Alla vigilia della testimonianza
Domani il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, testimonierà al processo per la Trattativa Stato-mafia
La sala scelta dovrebbe essere quella del Bronzino. È lì, dove abitualmente il presidente della Repubblica incontra i Capi di Stato ospiti prima dei colloqui ufficiali, che Giorgio Napolitano testimonierà domani al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, davanti alla corte d'assise di Palermo per l'occasione in trasferta al Quirinale.
All'udienza dovrebbero partecipare una quarantina di persone. Il Quirinale resta off limits alla stampa che non potrà seguire l'udienza neppure a distanza, attraverso la videoregistrazione: possibilità non esclusa dai giudici che avevano dato il nulla-osta alla presenza da remoto dei media, ma "bocciata" dal Colle che ha regolamentato rigidamente l'accesso al palazzo. Le parti processuali non potranno infatti portare cellulari, tablet, pc e strumenti di registrazione. L'udienza sarà verbalizzata secondo le regole ordinarie, i verbali andranno poi alla corte e saranno disponibili per le parti, una volta trascritti, nei giorni successivi.
A rivolgere per primo le domande al capo dello Stato sarà il procuratore aggiunto Vittorio Teresi. Il capo dell'ufficio inquirente, Leonardo Agueci, sarà presente, ma non interrogherà Napolitano. La prima parte della deposizione ruoterà attorno ai dubbi e le preoccupazioni che l'ex consigliere giuridico di Napolitano, Loris D'Ambrosio, espresse al capo dello Stato in una lettera, nel giugno del 2012, un mese circa prima di morire.
Nel documento, peraltro reso pubblico dallo stesso Quirinale, D'Ambrosio avanzava il timore di "essere stato considerato solo un ingenuo e inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi" tra il 1989 e il 1993, anni in cui l'ex consigliere era all'Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia. Sui timori di D'Amborsio, però, il capo dello Stato ha già fatto sapere alla corte, tramite una lettera, di non avere nulla di utile da riferire
Successivamente il pm Nino Di Matteo dovrebbe approfondire i fatti accaduti nel 1993 partendo dall'allarme attentati a Napolitano e a Giovanni Spadolini lanciato dal Sismi il 29 luglio 1993.
La riservata degli 007 è stata acquisita agli atti del processo: i pm hanno fatto capire che sarà oggetto di domande al presidente perché riguardante il periodo citato nella lettera di D'Ambrosio. Nel fascicolo del dibattimento è finita anche una nota del Sisde del 20 agosto del 1993 in cui si parla dell'intenzione di Cosa nostra di avviare una trattativa con le istituzioni. Argomento di cui, però, la Dia e lo Sco avevano già scritto in rapporti dei primi del mese dello stesso anno.
Dopo i pm sarà la volta dei controesami dei legali. In particolare l'avvocato del boss Totò Riina ha chiesto ed ottenuto di potere interrogare Napolitano su un tema più ampio e relativo "a quanto accadde nel 1993 e nel 1994". La richiesta della nuova prova, fatta dal legale di Riina, l'avvocato Luca Cianferoni, segue il deposito di documenti riservati del Sismi.
Per il legale l'ingresso nel processo del rapporto dei Servizi renderebbe inevitabile porre a Napolitano domande su cosa accadde tra il '93 e il '94, periodo in cui ci fu l'allarme attentati. Secondo la corte "la nuova prova non è né manifestamente superflua, né irrilevante". E, riferendosi ad anni in cui Napolitano non era capo dello Stato, non rientrerebbe nei limiti della sentenza della Corte Costituzionale che, risolvendo il conflitto di attribuzioni tra il Colle e la Procura di Palermo, ha riconosciuto una serie di prerogative al capo dello Stato.
I giudici, tuttavia, hanno ricordato, pure ammettendo la richiesta dell'avvocato di Riina, che, proprio per le prerogative costituzionali di cui gode il presidente della Repubblica, la sua deposizione "non può prescindere dalla disponibilità del capo dello Stato, di cui la corte non potrà che prendere atto".
Ecco chi parteciperà - Saranno in tutto una quarantina le persone che parteciperanno domani, martedì 28 ottobre, alla deposizione del capo dello Stato, al Quirinale, al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
La corte d'assise che celebra il dibattimento è composta dal presidente Alfredo Montalto, dal giudice a latere Stefania Brambille e da otto giudici popolari: sei titolari e due supplenti. Oltre alla corte sarà presente la cancelliera, Valeria Bergamini, che dovrà chiamare il processo e predisporre eventuali verbalizzazioni.
Per l'accusa, saranno presenti il procuratore facente funzioni Leonardo Agueci, capo dei pm in attesa della nomina del nuovo procuratore, l'aggiunto Vittorio Teresi e i pm Roberto Tartaglia, Nino Di Matteo e Francesco Del Bene.
La corte ha deciso di ammettere all'udienza solo gli avvocati di fiducia o i sostituti processuali delle sette parti civili e dei dieci imputati. Per il Centro studi Pio La Torre ci sarà l'avvocato Ettore Barcellona, per l'ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro, Franco Coppi, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Presidenza della Regione siciliana l'avvocatura dello Stato, per il Comune di Palermo l'avvocato Giovanni Airò Farulla, per l'associazione Libera l'avvocato Vincenza Rando, per l'associazione vittime della strage dei Georgofili l'avvocato Nino Ammannato.
Presenti poi i legali degli imputati: gli avvocati Basilio Milio, Enzo Musco, Francesco Romito e Giuseppe Saccone per i generali dei carabinieri Antonio Subranni e Mario Mori e per l'ex ufficiale del Ros Giuseppe De Donno; per Marcello Dell'Utri saranno presenti i legali Giuseppe Di Peri e Pietro Federico; per l'ex ministro Nicola Mancino, Massimo Krog e Nicoletta Piergentili Piromallo; per i boss Totò Riina e Leoluca Bagarella l'avvocato Luca Cianferoni, mentre per il capomafia Antonino Cinà il difensore Giovanni di Benedetto e Federica Folli. Il pentito Giovanni Brusca sarà rappresentato dall'avvocato Manfredo Fiormonti, mentre Massimo Ciancimino da Francesca Russo e Roberto D'Agostino.
A registrare l'udienza per la verbalizzazione integrale sarà un tecnico Quirinale e non, come di consueto, il perito della corte. Sembra esclusa la presenza del segretario generale del Quirinale, Donato Marra, che, peraltro, ha deposto come teste dell'accusa al processo.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it]