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Al Sud due giovani su tre non lavorano

Dati Svimez per il 2011: negli ultimi due anni nelle regioni meridionali il tasso di occupazione è sceso dal 46% del 2008 al 43,9% del 2010

30 luglio 2011

Un Sud che arranca, pur lasciandosi alle spalle la recessione più grave dal dopoguerra, con Abruzzo, Sardegna e Calabria che guidano la ripresa, ma con un tasso di disoccupazione ancora alle stelle.
È il quadro che emerge dal paper "Nord e Sud: insieme nella crisi, divergenti nella ripresa", che anticipa i principali indicatori economici del Rapporto Svimez 2011 sull'economia del Mezzogiorno, che saranno resi noti il prossimo 27 settembre.

In base alle valutazioni di preconsuntivo, nel 2010 il Mezzogiorno ha segnato rispetto all'anno precedente un modesto +0,2%, ben lontano dal +1,7% del Centro-Nord. Non va meglio nel medio periodo: dal 2001 al 2010 il Mezzogiorno ha segnato una media annua negativa, -0,3%, decisamente distante dal + 3,5% del Centro-Nord. In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno è passato dal 58,8% del valore del Centro Nord nel 2009 al 58,5% del 2010.
L'area che nel 2010 ha trainato il Paese è stata il Nord-Est (+2,1%), seguita da Centro (+1,5%) e Nord-Ovest (+1,4%). A livello regionale, la forbice oscilla tra il boom del Veneto (+2,8%) e la flessione della Basilicata (-1,3%). All'interno del Mezzogiorno, la crescita più alta spetta all'Abruzzo (+2,3%), che recu-pera in parte il calo del 2009 (-5,8%) grazie alla ripresa dell'industria e alla buona perfor-mance dei servizi. Grazie alla crescita del terziario registrano segni positivi anche Sarde-gna (+1,3%) e la Calabria (+1%). Se la Sicilia è praticamente stazionaria (+0,1%), registrano segni negativi Puglia (-0,2%), Molise e Campania (-0,6%).
Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l'Abruzzo (21.574 euro), che comunque registra un valore di circa 2.200 euro al di sotto dell'Umbria, la regione più debole del Centro-Nord. Seguono il Molise (19.804), la Sardegna (19.552), la Basilicata (18.021 euro), la Sicilia (17.488), la Calabria (16.657) e la Puglia (16.932). La regione più povera è la Campania, con 16.372 euro.

In Italia "i consumi a livello nazionale crescono moderatamente nelle famiglie (+1%), mentre calano nella Pa per effetto delle manovre correttive (-0,6%)", evidenzia il rapporto. A livello disaggregato, spiega lo studio, la performance nelle due aree è simile nella spesa della Pa (-0,5% al Sud, -0,6% al Centro-Nord). Non è così per le famiglie: nel 2010 l'incremento della spesa nel Mezzogiorno è stato un terzo del Centro-Nord (+0,4% contro +1,3%). In particolare, i consumi di vestiario e calzature sono aumentati nel Centro-Nord del 3,9%, solo dello 0,7% al Sud; giù invece la spesa per beni alimentari (-0,4%), rispetto al +0,3% dell'altra ripartizione, una chiara indicazione delle difficoltà delle famiglie meridionali a sostenere il livello di spesa. Da segnalare che dal 2000 al 2010 la spesa delle famiglie al Nord è cresciuta dello 0,5%, al Sud è scesa dello 0,1%. Più elevata nel periodo la spesa della PA: +1,4% al Sud, +1,6% nel Centro-Nord.

A livello settoriale il Sud registra nel 2010 una crescita del valore aggiunto doppia rispetto al Centro-Nord (+1,4% rispetto al +0,7%) nell'agricoltura, che spezza il ciclo negativo iniziato nel 2005. Riguardo all'industria in senso stretto, la crescita al Sud è del +2,3%, meno sostenuta che al Centro-Nord (+5,3%).
Negli ultimi due anni il tasso di occupazione è sceso al Sud dal 46% del 2008 al 43,9% del 2010, al Centro-Nord dal 65,7% al 64%. Su 533mila posti di lavoro in meno in tutto il Paese dal 2008 al 2010, ben 281mila sono stati nel Mezzogiorno. Con meno del 30% degli occupati italiani, al Sud si concentra dunque il 60% della perdita di posti di lavoro. Valori drammaticamente bassi e in ulteriore riduzione si registrano in Campania, dove la-vora meno del 40% della popolazione in età da lavoro, in Calabria (42,2%) e Sicilia (42,6%).
La vera emergenza è quella dei giovani del Sud dove "due su tre sono a spasso" e oltre il 30% dei laureati under 34 non lavora e non studia. Un Sud dove le famiglie hanno difficoltà a spendere e il tasso di disoccupazione effettivo volerebbe al 25%, considerando chi il lavoro lo vuole, ma non sa dove cercarlo.
Tra cassa integrazione e scoraggiati, uno su 4 non lavora. Se consideriamo tra i non occupati anche i lavoratori che usufruiscono della Cig e che cercano lavoro non attivamente (gli scoraggiati), il tasso di disoccupazione corretto salirebbe al 14,8%, a livello nazionale, dall'11,6% del 2008, con punte del 25,3% nel Mezzogiorno (quasi 12 punti in più del tasso ufficiale) e del 10,1% nel Centro-Nord.

Nel Mezzogiorno - secondo i dati del Rapporto - il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (il dato medio del 2009 era del 33,3%; per le donne nel 2010 non raggiunge che il 23,3%), segnando un divario di 25 punti con il Nord del Paese (56,5%). "La questione generazionale italiana - segnala la Svimez - diventa quindi emergenza e allarme sociale nel Mezzogiorno". Aumentano, inoltre, i giovani Neet (Not in education, employment or training) con alto livello di istruzione. Quasi un terzo dei diplomati ed oltre il 30% dei laureati meridionali under 34 non lavora e non studia. "Sono circa 167 mila i laureati meridionali fuori dal sistema formativo e del mercato del lavoro, con situazioni critiche in Basilicata e Calabria. Uno spreco di talenti inaccettabile". In sette anni (2003-2010), al Sud, gli inattivi (né occupati né disoccupati), sono aumentati di oltre 750mila unità.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it]

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30 luglio 2011
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