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Adesso è il "batterio killer" a far paura all'Europa

Dai cetrioli ai germogli di soia: in Germania è stata identificata la possibile fonte dell'epidemia di Echerichia Coli (E.coli)

06 giugno 2011

AGGIORNAMENTO
Il mistero dell'epidemia causata dal ceppo cattivo (0104:H4) dell'E.coli ritorna fitto. Le prime analisi di laboratorio, infatti, avrebbero "scagionato" i germogli di soia provenienti da un'azienda biologica della Bassa Sassonia e sospettati di essere all'origine dell'epidemia causata dal batterio killer. Già ieri sera il ministro della Sanità tedesco, Daniel Bahr, aveva messo in guardia contro le conclusioni affrettate: "Abbiamo chiare indicazioni che un'impresa di Uelzen è apparentemente una fonte di infezione, ora dobbiamo aspettare la conferma degli esami di laboratorio". E il laboratorio oggi ha stabilito che nei primi 23 campioni dei 40 presi in esame non c'è presenza del batterio pericoloso. Le analisi proseguono sugli altri 17 campioni, provenienti da un'altra azienda biologica che produce germogli di soia a Bienenbuettel, cittadina a 80 chilometri a sud di Amburgo.

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Dopo gli allarmi causati dalla "mucca pazza", dalla Sars, dall'aviaria, dalla "febbre suina", sinceramente avremmo preferito non parlarne. Però, non si può certo tacere su quanto sta accadendo in Germania con quella che sembra una vera epidemia, e sugli effetti che questa sta provocando nell'immaginario e nei sentimenti delle popolazioni europee sottoposte, per l'ennesima volta, ad una ondata di subdola paura.
Tutto è cominciato con dei cetrioli... In Germania muoiono delle persone con atroci dolori addominali. Si tratta di un qualcosa dentro i cetrioli. Senza sapere ancora nulla di certo, la stampa e gli organi di informazione ci parlano subito di un crollo delle vendite dell'ortaggio incriminato. Pochi giorni dopo si viene a sapere che i cetrioli tedeschi sono stati il veicolo dell'epidemia provocata dal batterio Echerichia Coli (E.coli). Brutta bestia, sembra. Fatto sta che tra gli italiani a dieta scatta l'allarme. "Il 70% dei miei pazienti mi ha chiesto di sostituire l'ortaggio incriminato con un'alternativa - affermava nei giorni scorsi, Sara Farnetti, nutrizionista del Policlinico Gemelli di Roma - perché allarmati dalle notizie sul batterio E.coli". "Il cetriolo andrebbe scagionato perché il vero problema è la mancanza d'igiene durante i passaggi nella filiera alimentare - aveva spiegato la dottoressa Farnetti - spesso le coltivazioni non rispondono ai criteri di sicurezza. Ed ecco che possono esplodere casi di epidemia come quella provocata dall'E.coli".

La scorsa settimana l'Organizzazione mondiale della Sanità conferma la pericolosità del batterio responsabile dell'epidemia in Germania, una variante "nota, ma mai circolata prima".
Giuseppe Cornaglia, presidente della Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid), ha dunque lanciato un appello: "La natura pan-europea dell'epidemia causata dal nuovo ceppo di Escherichia Coli e i vari problemi che questa comporta rafforzano la necessità di una cooperazione concertata al di là dei confini" dei singoli Paesi, "non solo per far fronte a questa epidemia, ma anche per gestire eventuali emergenze future". I microbiologi europei si sono confessati "preoccupati". E "non solo perché il nuovo batterio sta mettendo sotto pressione le strutture sanitarie" dei Paesi colpiti, "ma anche per la resistenza dell'agente infettivo agli antibiotici e per le più ampie implicazioni sulla capacità dell'Europa di far fronte sia a questa emergenza che a quelle future".
La Germania continua ad essere il Paese europeo in cui si concentrano la stragrande maggioranza dei casi della nuova infezione e tutti i decessi finora registrati tranne uno (segnalato in Svezia). "La gravità dell'infezione si sta traducendo in una grande pressione sui servizi sanitari, specie nell'area settentrionale della nazione - ha spiegato Winifred Kern, tesoriere dell'Escmid e responsabile del Centro malattie infettive e medicina dei viaggi dell'ospedale universitario di Friburgo, in Germania - A causa del gran numero di pazienti colpiti da complicanze potenzialmente mortali, infatti, questa zona del Paese è alle prese con problemi di disponibilità di letti per cure intensive".

