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Al Vaticano le leggi italiane non stanno più bene

La Santa Sede ha deciso di modificare il meccanismo del proprio ordinamentio giuridico

03 gennaio 2009

"Le leggi italiane sono troppe mutevoli e, spesso, contraddittorie tra loro. Per non parlare di quelle norme che, di fatto, contrastano con la morale cristiana!"
Ecco perché il Vaticano ha deciso di modificare il meccanismo che quasi automaticamente recepiva nel piccolo Stato le leggi italiane.
Insomma, ha spiegato nei giorni scorsi L'Osservatore Romano, con l'entrata del nuovo anno, nello Stato Vaticano entra in vigore la nuova legge sulle fonti del diritto approvata lo scorso primo ottobre dal Papa, in sostituzione della legge, fino a oggi vigente, del 7 giugno 1929.

Si tratta, ha scritto il giornale della Santa Sede, di "un evento importante per l'ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano". Tra i cambiamenti, precisa l'Osservatore Romano, quello del meccanismo che portava a recepire nel piccolo Stato le leggi italiane, come conseguenza del fatto che "in non poche occasioni i Romani Pontefici hanno riconosciuto la maggioranza o quasi totalità dei sudditi vaticani come cittadini italiani". "Mentre nella legge precedente - ha spiegato il quoatidiano vaticano - operava una sorta di recezione automatica che si presumeva come regola, solo eccezionalmente rifiutata per motivi di radicale incompatibilità con leggi fondamentali dell'Ordinamento canonico o dei trattati bilaterali, nella nuova disciplina si introduce la necessità di un previo recepimento da parte della competente autorità vaticana. Tale norma è vigente anche nei casi nei quali potrebbe presumersi una recezione ope legis".

Oltre al duro giudizio, letto all'inizio, che l'Osservatore ha dato alla legislazione Repubblicana, sono anche altre le motivazioni che hanno portato il Vaticano a modificare il proprio ordinamento giuridico. "Più di un motivo sembra giustificare quest'ulteriore cautela nella recezione della legislazione italiana, rispettata nella sua propria sovranità, ma chiamata nello stesso tempo a rispettare e a confrontarsi con quella vaticana. Ne indichiamo - spiega ancora la nota del quotidiano - solo tre: in primo luogo il numero davvero esorbitante di norme nell'Ordinamento italiano, non tutte certamente da applicare in ambito vaticano; anche l'instabilità della legislazione civile per lo più molto mutevole e come tale poco compatibile con l'auspicabile ideale tomista di una lex rationis ordinatio, che, come tutte le operazioni dell'intelletto, cerca di per sè l'immutabilità dei concetti e dei valori; e infine un contrasto, con troppa frequenza evidente, di tali leggi con principi non rinunziabili da parte della Chiesa".

[Informazioni tratte da Corriere.it, Repubblica.it]

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03 gennaio 2009
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