polizia segreta del regime. Di più: come rivelò all'epoca del processo l'AGI andando a cercare nei National Archives di Washington, Erich Priebke venne inquadrato nel Gestapa. Il Gestapa ("Geheim Staatspolizei Amt") era l'ufficio preposto all'individuazione ed alla schedatura degli oppositori del regime nazista. Si trattava soprattutto di comunisti, cattolici e socialdemocratici. A partire dal 1937 le SS, cui Priebke aveva nel frattempo aderito, iniziarono a rastrellarli. Finirono, a decine di migliaia, nel primo campo di sterminio del regime, quello di Sachsenhausen.
Sempre nel 1937 il Giovane Erich andò a Roma, a fare da interprete ad Adolf Hitler in persona in occasione della visita ufficiale da Mussolini. A Roma sarebbe tornato un anno dopo, questa volta in pianta stabile, alle dipendenze di Villa Wolkonski, l'ambasciata tedesca presso il Regno d'Italia. Qui conobbe l'uomo al quale il destino lo avrebbe legato: Herbert Kappler, giovane ufficiale delle SS anche lui, anche se di un grado superiore. Cosa facessero in realtà i due a Roma non si sa bene. Si sa che ad un certo punto un autorevole esponente della nobiltà nera romana gli affittò per pochi soldi una palazzina, uso ufficio, nei pressi di San Giovanni. A Via Tasso, dopo l'Otto Settembre, i capi della Resistenza romana venivano portati, torturati, qualche volta costretti a confessare. Spesso morivano. In fondo lo stesso mestiere, per Priebke, dei tempi della Gestapo.
Lui e Kappler stavano percorrendo a piedi la breve strada che unisce Villa Wolkonski a Via Tasso, il 23 marzo 1944, quando seppero dell'attentato partigiano a Via Rasella. Hitler ordinò prima la distruzione di Testaccio e San Lorenzo, poi si optò per la rappresaglia del 10 a 1: dieci fucilati per ogni tedesco ucciso. A fare la lista, nel corso di una notte, fu Kappler. Priebke batteva a macchina.
Si scelse prima tra i Todeskandidaten, quelli che tanto avrebbero dovuto morire comunque. Non bastavano: si decise di svuotare tutto il carcere, lasciando quelli le cui confessioni eventuali potevano servire al lavoro di intelligence politica Ma a morire dovevano essere in 330, ed anche così la lista non era completa.
Kappler e Priebke andarono dal prefetto repubblichino di Roma, Caruso, che consegnò una serie di criminali comuni, o solo gente in normale stato di fermo. Alla fine sui camion finirono in 335, contro i 330 inizialmente previsti. L'organizzazione di Via Tasso aveva funzionato anche troppo efficacemente Nemmeno 24 ore dopo l'attentato di Via Rasella quattro camion partirono da Via Tasso e Regina Coeli, presero l'Appia Antica e girarono a destra, sull'Ardeatina. Qui c'erano delle vecchie cave di tufo, utilizzate l'ultima volta alla fine dell'Ottocento. I prigionieri venivano fatti scendere, legati gli uni agli altri per le mani, a gruppi di cinque. Priebke spuntava i loro nomi dalla lista. Loro entravano nella grotta, si avvicinavano cinque SS, puntavano il fucile alla nuca e sparavano…
Il massacro venne scoperto, tempo dopo, da un gruppo di bambini che si era avventurato nella zona per giocare.
Al processo, cinquant'anni dopo i fatti, Priebke si difenderà dicendo di essersi limitato a spuntare i nomi dalla lista.