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Amici e... guardati

Motopesca di Mazara del Vallo mitragliato dai libici. Il ministro Maroni: "E' stato un errore. Si sono scusati"

14 settembre 2010

Appena pochi giorni fa il colonnello Muammar Gheddafi ha passato in Italia giorni sereni, pieni di strette di mano, grande riverenza e divertimento (LEGGI). Ha detto cose poco condivisibili, a calcato la mano su determite tematiche, ha fatto un po' lo spaccone, ma una parte dell'Italia, quella che sta al governo, gli ha perdonato tutto, c'è passato sopra. Il colonnello, si sà, è un tizio folcloristico, stravagante. Insomma, sono stati i giorni in cui si è festeggiato l'accordo di "amicizia e cooperazione" tra Libia e Italia, e per gli amici si fa questo e altro...
“Al mio amico Gheddafi dico ancora grazie per la sua volontà di superare il passato e di esserci amici”. Così il presidente Silvio Berlusconi, prima che l'amico Gheddafi se ne ritornasse al suo Paese. E a chi ha avuto da criticare Berlusconi ha detto: "I soliti poveracci che non capiscono l'importanza di avere un amico come quello...".
Mah? Francamente anche noi non capiamo qual'è l'importanza d'avere un amico che, manco una settimana dopo essere stato nostro ospite, fa mitragliare un'imbarcazione, un motopesca, probabilmente un po' troppo vicino alla Libia. E vogliamo sottolineare, forse un po' troppo vicino.
Evidentemente siamo dei poveracci, degli sprovveduti che non ci capiscono niente di rapporti internazionali. E' possibile no?

Ma andiamo a raccontare i fatti che ci hanno portato a tutte queste considerazioni iniziali...

L'altro ieri sera un motopesca della flotta di Mazara del Vallo, l'Ariete, è stato raggiunto da alcuni colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica che gli aveva intimato di fermarsi. La sparatoria, avvenuta a largo delle coste libiche, non ha avuto conseguenze sull'equipaggio, che è riuscito ad evitare l'abbordaggio e ad allontanarsi. Il peschereccio ha proseguito la navigazione verso il porto di Lampedusa, dove è giunto ieri mattina.
L'Ariete, iscritto al compartimento marittimo di Mazara del Vallo, è un peschereccio d'altura di 32 metri con dieci uomini d'equipaggio, al comando del capitano Gaspare Marrone. Secondo quanto ha riferito quest'ultimo via radio alla Guardia Costiera italiana, l'assalto sarebbe avvenuto a circa 30 miglia dalle coste libiche, al confine con la Tunisia, all'interno del Golfo della Sirte. Una zona che le autorità di Tripoli, nonostante le norme del diritto marittimo internazionale, continuano a considerare di propria esclusiva competenza.
"È stato un inferno: i proiettili rimbalzavano dal ponte fino alla sala macchine. Ci siamo distesi tutti a terra pregando che nessuno di noi venisse colpito", ha raccontato il capitano Marrone. "Ci hanno intimato di fermarci - ha continuato - ma io, sapendo quello che ci aspettava (Il sequestro della barca, ndr), ho preferito proseguire spingendo i motori al massimo. A questo punto hanno aperto il fuoco, continuando a sparare a intervalli di circa un quarto d'ora-venti minuti". "Ci hanno inseguito fin quasi dentro le nostre acque territoriali. Solo all'alba, quando eravamo in vista di Lampedusa, ci siamo sentiti in salvo".
I colpi di mitraglia hanno sforacchiato la fiancata del motopesca, un gommone utilizzato come tender e colpito alcune bombole contenenti gas; fortunatamente nessuno dei componenti dell'equipaggio è rimasto ferito.

Il capitano Gaspare Marrone insieme con il suo equipaggio ha salvato decine e decine di vite umane nel Canale di Sicilia. Il peschereccio mazarese è stato infatti protagonista in passato di numerosi interventi di soccorso a barconi di migranti in difficoltà, tanto da ricevere anche un riconoscimento. La notte del 28 novembre 2007 i marinai dell'Ariete salvarono 54 extracomunitari, tra cui una bimba e nove donne, soccorsi su un gommone che imbarcava acqua a circa 30 miglia dall'isola Lampedusa. Durante le operazioni di soccorso un membro tunisino dell'equipaggio si lanciò in mare per aiutare alcuni naufraghi. Esattamente un anno dopo, l'Ariete e altri tre pescherecci d'altura della flotta di Mazara del Vallo salvarono 650 migranti su due barconi in balia del mare in burrasca. Il 5 giugno del 2008, infine, l'ennesimo intervento che consentì di trarre in salvo 27 naufraghi, mentre altri cinque morirono. "La legge del mare ci impone di aiutare chi è in difficoltà, anche a rischio della nostra vita", aveva dichiarato in quell'occasione Gaspare Marrone. "Abbiamo fatto solo il nostro dovere, ora torniamo al lavoro".
Per questo spirito di abnegazione dimostrato in numerose occasioni, nel giugno del 2008 il capitano Marrone e il suo equipaggio avevano ottenuto il premio "Per mare", istituito dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati "al coraggio di chi salva vite umane".

