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All'ombra dell'albero Falcone

Senza Falcone e Borsellino diverse sarebbero la Sicilia e l'Italia, ma la ''nuova nazione'' da loro sognata...

25 maggio 2009

E' finito ieri il viaggio in Sicilia del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per le commemorazioni della strage di Capaci del 1992. Ultima tappa Racalmuto, dove il presidente della Repubblica ha reso omaggio a Leonardo Sciascia.
Sabato 23 maggio, salutando le rappresentanze della società civile che si sono date convegno nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone di Palermo Napolitano, dopo aver elencato la necessità dell'impegno delle istituzioni, delle forze dell'ordine e della società civile, ha detto: "Sappiamo che contano altre cose importanti per sconfiggere la mafia e la criminalità in Sicilia e nel Mezzogiorno. Come ho già detto in precedenti occasioni, con la qualità della politica, il prestigio delle istituzioni democratiche, l'efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, conta la crescita della coscienza civica e della fiducia nello stato di diritto: fiducia che costituisce un vero e proprio capitale sociale e che può rafforzarsi solo in un clima di rispetto, in ogni circostanza, degli equilibri costituzionali da parte di tutti coloro che sono chiamati ad osservarli. E conta ogni intervento capace di incidere sul divario tra Nord e Sud, sull'arretratezza, per molteplici aspetti, delle condizioni del Mezzogiorno, sulla carenza di prospettive di occupazione qualificata".
Il presidente ha affermato che "può essere determinante" per raggiungere questi obiettivi "la sollecitazione, lo stimolo, la discesa in campo, un nuovo slancio di partecipazione democratica delle giovani generazioni". Noi delle istituzioni, ha concluso, "guardiamo ad esse nello stringerci oggi nuovamente nell'abbraccio solidale ai familiari di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, e nel ricordo riconoscente del loro sacrificio e della loro opera".

E poi il ricordo vivo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino:
"Li onoriamo e li ammiriamo come autentici eroi di quella causa della legalità, della convivenza civile, della difesa dello Stato democratico con la quale si erano identificati e come costruttori di un più valido presidio giuridico e istituzionale di fronte alle sfide della criminalità organizzata".
Il presidente della Repubblica ha infine invitato a pensare quanto "ben diversa sarebbe la condizione della Sicilia e dell'Italia se non ci fosse stato in quest'aula lo storico maxiprocesso contro la mafia istruito da pool di Falcone e Borsellino e se non fossero seguiti esistenziali provvedimenti di legge", e ha voluto ricordare le "amarezze" che Falcone "purtroppo conobbe e che non gli impedirono di fare fino in fondo la sua parte lasciandoci in eredità strumenti preziosi da rafforzare e aggiornare via via e da impiegare con determinazione e coerenza".

Finito il convegno, al grido di "Giovanni e Paolo", è partito dal bunker del carcere Ucciardone il corteo di oltre 2.500 studenti, provenienti da tutta Italia. I giovani come sempre hanno puntato su via Notarbartolo all'albero Falcone, divenuto ormai tra i luoghi simbolo della lotta alla mafia. Lungo il percorso molti gridano "venite fuori" per incitare gli abitanti delle strade attraversate a unirsi a loro. Pochissimi i cittadini affacciati ai balconi per assistere al passaggio del corteo; a differenza degli altri anni, nessun lenzuolo con le immagini di Falcone e Borsellino è stato appeso alle finestre.
In testa al corteo i ragazzi hanno marciato tenendo in mano uno striscione con scritto "Insieme per non dimenticare". Tra gli studenti anche gli alunni dell'Itis dell'Aquila, la cui scuola è stata danneggiata dal sisma, Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato, e il vicesindaco di Palermo Mario Milone. Tra la folla il senatore del Pd Giuseppe Lumia che ha detto amaramente: "La politica, in Italia, non ha mai fatto della lotta alla mafia una reale priorità".

