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Accordo con la Libia per la liberazione degli eritrei rinchiusi a Brak

L'accordo consentirà ai 250 eritrei di uscire dal carcere ed ottenere la residenza in cambio di lavoro socialmente utile

08 luglio 2010

E' stato raggiunto un accordo in Libia che ''consentirà di uscire a tutti gli eritrei rinchiusi a Brak'' nei pressi di Seba, nel sud della Libia. Lo ha annunciato il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, in una audizione ieri alla Commissione esteri del Senato dedicata alla vicenda. L'accordo consentirà ai 250 eritrei di uscire dal carcere ed ottenere la residenza in cambio di "lavoro socialmente utile in diverse Shabie (comuni) della Libia".
Il sottosegretario ha spiegato che "l'accordo è stato firmato con il ministero del lavoro libico" e ha assicurato che l'Italia non è direttamente è coinvolta nella vicenda. "Non c'è, allo stato, nessuna prova che questi cittadini eritrei facessero parte di respingimenti", ha detto.

Una posizione ribadita anche dal ministro dell'Interno Roberto Maroni. "Il governo italiano non ha nessuna responsabilità, se si chiede al governo italiano di svolgere una missione umanitaria in Libia, il nostro ministro degli Esteri valuterà; ma se viene avanzata questa richiesta - ha osservato Maroni - lo si fa proprio sulla base del presupposto che non vi sia nessuna responsabilità dell'Italia per quanto avviene". Per il titolare del Viminale, "è assolutamente indimostrato che queste persone siano state respinte all'interno degli 850 respingimenti e quindi io rifiuto ogni responsabilità del governo italiano. Noto però che dall'Onu e soprattutto dall'Europa non è venuto nessun interessamento; e francamente mi pare una cosa singolare, direi incredibile".
Per Maroni, "le istituzioni Ue devono interessarsi e non solo chiedere all'Italia di farlo. Il governo, con il ministro degli Esteri che ne ha la competenza, valuterà i termini di una missione umanitaria. Ma ribadisco il rifiuto di responsabilità, che pure sono state affacciate, del governo italiano in questa vicenda. Non esite alcuna nostra responsabilità".
Gli eritrei, nel centro di detenzione da 9 giorni, avevano denunciato di essere stati maltrattati e torturati e avevano rivolto un appello all'Italia e all'Europa per essere inseriti in un programma per rifugiati politici. [Adnkronos/Ing]

- "Stiamo morendo nel deserto" (Guidasicilia.it, 07/07/10)

 

 

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08 luglio 2010
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