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Accolto il ricorso del Capo dello Stato

La Consulta ha accolto il ricorso del presidente della Repubblica contro la Procura di Palermo

05 dicembre 2012

Non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo valutare la rilevanza della documentazione relativa alle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, captate nell'ambito del procedimento sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia.
E' quanto ha deciso la Corte costituzionale accogliendo il ricorso  per conflitto proposto dal Presidente della Repubblica. Anzi per la Consulta "neppure spettava di omettere di chiederne al giudice l'immediata distruzione ai sensi dell'articolo 271, 3° comma, c.p.p. e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti".
Da ambienti del Quirinale si è appreso che Napolitano ha atteso serenamente e accolto con rispetto la sentenza della Corte Costituzionale e ora attende di conoscere il dispositivo.

Poche parole dal procuratore di Palermo, Francesco Messineo. "Le sentenze non si commentano mai, neppure quelle della Corte costituzionale. In ogni caso dovremo leggere le motivazioni". Mentre il pm Antonino Di Matteo ha detto che andrà avanti nel suo lavoro "con la coscienza tranquilla ritenendo di avere sempre agito correttamente e di avere rispettato sempre la legge e la Costituzione". Per il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati,  Rodolfo Sabelli "la Corte Costituzionale ha fatto chiarezza su una situazione non regolata da norme specifiche del codice di procedura penale e che si prestava a diverse interpretazioni. Comunque attendiamo le motivazioni".

Intanto, resta a Palermo il procedimento per la cosiddetta trattativa Stato-mafia, anche quello per l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino. Lo ha deciso il giudice per le udienze preliminari Piergiorgio Morosini che ha così rigettato la richiesta dei legali di Mancino di trasferire il procedimento al tribunale dei ministri. Resta a Palermo anche il procedimento a carico dell'ex ministro Calogero Mannino, che aveva chiesto il trasferimento in altra sede per incompetenza territoriale. Secondo il gup, "il giudice competente" per il procedimento per la cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia per fermare le stragi mafiose dopo il '92 "va identificato nel giudice di Palermo, in considerazione del fatto che il 'primo anello della catena' delle minacce, esplicitamente secondo l'accusa, si sarebbe perpetrato attraverso la commissione dell'omicidio di danni di Salvo Lima, a Palermo il 12 marzo 1992".

Nel frattempo, il pm Di Matteo ha depositato agli atti dell'udienza preliminare del procedimento sulla trattativa Stato-mafia, cinque nuovi faldoni di documenti. Tra le carte finite al gup anche alcune intercettazioni fatte ad aprile del 1993 dai carabinieri del Ros che proverebbero che i militari erano sulle tracce del boss Nitto Santapaola, all'epoca latitante. Gli inquirenti avrebbero captato conversazioni tra due mafiosi che parlavano di un incontro recente col capomafia catanese ricercato e in un caso avrebbero ascoltato anche la voce dello stesso padrino che, però, sarebbe stato arrestato solo un mese dopo, il 18 maggio, dalla polizia.
Santapaola si sarebbe nascosto a Barcellona Pozzo di Gotto e nella stessa zona, ad aprile, si sarebbero trovati l'ex ufficiale Giuseppe De Donno, tra gli imputati del procedimento sulla trattativa, e l'allora capitano Sergio de Caprio, l'uomo che arrestò Totò Riina.

Dopo la mancata cattura di Provenzano nel 1995, contestata all'ex generale del Ros Mario Mori, "concessione", secondo i pm, fatta al boss proprio in nome della trattativa in corso, anche il mancato arresto di Santapaola entra nell'inchiesta che vede coinvolti 12 tra capimafia, ex ufficiali del Ros, ex ministri e politici. Tra i documenti depositati anche gli interrogatorio di un ex pm di Barcellona Pozzo di Gotto, Olindo Canali, i riscontri alle dichiarazioni del capomafia Rosario Cattafi che parla di un tentativo dell'ex numero due del Dap Francesco Di Maggio di contattare Santapaola per fare cessare le stragi mafiose e riscontri alle dichiarazioni del pentito Gaetano Grado.

Antonio Ingroia: "Sentenza politica [...] E' paradossale, oggi siamo cornuti e mazziati" - "Le ragioni della politica hanno prevalso su quelle del diritto. La sentenza della Corte costituzionale rappresenta un brusco arretramento rispetto al principio di uguaglianza e all'equilibrio fra i poteri dello Stato".
Intervistato da Corriere della Sera, Repubblica, Messaggero e Fatto Quotidiano, l'ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia si dice "amareggiato" per la decisione della Consulta di accogliere il ricorso del Capo dello Stato sul conflitto con la Procura di Palermo.
"La scelta del presidente della Repubblica di sollevare il conflitto di attribuzioni è stata dannosa per l'immagine delle istituzioni italiane nel suo complesso. Credo che abbia sbagliato a presentare il conflitto perchè ha messo con le spalle al muro la Consulta", dice Ingroia, ora in Guatemala per un incarico Onu. "Quello che fa più rabbia è che la Corte non si è accontentata di dar ragione al Quirinale ma ha voluto dare anche una bacchettata alla procura di Palermo, immeritata almeno sulle procedure, vista la nostra prudenza", prosegue il magistrato, secondo cui "è stato il clima politico complessivo a determinare la sentenza".

"Sono convinto che se noi avessimo fatto quello che oggi sostiene la Corte, e cioè trasmettere le telefonate al giudice chiedendo la distruzione delle conversazioni senza contraddittorio con le parti, il giudice avrebbe ordinato il deposito e il contraddittorio con tutte le parti del procedimento, facendole inevitabilmente diventare pubbliche. Anche per questo - spiega Ingroia - noi non abbiamo preso quella strada, preoccupandoci di preservare al massimo la riservatezza delle conversazioni del presidente".
"Questa sentenza è paradossale perché suggerisce una prassi che ci obbliga di fatto a rendere pubbliche le intercettazioni, dopo averci esposto all'onta di un conflitto di attribuzione", rimarca Ingroia. "Oggi siamo cornuti e mazziati".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, LiveSicilia.it]

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05 dicembre 2012
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