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Al Vinitaly 2007 l'antica cultura del vino in Sicilia con una mostra della Fondazione Banco di Sicilia

14 marzo 2007

Con una mostra di reperti del VI - IV sec. a.C. delle collezioni del Museo d'Arte e Archeologia Mormino di Palermo, la Fondazione Banco di Sicilia sarà quest'anno presente a Verona alla Fiera Internazionale Vinitaly 2007.
L'esposizione fornisce un quadro sulla storia della produzione e della diffusione del vino in Sicilia nel periodo della colonizzazione dell'antica Grecia. Infatti, tutte le ceramiche esposte, rinvenute per la maggior parte a Selinunte nel corso delle campagne di scavo finanziate dal Banco di Sicilia negli anni Sessanta, hanno una diretta attinenza con il vino e col suo utilizzo per scopi rituali e religiosi.

Nata nel dicembre del 1991, la Fondazione Banco di Sicilia si pone come scopo prioritario quello di favorire la crescita sociale, culturale ed economica della Sicilia. La partecipazione a Vinitaly s'inquadra proprio nella politica di valorizzazione dell'Isola perseguita dall'ente, e persegue l'obiettivo di promuovere il prodotto siciliano all'interno di una ''vetrina'' così importante in cui sono presenti numerosi operatori del settore vitivinicolo italiani e stranieri.
La Fondazione si adopera quotidianamente per valorizzare il patrimonio dell'isola, per sostenere i beni culturali, supportare l'educazione, incentivare la ricerca scientifica e stimolare lo sviluppo sostenibile. Essere a Vinitaly consente di guardare alla storia della Sicilia dal punto di vista della produzione del vino, che oggi, grazie allo sviluppo di numerose aziende dell'isola, è uno dei settori più all'avanguardia.
Del resto, la mostra allestita dalla Fondazione ha un doppio valore anche perché il rapporto fra il vino e l'Isola è fra i più antichi e consolidati: la Sicilia, infatti, è stata la prima regione d'Italia in cui sono arrivati il vino e la coltivazione della vite, ad opera dei Fenici nella seconda metà dell'VIII sec. a.C. L'affermazione del consumo del vino quale bevanda di uso quotidiano e la diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo si deve, comunque, ai Greci che attribuirono l'invenzione della vinificazione a Dioniso, il dio della linfa, il dio delle feste, il dio che fa crescere la vigna in un giorno.

La selezione delle opere ha curato la presenza sia delle più diffuse forme ceramiche utilizzate per il vino, sia delle ceramiche figurate con scene che riguardano Dioniso e i personaggi della sua cerchia (satiri e menadi) ripresi in alcune delle innumerevoli rappresentazioni riportate dalle fonti letterarie e dalla mitologia. Fra le ceramiche più significative bisogna soffermarsi sul cratere a calice protosiceliota a figure rosse del 410-380 a.C., che presenta una scena di grande fascino con una danzatrice di pirrica fra due figure femminili affiancate, un satiro con Eros a cavalcioni e una menade in fuga inseguita da un satiro che regge una torcia. La pirrica è una danza in armi legata al fuoco delle torce che si esegue con un ritmo molto dinamico. Nella tradizione popolare lo svolgimento della danza pirrica subisce diverse interpretazioni, conservando però la matrice di danza guerresca.
La maggior parte delle ceramiche esposte a Verona venivano utilizzate esclusivamente durante il simposio (sympòsion, bere insieme), uno degli eventi sacrali e sociali più importanti dell'antica Grecia, che vedeva riuniti per discutere o per festeggiare nel dopo cena un gruppo di uomini, dai sette agli undici, ai quali veniva servito il vino, nettare degli dei, annacquato, per poter bere senza ubriacarsi, spesso in presenza di ballerine e suonatrici di flauto. Venivano inoltre effettuati dei giochi agonistici, fra questi il più diffuso era il kottabos, la cui invenzione nel VI secolo a.C. è stata attribuita a un giovane siciliano di origini greche.

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14 marzo 2007
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