Quindi, nessun problema in Italia. Nessuno, fino a quando non si trova traccia del "batterio killer" su un salame di cervo italiano. La notizia aumenta ulteriormente il panico delle persone, già molto preoccupati dai dati Oms sugli oltre 1600 casi di infezione legati all'epidemia con 10 Paesi europei coinvolti.
"Nessun allarmismo", ha subito rassicurato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio. Ma gli italiani non sembrano pensarla così. Infatti, secondo una ricerca della Coldiretti su dati Eurobarometro, il 62% dei cittadini del Vecchio Continente si dice preoccupato per la contaminazione da batteri. Una percentuale che sale al 79% in Italia, anche a causa della disinformazione. Il ministro Fazio ha ripetuto più volte che la paura degli italiani non è giustificata e che "qualsiasi correlazione con l'epidemia nella zona di Amburgo è comunque altamente improbabile, sia per la tipologia del prodotto, sia per la zona di provenienza".
Nonostante le rassicurazioni, le associazioni dei consumatori non ci stanno e hanno puntato il dito contro il ministero della Salute che, ha sottolineato il Codacons, "non ha preso alcun provvedimento serio per impedire che questa emergenza possa giungere anche in Italia". A giudizio del Codacons "fino a quando non sarà individuata l'origine della contaminazione" a titolo precauzionale vanno bloccate "tutte le importazioni di frutta e verdura, almeno quelle provenienti dai Paesi maggiormente coinvolti, Germania in primis". Le vendite di frutta e verdura, aggiunge l'associazione, sono crollate in Italia di almeno il 15%. E il 20% dei fruttivendoli non indica la provenienza del prodotto agricolo. Da parte sua, Federconsumatori insiste sull'informazione. "La salute e la sicurezza alimentare dei cittadini sono un diritto fondamentale - dice -. In una situazione così difficile è indispensabile che le istituzioni europee e italiane forniscano ai cittadini la massima informazione circa il cosiddetto batterio killer".
La situazione diventa ancora più complicata quando due giorni fa l'Italia sembra si sia aggiunta alla lista dei paesi in cui è arrivato il batterio E.coli enteroemorragica (Ehec). Non è un italiano, però, il primo probabile infetto ricoverato in un ospedale della penisola, ma un turista tedesco ricoverato all'ospedale di Merano per problemi intestinali. Comunque, il campione portato al laboratorio di Bolzano dove si è verificato se realmente di trattava del batterio, ha dato responso negativo.

Il ministro Fazio ha quindi ribadito che in Italia la situazione "è sotto controllo, non deve generare allarmismi e non deve modificare le nostre abitudini alimentari, a cominciare dal consumo di verdura e frutta cruda dopo averla lavata". A proposito dell’infezione di Escherichia coli "abbiamo allertato le Regioni, le strutture sanitarie e gli uffici sanitari alle frontiere, responsabili dei controlli sulle importazioni alimentari", ha precisato il ministro. Nei giorni scorsi, quando le autorità sanitarie tedesche avevano comunicato che i responsabili della diffusione del batterio potessero essere i cetrioli, "ne avevamo sequestrate diverse partite, per un totale di 16 quintali, prontamente dissequestrate quando tutte le analisi hanno dato risultati negativi. Abbiamo un efficiente sistema di sorveglianza sindromica - ha sottolineato il ministro - in grado di segnalare e curare tempestivamente eventuali casi". "Sinora non è giunta alcuna segnalazione di infezione da parte di questo ceppo di batterio E.coli, né nella popolazione italiana residente, né in turisti provenienti dalla Germania", ha concluso.

