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Addio a Giacomo Tachis

Il re degli enologi italiani è stato l'artefice del Rinascimento del vino siciliano

09 febbraio 2016

È morto nei giorni scorsi, a San Casciano Val di Pesa (Firenze), il re degli enologi italiani Giacomo Tachis. Aveva 82 anni ed era malato da tempo. Anche per questo nel 2010 si era ritirato dall'attività per dedicarsi ai libri, da appassionato bibliofilo quale era, e alla famiglia.
Per decenni è stato il più illuminato innovatore del settore vitivinicolo, artefice del cosiddetto 'Rinascimento' italiano, e padre e  inventore di alcune delle più importanti etichette mondiali come Sassicaia, a Bolgheri, e Tignanello, nel Chianti.

Giacomo Tachis era nato a Poirino (Torino) e studiò alla Scuola di Enologia di Alba (Cuneo). Ma è in Toscana che sviluppò studi e innovazioni. Il 'matrimonio' con la Toscana inizia quando, nei primi anni '60, diventa l'enologo di Antinori, con cui collaborerà per 32 anni, divenendo il direttore storico delle Cantine Antinori. Nel tempo, il sodalizio Tachis-Antinori permette di dare vita a una sorta di 'rivoluzione' in vigna e in cantina che darà vita al Tignanello prima, e al Solaia dopo. Innovando il concetto di vinificazione Sangiovese e unendolo al Cabernet nasce così il primo esempio di Supertuscan.
Alla fine degli anni '60, Tachis inizia anche a lavorare con il marchese Mario Incisa della Rocchetta a Bolgheri, per dare vita a un vino in grado di competere con le migliori produzioni bordolesi: il Sassicaia.

La bravura di Tachis lo hanno portato negli anni a collaborare con innumerevoli cantine, uscendo dai confini della Toscana per 'abbracciare' tante regioni, specialmente in Sardegna e Sicilia. In particolare, in Sicilia - che lui chiamava l'Isola della cultura - è arrivato negli anni Novanta, quando Diego Planeta lo chiamò a collaborare con l'Istituto vite e vino: così oltre a essere protagonista del "Rinascimento" del vino italiani, lo fu anche di quello siciliano, riscoprendo vitigni autoctoni ed esaltandone le peculiarità.
Nel 2010, in un'intervista all'ANSA in cui rendeva pubblico il ritiro dall'attività, Giacomo Tachis, che si schermì definendosi un "umile mescolavino", invitò a diffidare delle "tendenze speculative" negli investimenti in agricoltura, e soprattutto nel vino, e a "rispettare la natura e la semplicità del vino, perciò - disse - niente chimica, come viene fatta oggi, e attenti alla genetica, la natura si ribella". "Il vino - diceva anche - ha avuto e avrà sempre un mercato".

"Ripercorrere le tappe professionali di Giacomo Tachis - ha sottolineato il sito specializzato Winenews - significa analizzare l'evoluzione dell'enologia italiana. Tachis è stato uno dei principali artefici di quella rivoluzione enologica che ha permesso di esportare, insieme al vino, un'immagine innovativa dell'Italia evocatrice di qualità. Per questo è e sarà riconosciuto come uno dei più grandi enologi contemporanei".
"Con la scomparsa di Giacomo Tachis il mondo del vino perde uno dei suoi più importanti maestri". Così il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, in una nota. "Protagonista indiscusso - ricorda il ministro Martina - del rinascimento del vino italiano, ha saputo reinterpretare il ruolo stesso dell'enologo. Un uomo di grandissima cultura - sottolinea - che ha fatto della qualità una pratica quotidiana, diventando un punto di riferimento per le nuove generazioni di enologi. Se oggi il vino italiano è riuscito a raggiungere certi traguardi è anche per merito - conclude Martina - di uomini come Giacomo Tachis e Luigi Veronelli che in anni duri hanno saputo accompagnare il rilancio di questo settore. Dobbiamo fare in modo che la loro eredità possa essere uno stimolo a fare sempre meglio". [GdS.it]

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09 febbraio 2016
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