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Addio Gabo e grazie!

E' morto lo scrittore "universale" Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel per la Letteratura

18 aprile 2014

"Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica cos truito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito."

E' morto lo scrittore e premio Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Marquez. 'Gabo' era stato ricoverato in ospedale il 3 aprile scorso a Città del Messico, nella clinica Salvador Zubiran per l'aggravarsi di una polmonite. Successivamente era stato dimesso. L'autore di Cent'anni di solitudine, romanzo chiave del realismo magico ibero-americano, aveva compiuto 87 anni il 6 marzo scorso. Negli ultimi giorni, secondo quanto avevano riferito i medici, le sue condizioni di salute erano apparse particolarmente delicate. La sorella Aida, 83 anni, intervistata dall'emittente colombiana Caracol sulle condizioni di salute del premio Nobel colombiano, aveva detto: "Dobbiamo essere pronti alla volontà di Dio. Uno vorrebbe che la gente fosse eterna, che non morisse mai, ma dobbiamo essere pronti alla volontà di Dio".

A pochi scrittori è toccata in vita la popolarità raggiunta da Garcia Marquez, i cui titoli più famosi, da quello del suo capolavoro, Cent'anni di solitudine a Cronaca di una morte annunciata, sono entrati nel bagaglio di tutti e parafrasati nell'uso comune. Tra tanti nomi di premi Nobel subito dimenticati, Garcia Marquez, che vinse il premio nel 1982, ha invece conosciuto un crescendo di successo. 
Non è un caso, ma la conferma di come con lui la letteratura sudamericana abbia trovato la reale coscienza della propria identità, saldando la tradizione culturale europea con il mondo e la tradizione locale in modo nuovo, risolto. Quel modo che sarà all'origine del boom dei narratori latinoamericani nel mondo negli anni '60.
E l'emblema non può che essere l'esemplare realtà della sua fantastica Macondo, la provincia di fantasia creata dallo scrittore e in cui si svolgono quasi tutti i suoi racconti, riflettendo verità e storia della Colombia d'oggi (l'abbandono e solitudine un po' di tutto il Sudamerica), dal cuore, dai riti, dal sentire così antico e magico.

Per anni giornalista di professione, Garcia Marquez è però con l'invenzione artistica, come sempre accade, che riesce davvero a rappresentare il senso di una condizione, di una realtà, verso la quale non è mai venuto meno il suo impegno ideologico e civile.
Nato a Aracataca nel 1928, Marquez ha frequentato a Bogotà la facoltà di giurisprudenza, già scrivendo e pubblicando su riviste i primi racconti, prima di arrivare al giornalismo, chiamato a Cartaghena per lavorare a 'El universal'. Nella capitale torna nel 1954 per collaborare a 'El Espectador' e l'anno dopo si reca in Europa, mentre esce il suo primo romanzo, Foglie morte. Un viaggio importante e in cui nasce, tra l'altro il forte legame con l'Italia e il nostro cinema, amato da sempre con quello francese, in opposizione alle produzioni americane. A Roma frequenta il Centro Sperimentale, conosce Cesare Zavattini e molti altri personaggi, come testimoniano le sue corrispondenze, ma anche un racconto intitolato La santa. A Bogotà scriveva "Una favola, girata però in un ambiente insolito, mescolando il reale e il fantastico in modo geniale, al punto che spesso non è possibile sapere dove finisce l'uno e dove comincia l'altro", non parlando, come potrebbe sembrare, della propria letteratura, ma recensendo 'Miracolo a Milano' di Vittorio De Sica.

Al suo ritorno, a cominciare dal 1961, escono i primi romanzi importanti, preparatori di Cent'anni di solitudine. La storia lunga un emblematico secolo della famiglia Buendia faticherà a trovare un editore e uscirà in Argentina nel 1967, dopo Nessuno scrive al colonnello, Il funerale della Mama Grande e La mala ora. In essi, come poi ne L'autunno del patriarca o il più apparentemente tradizionale Cronaca di una morte annunciata, appare evidente come la scrittura e la struttura del narrare di Marquez abbiano raggiunto una loro felice specificità, che si lega al contenuto stesso e alle sue fonti. Dietro restano tutte le grandi esperienze del romanzo americano e europeo del '900, da Faulkner, che con la sua Yoknapatawpha è il padrino di Macondo (oltre che di tutta la nuova letteratura latino americana), al monologo joyciano. Ad essi si aggiunge la tradizione barocca dei colonizzatori spagnoli, ma fusa con la cultura indigena in un gioco continuo di dissoluzione e rigenerazione, in un senso di morte che si intreccia con la vita e va oltre in una dimensione magica che intride ogni momento quotidiano, rivelandone poi alla fine la verità al di là del tempo.

La figura di Marquez non è però legata solo alla sua attività letteraria e la sua notorietà l’ha sempre usata anche quale megafono per un un impegno in nome della libertà e giustizia, valori spesso dimenticati dalle dittature sudamericane ma anche dai paesi del "socialismo reale", oltre che internazionalmente contro la pena di morte o per il disarmo. Amico di Fidel Castro, che ha definito "uno dei grandi idealisti del nostro tempo", ma cui ha sempre chiesto più democrazia, accanto a lui ha assistito all'Avana alla messa del Papa durante la storica visita pontificia del 1998.
Anche per questo, tra tante polemiche, è sempre vissuto più all'estero che nel proprio paese. Questo, specie dopo che negli anni '80 fu pretestuosamente associato dai militari boliviani alle attività dei guerriglieri dell'M-19, voci riprese quando si adoperò attivamente per le trattative di pace, poi fallite, promosse dal presidente conservatore Betancur.
Certi suoi discorsi, davanti ad alte assise internazionali, sono rimasti celebri, assieme alla precisazione che il suo nemico principale era l'imperialismo americano solo perché, da latino americano, è con esso che aveva diretta e quotidiana lotta. Proprio come il suo Arcadio Buendia a Macondo invasa da una grande piantagione di banane statunitense. E allora 'Gabo', come lo hanno chiamato fan e amici, ha usato la letteratura quale mezzo per rompere la solitudine della sua gente.

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18 aprile 2014
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