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Adriano Sofri ha scontato la sua pena

L'ex leader di Lotta Continua torna libero dopo aver scontato una pena lunga 22 anni

17 gennaio 2012

Adriano Sofri torna libero. L'ex leader di Lotta Continua, condannato a 22 anni per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi, ha finito di scontare la pena. L'Ufficio di Sorveglianza di Firenze, infatti, ha firmato il provvedimento che sancisce la fine della pena che Sofri stava scontando ai domiciliari, nella sua casa sulle colline di Firenze, per motivi di salute.
Dopo un lungo iter giudiziario, Sofri era stato condannato (insieme a Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani) in via definitiva nel 1997 come mandante dell'omicidio di Calabresi, assassinato il 17 maggio del 1972, in base alla confessione e testimonianza dell'ex militante di Lotta Continua Leonardo Marino.
Sofri si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda e non ha mai presentato richiesta di grazia, anche se in un'intervista del 2009 al 'Corriere della Sera' pur ribadendo la sua innocenza si è assunto la corresponsabilità morale dell'omicidio.

Nel giugno del 2005 ha ottenuto la semilibertà per collaborare con la scuola normale superiore di Pisa alla sistemazione degli archivi di Eugenio Garin e Sebastiano Timpanaro. Nel novembre 2005 è stato colpito da una malattia piuttosto rara, la sindrome di Boerhaave: per questo venne ricoverato all'ospedale Santa Chiara di Pisa e gli venne concessa la sospensione della pena.
L'ex leader di Lotta Continua venne dimesso nel gennaio del 2006, tornando in libertà per il periodo di convalescenza rimanente. Ha trascorso gli ultimi 5 anni agli arresti domiciliari. Da oggi ufficialmente è un libero cittadino che ha finito di scontare la condanna a 22 anni reclusione.
"L'itinerario giudiziario della vicenda non mi ha mai convinto in alcun modo della responsabilià di Sofri", ha sottolineato all'Adnkronos il legale di Adriano Sofri, avvocato Alessandro Gamberini. "Se mi si chiede se il 'fine pena' appaga la mia coscienza rispondo quindi di no. Ma contemporaneamente questo non significa da parte mia voler rinfocolare le polemiche".

"Come sto? Sto a modo mio, ma non parlo. Magari tornate fra qualche giorno, ma solo per offrirvi un caffè, mi spiace". Sono state queste le uniche parole rivolte da Sofri a chi, suonando al campanello di casa, gli ha chiesto come si sentisse in questi primi giorni di totale libertà.
Il primo giorno da uomo libero, Adriano Sofri l'ha trascorso all'isola del Giglio, dove è stato testimone degli eventi che hanno seguito il naufragio della nave della Costa Crociere, eventi che poi ha descritto in un articolo su Repubblica. Sofri ha trascorso del tempo anche con il presidente della Toscana, Enrico Rossi, l'altro ieri sull'isola per un sopralluogo e alcuni incontri istituzionali. Riserbo, da parte di amici e familiari, su dove sia adesso Sofri: "Appena è stato libero - si è limitato a raccontare l'avvocato Gamberini - è andato all'isola del Giglio. Di più non so. Ma non credo che sia ancora là".

L'anarchico Pinelli, il commissario Calabresi e Lotta Continua - Classe 1942, massimo esponente del movimento extraparlamentare di sinistra 'Lotta Continua', Adriano Sofri è stato condannato a 22 anni di reclusione per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi, assassinato il 17 maggio del 1972. La sua storia giudiziaria è legata a doppio filo con uno dei più longevi misteri della storia italiana: la strage di Piazza Fontana a Milano del 12 dicembre del 1969, in cui persero la vita 16 persone. Polizia, carabinieri e governo accusarono gli anarchici del delitto. Dopo varie indagini, venne convocato in questura per un colloquio un semplice ferroviere di nome Giuseppe Pinelli, esponente dell'anarchia milanese. Era il presunto colpevole. Tre giorni dopo, durante uno dei tanti interrogatori a cui era stato sottoposto, Pinelli morì cadendo nel cortile della questura. Il questore interpretò il gesto come un suicidio, causato dal senso di colpevolezza di Pinelli e dal suo sentirsi ormai alle corde. Gli anarchici e la sinistra, invece, accusarono appunto il commissario Calabresi di aver "suicidato" il povero Pinelli. Lotta Continua scatenò, a quel punto, una violenta campagna di propaganda contro Calabresi.

Calabresi querelò Lotta Continua e, nel 1971, cominciò il tanto atteso processo. Poliziotti e carabinieri furono chiamati a testimoniare. Ma, a poche udienze dalla fine del processo, l'avvocato di Calabresi riuscì a ricusare il giudice istruttore, sostenendo di aver ascoltato una sua dichiarazione nella quale si diceva sicuro della colpevolezza del commissario. Il processo, di fatto, si blocca e le accuse nei confronti di Calabresi perdono consistenza.
Seguirà di lì a poco l'assassinio di Luigi Calabresi. Sono le 9,20 del 17 maggio 1972, quando il commissario viene freddato con un colpo di pistola alla nuca e un altro alla schiena. Il primo arresto di Sofri, Bompressi e Pietrostefani avviene nel 1988, in seguito alle confessioni alla procura del pentito Salvatore Marino, anch'egli aderente negli anni "caldi" all'organizzazione Lotta Continua.

Marino, dinanzi ai giudici, sostiene di esser stato lui a guidare la macchina servita per l'attentato. L'esecutore materiale invece, sempre secondo la ricostruzione di Marino, sarebbe Ovidio Bompressi. Le responsabilità di Pietrostefani e di Sofri sarebbero invece di ordine "morale" essendo i leader carismatici del movimento e quelli che dettavano gli ordini. I tre vennero arrestati e poi scarcerati in attesa del processo e si dichiararono del tutto estranei all'accusa. Il processo si concluse con le condanne a 11 anni per Marino e a 22 anni per le persone che aveva accusato.
Dopo una sequela di processi e dibattimenti, che ha sempre visto perdente la linea difensiva, Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi si sono consegnati spontaneamente al carcere di Pisa. La Cassazione ha emesso nei loro confronti una condanna a 22 anni di detenzione.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Repubblica.it]

 

 

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17 gennaio 2012
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