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Al processo "Borsellino quater"

La deposizione del procuratore Guido Lo Forte e il silenzio di Massimo Ciancimino

12 febbraio 2014

Paolo Borsellino fu infastidito dell'abbinata con Aliquò per gli interrogatori a Mutolo ma non disse mai di sentirsi tradito. E' cominciata con queste rivelazioni la deposizione del procuratore di Messina Guido Lo Forte al processo "Borsellino quater" per la strage di via D'Amelio che vede imputati, davanti alla corte d'assise di Caltanissetta, i boss Vittorio Tutino e Salvo Madonia e i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Calogero Pulci e Francesco Andriotta. Scarantino, detenuto con l'accusa di violenza sessuale nell'ambito di un'inchiesta della procura di Torino, era presente in aula.

Lo Forte, che all'epoca dell'uccisione del giudice Paolo Borsellino era sostituto procuratore a Palermo, ha parlato della gestione della collaborazione del pentito Gaspare Mutolo, affidata dall'allora procuratore Pietro Giammanco all'aggiunto Vittorio Aliquò. "Mutolo nel prospettare la sua intenzione di collaborare con la giustizia - ha detto - fece sapere di voler parlare con Borsellino, cosa che spinse Giammanco a disporre, nella delega ad Aliquò, una clausola che prevedeva una sorta di coordinamento con Paolo Borsellino. Paolo mostrò un certo disappunto - ha aggiunto il magistrato - per non essere stato investito formalmente delle indagini relative a Mutolo, tanto che con una battuta ci disse che era inutile che lui partecipasse agli interrogatori".

Formalmente la collaborazione del pentito cominciò l'uno luglio del 1992. All'interrogatorio partecipò Borsellino che fu poi presente anche ai due successivi interrogatori fissati al 16 e al 17 luglio. Lo Forte ha ricordato che Borsellino si allontanò dal luogo in cui avvenivano i colloqui con Mutolo per alcune ore. Nel corso di una delle pause il magistrato disse ai colleghi che sarebbe andato al ministero dell'Interno. Il teste non ha saputo dire se durante le pause degli interrogatori successivi Borsellino incontrò l'ex dirigente del Sisde Bruno Contrada e il capo della polizia Vincenzo Parisi. "Dopo la strage - ha spiegato - seppi che si era diffusa la voce secondo la quale Mutolo aveva anticipato a Borsellino di avere cose da dire su Contrada (poi condannato per mafia ndr) e sul pm Domenico Signorino (accusato di collusioni mafiose e morto suicida ndr)".
"La notizia secondo la quale Mutolo aveva manifestato la volontà di collaborare con la giustizia credo che trapelò dalla Procura di Firenze", ha ricostruito Lo Forte, e ha proseguito: "Mutolo aveva considerato come suo primo interlocutore virtuale Giovanni Falcone e successivamente Paolo Borsellino. Il 16 luglio, tre giorni prima della strage di via d'Amelio eravamo a Roma per gli interrogatori a Mutolo. La sera andammo a cena. Oltre a me, c'erano Borsellino, Natoli e l'onorevole Vizzini. Durante la cena, Vizzini parlò di Angelo Siino sostenendo che, a suo modo di vedere, Siino era stato effettivamente un protagonista della manipolazione degli appalti".

Il magistrato, a proposito delle indagini in corso sulla strage di Capaci, ha spiegato di aver sentito parlare delle intercettazioni di via Ughetti a Palermo in cui si parlava di un "attentatuni". Tuttavia, ha sottolineato: "Escludo che di questo se ne parlò nel giugno 92".
Ha aggiunto il procuratore: "Paolo Borsellino dopo la strage di Capaci manifestò la sua delusione per la mancata nomina di Falcone a procuratore nazionale antimafia ma non mi parlò mai di essersi sentito tradito da qualche suo collega. Borsellino - ha aggiunto ancora - considerò anche il contesto in cui si verificò la strage di Capaci, ovvero mentre l'Italia si accingeva ad eleggere il presidente della Repubblica. Sicuramente aveva un'agenda, non ricordo il colore, dove spesso, nel corso della giornata, annotava degli appunti". Il procuratore ha aggiunto che "Borsellino non escludeva che dietro la strage di Capaci ci fosse un piano di destabilizzazione, anzi, come dicevamo noi di stabilizzazione. Lui pensava a tante cose, non ad una sola. La sua opinione era che l'omicidio di Falcone, fatto in quel modo, doveva avere un significato che andava al di là degli interessi di Cosa Nostra circoscritti in un perimetro criminale".

La corte d'assise di Caltanissetta, dopo una schermaglia giuridica tra la Procura e il legale di parte civile di Salvatore Borsellino, ha deciso di esaminare Massimo Ciancimino come testimone assistito e non come imputato di procedimento connesso, impedendogli di potersi avvalere della generica facoltà di non rispondere. Ma Ciancimino, in ogni caso, non ha parlato: utilizzando la possibilità di non rispondere alle domande su fatti collegati a quelli di cui è accusato dai pm di Palermo e Caltanissetta, Ciancimino ha di fatto aggirato tutti i quesiti a lui rivolti dai magistrati nisseni Stefano Luciani, Domenico Gozzo e Daniele Paci, pubblica accusa al processo sulla strage di via D'Amelio.

A ogni domanda dei pm legata alla trattativa Stato-mafia, per l'accusa movente dell'omicidio del giudice Paolo Borsellino, sui suoi rapporti con gli ufficiali del Ros Mori e De Donno, sui contatti tra il padre e il boss Provenzano e sui contatti con personaggi dei Servizi, Ciancimino ha opposto la facoltà di non rispondere. La Corte ha contestualmente analizzato i capi di imputazione contestati al teste e di volta in volta l'ha autorizzato a rimanere in silenzio. Un botta e risposta di un'ora che di fatto ha reso evidente che il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, ritenuto dai pm palermitani teste chiave dell'inchiesta sul patto stretto tra Stato e Cosa nostra, non aveva nessuna intenzione di deporre al processo. Il teste si è anche rifiutato di riconoscere il cosiddetto papello, l'elenco con le richieste che il boss Totò Riina avrebbe fatto avere al padre di Ciancimino e tramite lui al Ros dell'Arma, per fare cessare le stragi. Alla strategia di Ciancimino si è opposto il legale di Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso, l'avvocato Fabio Repici.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno]

- I nitidi ricordi di Gaspare Mutolo (Guidasicilia.it, 17/01/14)

- Il grande depistaggio sulla strage di via D'Amelio (Guidasicilia.it, 22/01/14)

- "Borsellino incontrò Mancino due settimane prima di essere ucciso" (Guidasicilia.it, 29/01/14)

- La corsa contro il tempo di Paolo Borsellino (Guidasicilia.it, 05/02/14)

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12 febbraio 2014
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