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Alla magistratura "armi spuntate"

"La magistratura sarà disarmata ed i cittadini più indifesi e più disinformati"

26 maggio 2010

"Vorrei evitare che dal Senato possa essere approvata una legge che venga interpretata, non entro nel merito, come legge bavaglio nei confronti della comunicazione". Lo ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, a margine di un convegno a palazzo Giustiniani, a proposito del ddl intercettazioni.
Il ddl sulle intercettazioni sarà all'esame dell'aula del Senato da lunedì 31. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di palazzo Madama, che ha deciso a maggioranza. Sulla calendarizzazione c'è stata un'opera di mediazione del presidente del Senato, Renato Schifani, volta a cercare un punto di equilibrio tra maggioranza e opposizioni. A fronte di una richiesta da parte della maggioranza, in particolare del presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, affinché la discussione generale iniziasse in aula già da domani, Schifani ha proposto una calendarizzazione più 'morbida' in modo da lasciare più tempo alle opposizioni per la presentazione degli emendamenti.
"Confido che si possano trovare punti di convergenza, o quanto meno che si abbassi la tensione anche nei confronti della stampa e della comunicazione" ha detto poi ai cronisti il presidente del Senato.

Ma le opposizioni promettono battaglia e nella stessa maggioranza c'è chi continua a manifestare perplessità. Il parlamentare del Pdl Giancarlo Lenher, ad esempio, ha detto: il ddl sulle intercettazioni può rivelarsi per il Pdl una sorta di "suicidio" politico. "Illo tempore - ha ricordato infatti Lenher - agli albori del famigerato ddl, in commissione Giustizia spiegai, invano, che nessun governo al mondo poteva mettersi contro l'intera informazione e tantomeno il Popolo della libertà. Parlai, anzi, di suicidio politico premeditato. Aggiunsi che limitazioni e sanzioni dovevano essere semmai rivolte alla fonte, cioè alle procure, dalle quali esce di tutto e di più".

A criticare fortemente il ddl il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia. "Con la legge sulle intercettazioni avremo le armi spuntate. Lo strumento delle intercettazioni, che in questi anni è stato fondamentale nelle indagini sulla criminalità organizzata, ma anche su quella politico-amministrativa, la criminalità del potere, verrà meno". Questo quanto sostenuto per l'ennesima volta da Ingroia, che ieri ha parlato con i giornalisti a Catanzaro, a margine della presentazione del libro dell'ex magistrato Luigi de Magistris, 'Assalto al pm'.

"La magistratura sarà disarmata - ha aggiunto - ed i cittadini più indifesi e più disinformati perché c'é anche una forte limitazione del diritto di informazione". Ingroia, che è stato difensore di de Magistris nel secondo procedimento disciplinare davanti al Csm, ha poi sostenuto che nelle inchieste condotte dall'ex pm "si era già evidenziato il dilagare del fenomeno della corruzione che sta emergendo e divampando in tutte le più recenti indagini di varie Procure. Dimostra come il fenomeno corruzione fosse già a livelli allarmanti, a livelli di guardia. In quel caso, essendo tutto concentrato su un unico ufficio e su un unico magistrato divenne un po' più facile isolarlo, accerchiarlo e neutralizzarlo". "Oggi - ha continuato Ingroia - si tratta di azioni giudiziarie che provengono da più uffici e la neutralizzazione diventa difficile. Speriamo non si utilizzi come sistema quello di neutralizzare gli strumenti nelle mani dei pm, a cominciare, appunto, dalle intercettazioni".

"Le norme sulle intercettazioni rientrano in una strategia che mira a riscrivere il codice penale in maniera diseguale. Il prossimo passaggio sarà la riforma del processo penale che è un modo abile ed accorto, una scorciatoia, per realizzare il vero obiettivo che è quello della sottoposizione dei pm all'esecutivo"
. "Con la riforma del processo - ha spiegato Ingroia - viene tolto al pm il potere d'iniziativa demandandolo alla polizia giudiziaria. L'esperienza insegna che tutte le più grandi inchieste sono nate d'iniziativa del pm e condotte molto validamente dagli ufficiali di pg che operavano sotto le direttive di un organo indipendente. I procedimenti disciplinari nei confronti di un magistrato hanno comunque delle garanzie, ma un funzionario di polizia o un ufficiale dei carabinieri e della guardia di finanza può essere rimosso senza problemi dal Ministro competente. Come pensate possano essere liberi di avviare l'azione penale?".
Ingroia ha poi sostenuto che "c'é un sistema, talvolta ampio, di corruzione e di coperture che attraversa trasversalmente anche le istituzioni. E' sbagliato pensare che poteri criminali come la mafia o altri siano del tutti estranei allo Stato. Talvolta sono poteri con grande capacità di infiltrazione nelle istituzioni e nella vicenda di de Magistris questo si è evidenziato e adesso si evidenzia in tante altre inchieste". Prendendo spunto dal titolo del libro di de Magistris, Ingroia ha detto che questi anni sono stati caratterizzati da "assalti continui, alla giustizia, all'autonomia ed all'indipendenza della magistratura, alla democrazia. Ma sono anche stati anni di braccio di ferro perché c'é stata un'Italia che ha resistito e provato a rispondere con gli strumenti a disposizione. La vera anomalia italiana è una classe dirigente che ha costruito il potere anche facendo affari con la criminalità, incline a commettere reati e allergica al principio di responsabilità. Una classe dirigente che in certi periodi è stata anche assecondata dalla magistratura, sino a quando si è creata una progressione generazionale ed ha cominciato a diffondere un modo diverso di fare il pm e i magistrati hanno cominciato ad applicare il principio dell'uguaglianza davanti alla legge".

[Informazioni tratte da Ansa, Adnkronos/Ing]

 

 

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26 maggio 2010
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