Un corteo parallelo, composto da oltre 500 studenti di scuole elementari e medie, è partito contemporaneamente da via D'Amelio: in testa uno striscione con su scritto "Verità e giustizia, addio mafia". Tra le persone in marcia anche don Luigi Ciotti e Rita Borsellino. "Se ci fossero istituzioni più perseveranti accanto a questi ragazzi già la mafia sarebbe stata sconfitta. La memoria è il loro futuro", ha affermato la sorella del giudice Paolo, ucciso il 19 luglio del '92 con un autobomba proprio in via D'Amelio.
"Credo che Falcone e i ragazzi della scorta oggi sono contenti perché è stato dato un nome ai mandanti dell'omicidio Rostagno. Fra i beni sequestrati c'è anche la Calcestruzzi ericina", ha ricordato don Ciotti, presidente di Libera. "Il loro sacrificio non è stato inutile - ha aggiunto -, bisogna continuare a cercare la verità. Il 70% dei familiari delle vittime di mafia non conosce la verità. Oggi dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è arrivato un monito importante".

All'arrivo all'Albero Falcone un minuto di silenzio per ricordare l'ora esatta, le 17.58, in cui il tritolo di Cosa nostra spazzò via a Capaci le vite del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta. Ad annunciare il silenzio il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che insieme ad alcuni ragazzi della consulta degli studenti recita brani tratti dalla "Ballata dei bambini morti di mafia" di Luciano Violante.
Il minuto di raccoglimento in via Notarbartolo è arrivato dopo alcuni momenti di ilarità con i comici Ficarra e Picone. Sul palco, allestito sotto l'albero, anche Maria Falcone. Secondo gli organizzatori sono stati circa 10 mila le persone che hanno partecipato alla manifestazione.

Una polemica di cui nessuno sentiva il bisogno - "Giovanni Falcone ebbe contro una parte cospicua della sinistra giustizialista, di quella presente nella magistratura e di quella più propriamente politica, oggi distribuita tra Idv e Pd, che gli condusse contro una lotta senza esclusione di colpi, anche a livello di Csm". Queste le parole di Fabrizio Cicchitto, nel giorno del 17° anniversario dalla strage di Capaci, che hanno innescato la dura reazione dell'Italia dei Valori.
Per il capogruppo del Pdl alla Camera "non si può fare a meno di ricordare che gli esponenti della sinistra giustizialista ancora pontificano e non hanno mai chiesto scusa. Si tratta, anche se si cerca di farla cadere nel dimenticatoio, di una storia drammatica e autentica - ha concluso Cicchitto - tant'è che sul tema ebbe a pronunciare parole indimenticabili Ilda Boccassini".

Le parole dell'esponente di maggioranza hanno provocato la replica immediata del gruppo guidato da Antonio Di Pietro. Per il presidente dei senatori dell'Idv, Felice Belisario "il tentativo di Cicchitto di far ricadere anche su esponenti dell'Italia dei Valori delle responsabilità per la strage in cui rimasero vittima Giovanni Falcone e la sua scorta è patetico e vergognoso. Usare strumentalmente una strage di mafia per un becero tornaconto elettorale è una cosa che non ci aspetteremmo nemmeno da un politico spregiudicato come il presidente dei deputati del Pdl". Per Belisario "dovrebbe essere Berlusconi a chiedere scusa oggi per i quotidiani attacchi alla magistratura che hanno il solo scopo di delegittimare i giudici con le parole e con le leggi ad personam che per salvare un uomo dai processi mortificano ogni giorno il lavoro dei magistrati". Massimo Donadi, capogruppo dell'Idv alla Camera, ha spiegato che "qualche collega di partito di Cicchitto, il quale oggi ha pronunciato frasi abominevoli, definì "eroe" un mafioso che lavorava nella villa di Berlusconi. Non è degno di parlare di Falcone chi ogni giorno lavora per distruggere la magistratura. Cicchitto si vergogni e chieda scusa - ha chiesto Donadi. Non all'Idv, perché delle sue scuse non ci importa niente, ma al paese e alle vittime della mafia".
Da parte sua, Italo Bocchino, vicecapogruppo del Pdl alla Camera, ha respinto le critiche a Fabrizio Cicchitto. "Il collega Donadi ha certamente bisogno di una vacanza, come dimostrano le sue parole contro il presidente Cicchitto, che ha semplicemente detto la verità ricordando il contrasto della sinistra italiana all'azione di Giovanni Falcone", ha dichiarato in una nota.