"Il mio motopeschereccio stava incrociando e non stava pescando" ha detto Vincenzo Asaro, l'armatore mazarese dell'Ariete. Asaro ha anche assicurato come la sosta a Lampedusa sia stata "una formalità per denunciare l'evento imprevisto" e che al più presto l'Ariete "riprenderà il mare per un'altra battura di pesca".
Dalla sosta a Lampedusa sono filtrate le prime indiscrezioni sul racconto degli uomini dell'equipaggio. In particolare uno dei sette italiani a bordo ha riferito che "la motovedetta battente bandiera libica era del tutto simile ai mezzi usati dalla Guardia di Finanza italiana". E infatti, la motovedetta è una delle sei unità delle Fiamme Gialle che il governo ha donato al leader Muammar Gheddafi nell'ambito degli accordi di amicizia per fermare l'immigrazione clandestina. A bordo dell'unità libica, si è poi scoperto, c'erano anche sei militari italiani della Guardia di Finanza, con sole funzioni di osservatori e consulenti tecnici.
"Le regole d'ingaggio previste dall'accordo vanno ora chiarite e integrate", ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, mentre il responsabile del Viminale, Roberto Maroni, ha aperto un'inchiesta sui fatti.
La risposta del Governo di Tripoli non si è fatta attendere: "Le autorità libiche hanno nominato un comitato d'inchiesta sui motivi dell'incidente, un comitato aperto anche agli italiani che vi potranno partecipare", ha annunciato l'ambasciatore libico in Italia Abdulhafed Gaddur, evidenziando il "rammarico" della Libia "per quello che è successo". "Il rapporto particolare tra Tripoli e Roma - ha aggiunto - continuerà e non sarà condizionato da questo incidente".
Il primo a scusarsi con le autorità italiane era stato il capo della Guardia costiera libica, ha detto Frattini, spiegando che "il comandante libico ha ordinato di sparare in aria anche se poi purtroppo i colpi sono arrivati sulla barca italiana". "Certamente - ha aggiunto il responsabile della Farnesina - a bordo vi era un militare della Guardia di Finanza e personale tecnico della Gdf: questo è stabilito dall'accordo originario italo-libico firmato nel 2007 dal governo Prodi e poi integrato dal ministro Maroni nel 2009". "Quegli accordi sin dal primo giorno stabiliscono che il comando è ovviamente degli ufficiali libici. I nostri uomini - ha assicurato - non hanno minimamente preso parte, come è ovvio, all'operazione". Ma le regole d'ingaggio ora "vanno chiarite e integrate". Ed infatti il ministro dell'Interno Maroni ha disposto un'inchiesta per accertare se nella vicenda emerga un'utilizzazione dei mezzi donati dall'Italia per potenziare il contrasto all'immigrazione clandestina "non coerente" con le previsioni del Trattato firmato nel 2007 dall'allora ministro dell'Interno Giuliano Amato.

Ovviamente, l’episodio si presta ad alcune considerazioni. La prima concerne il rapporto fra Italia e Libia. I buoni rapporti fra i due Paesi cominciano e finiscono con l’immigrazione clandestina e i business sulla terra ferma? Le motovedette libiche hanno il diritto di sorvegliare il tratto di mare libico per evitare sconfinamenti e irregolarità commesse da imbarcazioni straniere, italiane e non, al fine di salvaguardare il patrimonio ittico, ma il diritto all’uso delle armi non ce l’hanno. Sparare sui trasgressori è una scelta precisa, non può essere affidata ai poliziotti del mare libico ma a regole d’ingaggio che prevedono il mitragliamento delle imbarcazioni "fuori legge".
La seconda considerazione proviene dal "trattamento" riservato al peschereccio siciliano. Invece che un occhio di riguardo, le motovedette del Colonnello scelgono il clima da guerra fredda. Per quale ragione? Il Colonnello ha messo un paletto al suo accordo con Berlusconi: l’immigrazione clandestina è una cosa, la pesca d’altura un’altra. Si è posto altri obiettivi?
C’è, poi, la questione più importante, di diritto internazionale. L’assalto sarebbe avvenuto a circa 30 miglia dalle coste libiche, al confine con la Tunisia, all'interno del Golfo della Sirte. Tripoli giudica di sua competenza questo tratto di mare, contrariamente alle norme di diritto marittimo internazionale.
E’ possibile ottenere almeno il rispetto delle regole, visto che il governo italiano accontenta il rais come meglio è possibile?