Intanto una nuova pista tedesca punta ai germogli di soia come origine dell'epidemia scatenata dal pericoloso batterio che, stando agli ultimi dati, ha ucciso 21 persone in Germania. Fonti sanitarie tedesche hanno affermato che la possibile causa dell'epidemia di Echerichia Coli in Germania potrebbe essere legata a germogli di soia contaminati. Un rappresentante del governo ha detto che gli epidemiologi hanno identificato nei germogli di soia la possibile fonte dell'epidemia affermando inoltre che è stato anche individuato, "con molta precisione", il percorso di distribuzione dei germogli sospetti. In Bassa Sassonia si sta procedendo da giorni all'analisi di oltre 130 prodotti alimentari. Quello sui germogli dovrebbe essere, evidentemente, il primo test risultato positivo.
I germogli di soia sono un alimento molto diffuso nella cucina etnica e tra i vegetariani per l'importante apporto di proteine. In Italia sono in genere consumati in estate, da soli o come condimento, e sono venduti in buste, vassoi o in scatola. Recentemente, come sottolinea la Coldiretti, si è diffusa anche la coltivazione casalinga. I prezzi variano dai 4 ai 6 euro al chilo per il prodotto venduto in vassoi, e nei supermercati è possibile acquistare germogli di soia di produzione italiana, quindi al sicuro dalla contaminazione, che è avvenuta sicuramente in Germania.

Dalla "mucca pazza" al "batterio killer": la paura nel piatto - In principio fu mucca pazza, seguita da influenza aviaria, dalla recente suina (il virus A/H1N1) e dal recentissimo allarme su alghe e sushi seguito al disastro nucleare di Fukushima. Le emergenze a tavola, che creano preoccupazioni più o meno giustificate, si traducono in pesanti costi economici. E, secondo le ultime stime diffuse nel marzo scorso proprio a 10 anni dall'allarme mucca pazza, ammonta ad almeno 5 miliardi il bilancio dei costi provocati al sistema economico dalle emergenze a tavola. Proprio la mucca pazza per dimensione e vastità è stata il primo e il più drammatico allarme affrontato in Italia, circa 10 anni fa. Secondo l'indagine Eurobarometro diffusa da Coldiretti, di fronte alla notizia che un prodotto alimentare non è sicuro ben il 13% degli italiani dichiara di escluderlo definitivamente dalla dieta, il 43% lo evita solo per un certo periodo di tempo, il 30% si preoccupa ma non cambia negli acquisti, il 12% ignora addirittura l'informazione, mentre gli altri non rispondono. Si stimano inoltre pari a 2 miliardi le perdite subite dal sistema della produzione, trasformazione e commercio della carne solo a seguito dell'emergenza mucca pazza, principalmente per il crollo dei consumi, che - sottolinea la Coldiretti - si sono quasi dimezzati nel momento più acuto della crisi, per poi riprendersi molto lentamente, nonostante le misure di prevenzione adottate. E nonostante la fine dell'emergenza, le paure a tavola sono dure a morire. Sono passati 10 anni, i riflettori sono ormai spenti, eppure mucca pazza fa ancora tremare gli italiani. Un connazionale su due - il 54% per l'esattezza - ne ha ancora paura, memore dello spauracchio della prima e più drammatica emergenza alimentare che il Paese ricordi. Ad allarmare, di recente, sono state la contaminazione da diossina nelle uova e nei mangimi animali in Germania e l'eventuale presenza di sostanze tossiche negli alimenti come il pesce o le verdure dopo l'esplosione della centrale nucleare in Giappone.

[Informazioni tratte da Adnkronos Salute, Ansa, Lasiciliaweb.it, Adnkronos/Aki]

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06 giugno 2011
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