All’Italia l’onere di rilanciare il fallito WTO
A Bruxelles, dopo aver tirato le orecchie agli Usa, si ridiscute dei negoziati di Doha
Oltre ad analizzare gli elementi dell'insuccesso della "V Conferenza mondiale del Wto", l'obiettivo dell'Unione Europea è quello di mettere a punto una strategia di salvataggio dei negoziati e rilanciare la liberalizzazione del commercio internazionale.
Le questioni da affrontare sono numerose a partire dalle tematiche di Singapore (quattro i temi in agenda: concorrenza, trasparenza negli appalti pubblici, investimenti e facilitazioni al commercio) alla politica agricola, che dopo la riforma lascia al Wto un margine di manovra più ampio, alle indicazioni geografiche, tema caro soprattutto all'Italia che punta all'istituzione di un registro multilaterale delle denominazioni d'origine ed all'estensione della tutela ad altri prodotti oltre ai vini ed alcoli, già inclusi nell'Agenda di Doha.
Dopo l'incontro con i ministri dei 15 paesi membri e dei 10 prossimi all'ingresso, il Vice Ministro si recherà al Parlamento europeo insieme al Commissario al commercio Pascal Lamy per presentare un documento che delinea come l'Unione Europea possa ancora contribuire al recupero dei negoziati già a partire dall'incontro di Ginevra del 15 dicembre.
"Questo tentativo di rilancio – ha detto Urso - avviene in un momento delicato, in particolare per quel che concerne la situazione delle nostre relazioni con gli Stati Uniti riguardo ai due più importanti contenziosi attualmente sul tappeto, le misure di salvaguardia sull'acciaio, di cui è già stata sanzionata l'illegalità e le questione delle Foreign Sales Corporations (FSC), i benefici fiscali di cui usufruiscono grandi gruppi americani incompatibili con il regolamento del Wto".
"La Commissione auspica di avere inviato un chiaro messaggio agli Stati Uniti" ha affermato il commissario al Commercio Ue, Pascal Lamy, che ha aggiunto che "la persistente mancata applicazione delle decisioni della Wto tre anni dopo la scadenza del termine inizialmente fissato dall'organizzazione è inaccettabile". Mano dura sì, ma porte aperte ad una soluzione meno drastica: Lamy ha spiegato che Bruxelles ha "optato per un approccio moderato, lasciando agli Usa la possibilità di agire prima del marzo 2004".
Oltreoceano non l'hanno presa bene: "Le sanzioni europee sulle importazioni americane non aiutano", ha fatto sapere l'ambasciatore americano presso l'Ue, aggiungendo che gli Usa pensano di "avere una soluzione".
In realtà la vicenda si trascina da anni, fin dal 1984, quando l'amministrazione Reagan introdusse una riforma fiscale per cui le imprese commerciali. Ma poca cosa le giustificazioni, l'organo di appello dell'Organizzazione mondiale del commercio ha dichiarato "illegale" i dazi (oscillanti fra l'8% e il 30%) sulle importazioni di dieci comparti del settore siderurgico dei paesi Ue e di altri Stati imposti dagli Usa fin dal marzo del 2002. Subito dopo il via libera di Washington ai super-dazi, assieme a Giappone, Brasile, Corea, Cina, Nuova Zelanda e Norvegia, la Commissione Ue aveva avviato una procedura davanti alla Wto, che a luglio ha riconosciuto - in prima battuta - che le misure di salvaguardia americane sono in contrasto con le norme del commercio mondiale.
Urso ha precisato di non volere guerra commerciale, ma l’Italia, di turno alla presidenza europea, farà il possibile affinché i partner d'oltreoceano si conformino al più presto con gli impegni internazionali.
"Per quel che riguarda le altre questioni in agenda – ha concluso Urso - intendiamo orientare la nostra strategia su un dialogo costruttivo e pragmatico, avendo ben in mente l'urgenza di rispondere alla realtà che abbiamo conosciuto a Cancun. In particolare occorre un dialogo serrato con il G21, la nuova forza emersa propria dalla conferenza messicana, mantenendo tuttavia ben saldi i pilastri del nostro approccio, a cominciare dalle priorità negoziali dell'Unione".