"L'episodio che ha coinvolto il peschereccio siciliano Ariete, e che ha destato tanto allarme, conferma l'esigenza ormai inderogabile che sia raggiunto un patto definitivamente condiviso con le autorità libiche, per dare garanzie di sicurezza ai pescatori siciliani" ha detto il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo. "All'equipaggio, in attesa che venga fatta completa chiarezza sulla dinamica dell'episodio, intanto, va la piena solidarietà della giunta di governo siciliana", ha aggiunto.
"Questa è una guerra senza fine. E' arrivato il momento di mettere fine ad una vicenda ormai annosa, e cioè quella dell'estensione unilaterale da parte della Libia delle proprie acque territoriali ben oltre le 12 miglia. Bisogna trovare un accordo economico-scientifico e produttivo con le Autorità libiche". Queste le parole del presidente del Distretto produttivo della pesca-Cosvap di Mazara del Vallo, Giovanni Tumbiolo. "Bisogna - ha aggiunto - dare seguito concreto al Trattato Italo-Libico firmato nel 2008. Sono passati due anni ed ancora non è stata definita la questione delle acque territoriali libiche. Serve un accordo, secondo l'art. 17 del Trattato per venire incontro alle esigenze dei due Paesi".

Questa mattina il ministro dell'Interno Roberto Maroni, intervenendo alla trasmissione televisiva 'Mattino Cinque', è ritornato sull'accaduto: "La Libia si è scusata per quello che è successo. Evidentemente c'è stato un errore di interpretazione. Posso immaginare che abbiano scambiato il peschereccio, come avviene ogni tanto, per una barca che non fermandosi all'alt immaginavano potesse avere a bordo clandestini. Ma lo posso solo immaginare, non abbiamo ancora tutte le informazioni. Ho aperto un'inchiesta per accertare quello che è avvenuto. Appena avrò le informazioni saremo in grado di valutare ed evitare che in futuro si ripetano situazioni del genere". "Questa motovedetta - ha proseguito il ministro - fa parte di un gruppo di sei che sono state consegnate alle autorità libiche sulla base di un accordo contro l'immigrazione clandestina stipulato dal mio predecessore, il ministro Giuliano Amato, e ovviamente deve essere utilizzata per contrastare tale fenomeno. A bordo ci sono dei tecnici italiani che per un certo periodo di tempo hanno il compito di dare assistenza tecnica, non hanno funzioni di equipaggio. Da un anno e mezzo circa c'è questo dispositivo in atto. Funziona bene, infatti gli sbarchi a Lampedusa sono cessati. Ovviamente, quello che è successo ieri non doveva accadere". "Abbiamo ricevuto ieri il rapporto" dei militari a bordo della motovedetta, "loro non sono stati coinvolti nelle operazioni perché sono tecnici che si occupano della manutenzione e non sono parte dell'equipaggio attivo. Oggi faremo una riunione al ministero per accertare l'accaduto. Siamo in contatto con le autorità libiche, con cui abbiamo un ottimo rapporto di collaborazione da tutti i punti di vista. La mia opinione è che si sia trattato di un incidente. Grave, ma un incidente".

"Il fatto che la motovedetta libica abbia sparato perché aveva scambiato il peschereccio italiano per una nave di clandestini non è meno grave. Non si può liquidare quello che è successo al largo delle coste libiche come un mero incidente. Qui è in discussione il rispetto delle norme internazionali e dei diritti fondamentali della persona umana". Lo dichiara il senatore del Pd Giuseppe Lumia, commentando le parole del ministro Maroni.

Intanto la Procura della Repubblica di Agrigento ha aperto un inchiesta sull'accaduto, ipotizzando, contro ignoti, i seguenti reati: danneggiamento di navi e tentativo di omicidio plurimo aggravato. Titolari dell'inchiesta sono il procuratore capo Renato Di Natale, l'aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Luca Sciarretta. La Procura ha disposto il sequestro cautelativo del motopesca siciliano Ariete. Il natante domani mattina arriverà a Porto Empedocle dove, subito dopo, potrebbe essere oggetto di un sopralluogo da parte dei magistrati titolari dell'inchiesta. Secondo quanto si è appreso la Procura di Agrigento avrebbe affidato l'esecuzione di perizie balistiche e accertamenti scientifici sull'Ariete a carabinieri del Ris.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, AGI, La Siciliaweb.it]

 

 

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14 settembre 2010
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