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Al di là della ''segreto professionale''. Uno psichiatra ha denunciato alla polizia il proprio paziente pedofilo

31 ottobre 2007

Un caso destinato a far discutere, più per lo squarcio creato sulla deontologia professionale di un medico rispetto ad un paziente, che per la brutalità di tutta la storia che l'ha scaturito.
E' successo a Palermo...
Un giovane di 23 anni è finito in manette dopo aver confessato al neuropsichiatra, presso il quale è in cura, di aver abusato delle sue quattro nipotine. Al proprio medico ha confessato anche di non riuscire proprio a dominare quegli impulsi che lo prendevano ogni volta che si trovava in casa con le piccole. E così lo psichiatra, andando contro il normale segreto professionale e pensando all'incolumità delle quattro bambine, è andato a denunciare tutto alla Polizia che ha fatto scattare l'indagine terminata con gli arresti domiciliari del giovane presso una casa di cura.

La vicenda prende il via alla fine del 2006, quando il neuropsichiatra si reca presso la Polizia giudiziaria di Palermo per denunciare quanto confessato, durante una seduta, da un suo giovane paziente. Il Pm Rita Fulantellai ha subito avviato l'inchiesta ascoltando i genitori delle quattro bimbe di 3, 6, 7 e 8 anni, che coincidevano esattamente con la confessione del ragazzo. In particolare, durante il pranzo del 26 dicembre 2006, giorno in cui tutta la famiglia era riunita, mentre gli adulti erano intenti a conversare in sala da pranzo, la nipotina di 3 anni era corsa in lacrime verso la madre, raccontando che lo zio le aveva toccato gli organi genitali. In quell'occasione il ragazzo, spaventato dalla possibile reazione dei familiari, si era chiuso in bagno non uscendo per tutta la giornata. Nessuno, in casa, aveva capito che il giovane molestava le nipotine, agli strani comportamenti di quel ragazzo con seri problemi psichici alle spalle erano abituati.

Le quattro bimbe, ascoltate dal Pubblico ministero e dal consulente tecnico, al momento dell'audizione ''apparivano tutte in uno stato di profonda e angosciosa sofferenza - hanno spiegato dalla Questura di Palermo - sollecitata dalla rievocazione delle esperienze di vittimizzazione sessuale subite ad opera dello zio''. Nonostante ciò, tutte le bimbe, apparse credibili, confermavano di avere subito palpeggiamenti e strusciamenti e che in alcune occasioni lo zio si era pure denudato ed aveva continuato ad accarezzarle.
Dopo un anno di indagini e in considerazione del fatto che il giovane aveva ammesso di essere assalito da quelle pulsioni che lo avevano spinto a commettere i fatti che quindi potrebbero essere reiterati, il Pm si è convinto dell'impossibilità di fare rientrare il giovane nel contesto familiare e della necessità di applicare nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari presso una casa di cura di Palermo.

Sull'eclatante, quanto corretto, comportamento del medico ha preso posizione la Società italiana di psichiatria, precisando subito che in merito al segreto professionale, lo psichiatra, come il medico, è tenuto a rispettarlo ma, in situazioni particolari e che possono configurare un pericolo per terzi, sono configurabili delle eccezioni, che lo specialista dovrà naturalmente successivamente giustificare. ''Quando cioè ci si trova dinanzi ad un paziente che confessa dei reati, come la pedofilia, l'atteggiamento dello psichiatra è quello di tentare di convincere il soggetto ad ammettere il reato commesso - ha spiegato il presidente della Società italiana di psichiatria, Carmine Munizza - offrendosi magari come 'tramite' per denunciare il reato stesso. Si tenta, cioè, di far acquistare al soggetto la consapevolezza della gravità di ciò che ha fatto''. Ma quando ciò non è possibile, ha spiegato ancora il dottor Munizza, allora ''la valutazione resta quella, personale, del professionista. Si tratta cioè di valutare se la confessione del paziente rappresenta o configura una situazione di pericolo immediato o molto probabile per soggetti terzi; in quest'ultimo caso, lo psichiatra può valutare e decidere di segnalare il caso, fermo restando che si assume la responsabilità del proprio atto, che andrà giustificato''.

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31 ottobre 2007
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