SOTTO L'ALBERO DI FALCONE
di Pietro Ancona (23 maggio 2009)

Non sfugge la mobilitazione ad alto livello, del governo di centro-destra per gli anniversari delle stragi mafiose specialmente per quella che oggi ricorda il martirio di Giovanni Falcone e che certamente si ripeterà il 19 luglio prossimo per Paolo Borsellino. Oltre al Presidente della Repubblica che è certamente super partes e rappresenta l'unità della nazione, erano  presenti oggi a Palermo il Presidente del Senato Renato Schifani, il ministro dell'Interno Roberto Maroni, la ministra Mariastella Gelmini, il guardasigilli Angelino Alfano. Presente anche Emma Marcegaglia che ha sottolineato l'impegno degli industriali siciliani ad espellere dall'associazione coloro che pagano il pizzo agli estortori della mafia. Tutto questo impegno segnala una tensione contro la mafia, uno Stato che non dimentica le offese sanguinose subite e che promette di continuare una lotta senza quartiere per cancellare la funesta ed inquietante presenza dei mafiosi.
Ma è questa la verità, o meglio, è questa tutta la verità della situazione che stiamo vivendo mentre governa l'Italia Berlusconi?

Se esiste questo impegno così grande dello Stato nella lotta alla mafia perchè le testimonianze dei magistrati più impegnati nel fronte della lotta sono sempre più impregnate di pessimismo, sono sempre più dominate dallo sconforto e si coglie in esse un senso di solitudine e di frustrazione?
Proprio mentre a Palermo il Ministro Alfano annunzia un incrudelimento del 41 bis, il Presidente del Consiglio dei Ministri attacca la Magistratura e sollecita  la sua riduzione sotto il controllo dell'esecutivo con la separazione della funzione  inquirente da quella giudicante, un decreto diventato legge è assai severo verso i poveri fino a schedarne i senza tetto ed ad aumentare di un terzo le pene dei rei se migranti clandestini. Si dà l'idea di uno Stato ossessionato dalla caccia ai migranti, ai poveri, ai lavavetri... Disegni di legge prossimi all'esame del Parlamento diminuiscono le garanzie e le tutele dei lavoratori in caso di licenziamento.
Non sembra esserci un rapporto tra la debordante presenza di uomini del governo e delle istituzioni attorno al simbolico albero di Falcone ed il livello di soddisfazione dei magistrati impegnati in prima linea.
Ai convegni ai quali ho assistito per la presentazione di libri o per discutere della lotta alla mafia mi è sembrato di cogliere segnali di allarme, di vero e proprio scoramento, la sensazione di persone che non avvertono una piena, forte, convinta solidarietà dello Stato alle loro spalle. Inoltre, non si coglie un reale avvicinamento della pubblica amministrazione, delle istituzioni alle necessità dei cittadini ed un impegno alla organizzazione della vita civile più consono ed adeguato. La Regione Siciliana controllata come il Comune di Palermo e come gran parte delle istituzioni siciliane dalla destra riducono i servizi collettivi e sono dentro processi di privatizzazione di beni importanti come l'acqua che rendono più pesante la vita delle famiglie.

Uno striscione dei Cobas, esposto sotto l'albero di Falcone, è stato sequestrato dalla polizia e tre insegnanti sono stati fermati. C'era scritto: "La Mafia ringrazia lo Stato per la morte della Scuola!".
Significa che non basta portare a Palermo una nave di studenti che si sono distinti in lavori e ricerche contro la mafia se la scuola che frequentano viene privata di migliaia e migliaia di insegnanti e se viene sfacciatamente favorita la scuola privata confessionale. Ha sbagliato Maria Falcone a criticare i Cobas ed il loro striscione. Si onora assai di più Falcone difendendo la Scuola pubblica e la sua qualità che facendo discorsi  impregnati di retorica ai quali non corrisponde la nuova Italia libera dalla mafia che sognavano Falcone, Borsellino, Chinnici, ed i tanti altri servitori dello Stato spietatamente eliminati.

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25 maggio 2009
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