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Alle armi!

Sempre più italiani sentono il bisogno di richiedere il porto d'armi. Meglio il Far West che le Istituzioni?

29 giugno 2005

L'uomo contemporaneo va sempre più ammalandosi di ''paura''. Si ha paura degli stranieri e di chi è ''diverso'', si ha paura di appartarsi con la propria ragazza, si ha paura i non essere difesi da chi di dovere, si ha paura di essere ammazzati mentre si sta passeggiando per i fatti propri, all'improvviso.
La paura, inevitabilmente genera risposte senza controllo e ragione, e diventa sempre più spaventosamente facile che la minaccia ''ora prendo la pistola e ti sparo'' diventi realtà.
Esagerato? Provate a chiederlo agli abitanti di alcuni quartieri di Napoli, a chi vive in una zona un po' isolata in qualsiasi posto d'Italia, chiedetelo ai cittadini di Bogogno, un piccolo paese in provincia di Novara, dove l'altro ieri un tizio colto da un raptus di follia ha imbracciato il fucile e ha ucciso tre persone e ne ha ferito altri nove.

E proprio da Bogogno che vogliamo fare iniziare la nostra riflessione.
Chi, o come, avrebbe potuto fare conoscere all'Italia intera, un piccolo paese come Bogogno?
Ce lo ha fatto conoscere l'altro ieri Angelo Sacco, un ''uomo comune'' che in preda alla preoccupazione di vedersi pignorare la casa, a causa di svariati debiti, ha deciso di risolvere la situazione sparando a tutti all'impazzata.
Un uomo impaurito? Probabilmente. Sicuramente adesso tutta Bogogno ha paura.
I carabinieri hanno scoperto che il pluriomicida Angelo Sacco, aveva in casa un vero e proprio arsenale. Tredici fucili da caccia, una pistola e 2.600 munizioni sono stati trovati nella sua abitazione e per tutte queste armi risulterebbe essere stata fatta regolare richiesta di denuncia.
Un grande appassionato di armi Angelo Sacco, che in passato è stato anche il presidente della locale sezione della Federcaccia. Un grande appassionato di armi, depresso e violento.
Tutte queste ami per una sola persona sono, certo, un po' troppe, ma se queste vengono regolarmente denunciate, nessuno può impedire a qualcuno di possederle. Angelo Sacco le aveva. Depresso e di fronte ad un problema ha imbracciato uno dei suoi fucili è ha cercato di risolvere la situazione.

In Italia aumentano i cittadini che chiedono di avere un'arma in casa per ragioni di sicurezza.Questo succede soprattutto in città come Napoli (630 dall'inizio dell'anno al 15 giugno) e in alcuni centri del Nordest.
Diminuisce invece il numero delle concessioni, delle licenze per il porto d'armi per la difesa personale o per la caccia.
Va comunque detto che si tratta di dati ''presunti'' perché manca il dato aggiornato e integrato su chi-dove-quando-perché in Italia ha armi corte o lunghe nelle proprie abitazioni e quante ne possiede.
I sindacati di polizia denunciano che il Viminale, la Divisione armi all'interno della Direzione della polizia amministrativa e sociale, non è in grado (per di fondi) di avere l'informatizzazione di tutti i dati: questure e prefetture, a cui a livello locale arrivano le richieste, trasmettono con ritardo le concessioni realmente avvenute e omettono del tutto il dato delle richieste.
Insomma, se tre giorni fa qualcuno avesse fatto una ricerca nella banca dati con il nome ''Angelo Sacco'' non avrebbe trovato tutta la ''Santabarbara'' custodita in casa, ma solo una licenza per esercizio venatorio e uso sportivo scaduta nel 2004. Le armi e le munizioni però erano tutte lì, e Angelo Sacco le ha usate.

Ma ad essere armato, o a volere un'arma, non ci sono solo persone come il pluriomicida di Bogogno: c'è il benzinaio o il barista che fanno turni di lavoro notturni, questi hanno paura e vogliono armarsi ma le loro richieste sono ferme in qualche prefettura, e quindi decidono di mettersi l'arma sotto banco prima che sia troppo tardi. Poi c'è chi, anni fa in regola con permessi, licenze e certificati, oggi si ritrova in casa una, due, tre armi, con tutta una documentazione inadeguata ma senza nessuno che si prende la briga di fare nessun controllo.
Insomma, da una parte c'è la paura e il senso di insicurezza dei cittadini, dall'altra, una legge sul porto e la detenzione delle armi che da anni - è la stessa del 1931 - deve cambiare ma ancora non cambia.

