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Alfano il delfino

Silvio Berlusconi al Financial Times: "Non mi ricandido a premier. Il mio erede è Alfano"

06 febbraio 2012

"Sono ancora giovane". Lo ha detto Silvio Berlusconi in una intervista al Financial Times, ammettendo però che potrebbe risultare troppo anziano per correre come candidato premier alla campagna elettorale prevista per il 2013. "Mi sono dimesso a novembre - ha spiegato il Cavaliere al principale giornale economico-finanziario del Regno Unito - a causa della ossessiva campagna mediatica nazionale e straniera che ha accusato me e il governo per l'alto spread dei titoli italiani e per la crisi del mercato azionario". Per questo, "dopo aver esaminato le cause della crisi, che non risiedevano in Italia ma nell'Europa e nell'euro, - ha aggiunto Berlusconi - ho ritenuto che se fossi rimasto al governo avrei danneggiato il paese perché avremmo assistito ad altre terribili campagne mediatiche". Quindi, "mi sono fatto da parte, e con una certa eleganza".

In questo stato di cose, il Cavaliere ha ribadito che il suo "erede" resta Angelino Alfano chiarendo, per la prima volta, che il suo partito farà le primarie per scegliere il suo candidato a primo ministro. Lui, invece, svolgerà il ruolo di king maker dietro le quinte, come 'padre fondatore' del partito.
Della sua popolarità non se ne preoccupa affatto, perché, ha sostenuto Berlusconi con una battuta, "se vado per strada, blocco il traffico. Sono un pericolo pubblico, non posso uscire a fare shopping". E ha sottolineato che il suo livello di gradimento è pari al 36%, "quasi il doppio di quello di cui godono Angela Merkel e Nicolas Sarkozy".
Breve spazio per i processi Mills al caso Ruby: sono "sereno" riguardo all'esito, ha detto l'ex premier al Financial Times. E su tutto regna un auspicio: "Che questo governo, sostenuto per la prima volta dall'intero Parlamento, abbia la chance per proporre grandi riforme strutturali, a partire dall'architettura istituzionale dello Stato". [Adnkronos/Ign]

Il segretario Alfano torna "delfino". Annuncio surreale del Cav, mentre Verdini prepara la guerra "all'ultima tessera" - "Ho abbandonato la prima fila", ha detto Silvio Berlusconi ad un giornalista inglese, ed ha aggiunto: "Il mio successore è Angelino Alfano". Niente di nuovo, in verità, ma è come se le parole del Cav fossero state scolpite sul marmo. Nel partito le hanno percepito come un messaggio di commiato. Il leader abbandona la prima linea e designa, ancora una volta, il delfino. Lo fa mentre si svolgono le primarie del Pdl in molte città italiane, suggellando la svolta democratica del partito, che vedrà nella elezione del segretario, a conclusione dei congressi.
Mentre Silvio Berlusconi designa il successore, Angelino Alfano assicura che la successione al Cav avverrà con la celebrazione dei congressi. Pur avendo abbandonato la prima linea, Berlusconi considera il partito cosa sua e vuole imporre il successore, costi quel che costi? O cerca di forzare semplicemente la mano, per dare qualche vantaggio ad Angelino Alfano, in difficoltà? E quel ribadire la volontà di cedere lo scettro a Alfano, avvantaggerà il delfino?
Sono le domande che nel Pdl si fanno in tanti.

In questi giorni si è combattuta sotto traccia la guerra fredda fra gli ultras berlusconiani (Daniela Santanchè, Ignazio la Russa, un folto gruppo di milanesi) e l'ala moderata, rappresentata da Angelino Alfano. Il segretario l'ha spuntata perché la Corte d'Appello di Milano gli è venuta incontro, senza saperlo, giudicando ammissibile l'istanza di ricusazione dei legali di Berlusconi contro i giudici del tribunale di Milano. L'ammissibilità fa scattare di fatto la prescrizione e il tribunale non potrà emettere la sentenza, assai probabilmente di condanna.
I marines di Daniela Santanché sono stati convinti, a quanto pare dallo stesso Berlusconi, a fare un passo indietro, perché la manifestazione contro i magistrati lombardi sarebbe diventata un boomerang.

Marco Damilano in report sul Pdl dell'Espresso ha descritto un clima di malcontento della base ed una condizione generalizzata di scoramento, ed ha scoperto che Angelino Alfano avrebbe più di nemici di quanto non appaia. "La piazza pro-Silvio - scrive Damilano -, si sarebbe rapidamente tramutata in un girotondo degli ultras berlusconiani, chiamato ad urlare il suo dissenso contro il segretario del Pdl, troppo remissivo con il governo Monti".
Ma ci sarebbe dell'altro. Osvaldo Napoli, ascoltato da Damilano, ammette che "c'è uno scollamento fra Angelino Alfano e il coordinatore organizzativo nazionale, Denis Verdini". Verdini cavalcherebbe il malcontento generalizzato. Non più, dunque, Roberto Formigoni, occupato a curarsi le ferite della sua giunta "mascariata" dagli scandali, e dalla Lega Nord, che ricatta la maggioranza per ottenere il dissenso su Monti. Denis Verdini starebbe preparando una specie di redde rationem, il momento della verità, perché alla fine si sappia chi comanda nel Pdl dopo il tesseramento, che non ha regalato, come si prevedeva, quel quintale di tessere meridionali temuto dall’enclave nordista del Pdl.
La fronda attacca il segretario siciliano sul piano caratteriale e fa circolare l'idea che sia solo un uomo di facciata, buono a fare discorsi, senza muscoli. Un'altra cosa rispetto al Cav ed alla sua strategia della tensione permanente, che ha fatto la fortuna del partito. Ma c'è chi, secondo Damilano, vede nell’atteggiamento remissivo di Angelino Alfano, addirittura un disegno, la volontà di autoaffondamento del partito per ricostruirlo nuovo di zecca, insieme alla vecchia guardia democristiana dei Pisanu,ed a Pier Ferdinando Casini. Insomma, la nuova balena bianca in edizione riveduta e corretta, che Angelino Alfano ha chiamato Partito popolare europeo. [SiciliaInformazioni.com]

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06 febbraio 2012
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