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Addio, Dolce Vita...

L'occhio critico dell'Economist ritorna sull'Italia: i soliti ''cattivi'' inglesi o lungimiranza veritiera?

28 novembre 2005

Il settimanale britannico The Econimist, è ritornato a parlare dell'Italia in mala maniera.
Il settimanale di Londra di cui il Financial Times ha il controllo congiunto, ha pubblicato un'inchiesta speciale su quel che l'Italia ha fatto negli ultimi anni, ma soprattutto per quanto promette nei prossimi e per i sacrifici che dovrebbe accettare per scongiurare il declino. Una requisitoria senza sconti fatta da John Peet, il capo della sezione europea dell'Economist ed esperto di lungo corso delle peripezie italiane, se non altro per averle seguite da corrispondente a Bruxelles durante il varo dell'Euro.
Quella descritta dall'Economist è un'Italia che resta in una fase di ''lungo e lento declino''. Le cose da fare sono ancora molte. In cinque anni per il settimanale è cambiato poco: ''Avevamo detto che Berlusconi era inadeguato per guidare il Paese, e oggi lo confermiamo. Le cose non sono molto diverse''.
Nuovamente, il giudizio del settimanale britannico sullo stato di salute dell'economia del Paese è impietoso, e non lascia spazio all'ottimismo.

L'analisi sul Belpaese l'Economist l'ha intitolata: ''Addio, Dolce Vita'', e sotto riflettori impietosi sono stati messi in luce le troppe lacune del governo nella gestione della finanza pubblica, nelle riforme, nel processo di liberalizzazione del mercato.
Ritardi che non hanno giustificazione: ''Tremonti - leggiamo nell'inchiesta - aveva dato la colpa della debolezza dell'economia all'11 settembre. Adesso che è tornato a guidare il ministero dell'Economia la colpa è dell'euro e della Cina''.
Il settimanale stavolta non se la prende solo con il governo Berlusconi. Anche Romano Prodi potrebbe risultare ''inadeguato'' per guidare l'Italia. ''Se riuscirà a vincere - spiega John Peet -, Prodi troverà difficile introdurre riforme. La sua coalizione abbraccia nove partiti, alcuni dei quali ostacoleranno ogni cambiamento''.
Infatti, per vederci chiaro a 360°, Peet ha intervistato Romano Prodi e Francesco Rutelli nel centrosinistra, uomini di governo, eretici del centrodestra come Marco Follini e Domenico Siniscalco, Luca Cordero di Montezemolo e Alessandro Benetton fra gli imprenditori, uomini di finanza (fra loro Pierleone Ottolenghi e Giovanni Tamburi), gli economisti Giuseppe Bertola e Tito Boeri. Né mancano alcune delle voci più ascoltate dell'Italia nel mondo, dall'ambasciatore Sergio Romano a Mario Monti.
Dalle voci raccolte, la verità raggiunta da Peet è: nessuno dei due grandi raggruppamenti della politica ''offre molte speranze a quelli che credono che il Paese abbia bisogno di grandi e dolorose riforme''. E allora l'Italia rischia di fare la fine di Venezia, ''rimasta seduta troppo a lungo sui successi del passato, e oggi è poco più che un'attrazione turistica''.

L'Economist riconosce tuttavia che alcune cose positive sono state fatte. ''Il governo - scrive - è stato 'coraggioso' nella riforma delle pensioni e del mercato del lavoro''. Anche università e ricerca hanno fatto passi avanti. ''In politica estera - aggiunge - l'opera del governo può essere considerata come un successo''.
Si salvano dunque il ministro del Welfare Roberto Maroni (al quale però non risparmia critiche per aver proposto l'uscita dell'Italia dall'euro), Letizia Moratti e soprattutto Gianfranco Fini: ''Un uomo da tenere d'occhio''. Infatti per l'Economist, il ministro degli Esteri è il più probabile successore di Berlusconi se il centrodestra dovesse perdere le elezioni: ''Casini è un candidato possibile ma per la leadership è più plausibile Fini''.
L'unico leader più popolare del presidente di An, riconosce Peet nella sua analisi, è Walter Veltroni, ''figura di rilievo nazionale'' e ''sindaco di successo a Roma''.

Al di là dei progressi fatti, resta comunque il nodo delle mancate riforme. John Peet ha notato positivamente l'impegno di ''Giorgio La Malfa con il piano di Lisbona'' per rilanciare l'economia e accelerare le liberalizzazioni. A La Malfa riconosce inoltre di essere alla guida di uno dei pochi partiti liberali, sebbene molto piccolo. Ci sono anche i Radicali di Pannella, prosegue l'Economist, segnalando tuttavia che non sono presenti in Parlamento.

Secondo il numero uno di Telecom, Marco Tronchetti Provera, la fotografia scattata dall'Economist  ''è corretta. Ma ora guardiamo avanti. L'Italia sta recuperando credibilità all'estero e sul fronte delle riforme vedo segnali incoraggianti''. Credibilità messa a repentaglio, secondo Peet, dalle vicende delle Opa bancarie: ''Fazio ha fatto a pezzi la credibilità di Bankitalia, una delle poche istituzioni affidabili del Paese''.

- ''Addio, Dolce Vita''

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28 novembre 2005
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