Nel 2003 (si era in primavera e in una settimana morirono otto persone per colpi di follia) il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu promise che la legge sarebbe cambiata. Firmò una circolare con cui imponeva più severità nella valutazione delle pratiche e istituì una Commissione guidata da Giovanni Pioletti, magistrato di Cassazione. A fine del 2004 è stato registrato un giro di vite pari allo 0,1 per cento nel rilascio o nel rinnovo delle licenze.
La Commissione aveva individuato soprattutto quello che era e resta il nodo di tutto il problema: i certificati medici e il controllo periodico dello stato psichiatrico del titolare della concessione.

Tra Camera e Senato sono cinque i disegni di legge, presentati da maggioranza e opposizione, che prevedono l'istituzione a livello provinciale di Commissioni sanitarie composte da almeno tre specialisti che devono valutare l'attitudine del cittadino all'uso delle armi e lo devono verificare ogni anno sotto il profilo neuropsichiatrico, ma di questi cinque nessuno ancora è diventato esecutivo.
La strage di Bogogno, ma anche la paura del gioielliere, del benzinaio o del barista dovrebbero fare riflettere di più, sull'esigenza di autodifesa che i cittadini provano oggi giorno e sulla legislazione che supervisiona la detenzione delle armi.
Il Far West rischia di ritornare con carico di irragionevole paura.

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Cos'è il porto d'armi
Il porto d'armi è una licenza, rilasciata dal questore, che abilita una persona a portare con sé un'arma e ad utilizzarla secondo una serie di regole e limitazioni stabilite per legge.
Non esiste un unico porto d'armi. C'è un porto d'armi ad uso caccia; ogni cacciatore infatti deve possedere tale licenza, può così usare un fucile per poter cacciare, nei modi e tempi stabiliti. C'è un porto d'armi per difesa personale concesso solo a persone che per la loro posizione o per il loro mestiere rischiano di mettere in pericolo la loro vita, ad esempio le guardie giurate. E infine c'è un porto d'armi ad uso sportivo, da utilizzare ad esempio nei poligoni, o nei centri di tiro al piattello. Non si deve però credere che chi sia in possesso di un porto d'armi possa liberamente girare con la pistola carica solo per il fatto di possedere la licenza. Escluso il caso, decisamente particolare e marginale del porto d'armi per difesa personale, sono presenti leggi e regolamenti che pongono notevoli limitazioni e prescrizioni pena la revoca della licenza. Chi possiede il porto d'armi ad uso sportivo non può liberamente muoversi con l'arma carica, ma solo all'interno di un poligono gli sarà possibile caricarla ed utilizzarla. Ed anche qui sono previste precise e minuziose regole. Possedere il porto d'armi non significa dunque andare in giro armati.

Come si ottiene il porto d'armi
Se un cittadino volesse ottenere la licenza per utilizzare un arma in un poligono dovrebbe presentasi alla questura con una serie di carte. Prima di tutto è necessario un documento che attesti che sa usare un'arma: un certificato di uso e maneggio d'armi rilasciato da un Tiro a Segno abilitato o il congedo militare. Dovrebbe poi presentare un certificato medico rilasciato dagli ambulatori abilitati, presso la A.S.L., qualcosa di molto simile quello che si presenta per la patente, teso principalmente ad accertare che lo stato fisico del richiedente gli permetta di maneggiare correttamente un'arma. E' anche necessario un certificato anamnestico del medico curante: un documento che rende conto della storia clinica, fisiologica e psicologica del paziente. Alcune marche da bollo, qualche autocertificazione e la domanda per ottenere la licenza di porto d'armi è fatta.
Se viene accettata dalla questura, la licenza ad uso sportivo avrà una durata di sei anni: lungo tutto questo periodo di tempo non è necessario nessun tipo di rinnovo.

La revoca
Responsabile della revoca del porto d'armi è lo stesso ente che lo rilascia, la questura, che procede se riceve segnalazioni per cui vengono meno i requisiti fondamentali che avevano permesso il rilascio del porto d'armi. Ma altrimenti è immobile.
Quindi, o la polizia viene a conoscenza di elementi per cui il possessore è fuori dai limiti di legge o non può far nulla. Ma come fa la polizia a reperire queste informazioni? O le trova al suo interno o gli devono essere comunicate da un altro ente.

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29 giugno 2005
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