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ANCORA 48 ORE

Raffaele Lombardo rinvia di due giorni la nomina della nuova Giunta, ma rimane fermo sulle sue posizioni

28 maggio 2009

Ancora 48 ore... E' stato lo stesso presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, che oggi avrebbe dovuto annunciare i componenti della nuova Giunta, a spiegare il perché di questa posticipazione: "Mi è stato chiesto dal Pdl di soprassedere 48 ore. Non c'è niente di male ad aspettare altri due giorni per vedere di costruire un'alleanza che va posta su basi chiare". In ogni caso, "farò un governo che si baserà su un programma" e nella nuova Giunta ci sarà "chi ci sta, mi auguro che il Pdl ci stia".

La richiesta del Pdl è arrivata a Lombardo ieri, dopo il vertice romano a cui hanno partecipato, tra gli altri, i tre coordinatori del Pdl, Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi, Giuseppe Castiglione e Domenico Nania, coordinatore e vice del Pdl siciliano, e il presidente dei deputati del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. Il Popolo delle Libertà ha rivolto a Lombardo "un sereno ma fermo appello affinché riparta da un confronto che coinvolga tutte le forze che hanno vinto le elezioni regionali".  Il Pdl infatti giudica "inaccettabili i modi e i tempi prescelti da Lombardo" e chiede che, su iniziativa dello stesso Lombardo "si riunisca in tempi brevi e concordati un tavolo con tutti gli alleati della maggioranza scelta dagli elettori siciliani". "Tutto ciò accade a pochi giorni dalle elezioni europee, mentre lo stesso Lombardo è alla ricerca del quorum elettorale del 4% per la propria lista. Si è rivolto 'a pezzi di partiti e a chi ci sta', con un disegno di evidente rottura della maggioranza che lo ha eletto. Per questo il Pdl ribadisce che nessun suo aderente che voglia rimanere tale potrà accettare richieste di partecipazione a governi decisi con queste modalità".
Anche l'Udc, per bocca del suo segretario regionale Saverio Romano, ribadisce che "non entrerà in nessuna giunta senza il Pdl" perché "fedele all'alleanza votata dai siciliani alle elezioni".

Secondo il il sottosegretario Gianfranco Miccichè "il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, per quanto mi riguarda, fa bene se va avanti" con il suo progetto di varare una nuova giunta. Miccichè si è detto pronto ad appoggiare l'iniziativa del Governatore se "continua ad andare avanti con un'idea a favore della Sicilia e con un governo di alto livello". Secondo l'esponente del Pdl "non potrà essere certamente il vertice di un partito, secondo me per problemi personale, a fare venire meno un'alleanza di questo tipo". "Il voto popolare ha chiesto a Lombardo ed a tutti noi - ha aggiunto Miccichè a margine di una manifestazione elettorale ad Acireale - di governare con una coalizione di centrodestra, se questa non c'è più si va tutti a casa. E se c'è o non c'è la coalizione si vedrà in aula. Sono convinto che la volontà di un vertice non determinerà il mandato popolare di ciascun deputato".

Dall'altra parte, il Pd non fa aperture di credito a Lombardo, né ha intenzione di dare appoggi ma resta alla finestra nella convinzione che le contraddizioni esplose in Sicilia non sono di facile soluzione. Questo quanto deciso dal Pd in un vertice convocato a Roma dal segretario Dario Franceschini dopo la crisi del governo regionale. Anche se Lombardo non avrebbe ancora avanzato proposte formali al Pd pur spiegando di essere pronto a formare un nuovo governo "con chi ci sta", il vertice del Pd ha deciso che, almeno in una prima fase, i democratici staranno fuori da ogni forma di coinvolgimento politico. Tra il presidente Lombardo ed il Pdl, è il ragionamento dei big del Pd, è in atto uno scontro a dieci giorni dalle elezioni regionali e amministrative. Da qui la decisione di restare ad osservare i problemi della maggioranza e di, racconta un esponente del Pd, "lasciarli cuocere nel loro brodo". [Informazioni tratte da Il Tempo, La Siciliaweb.it, Repubblica.it]

GIOCO D'AZZARDO*
di Agostino Spataro

Cosa non si fa per superare il quorum? Spiace rilevarlo, ma solo così si può spiegare la mossa del presidente Lombardo di "azzerare" la sua giunta e di annunciarne una nuova, di "coesione sociale",  entro 48 ore.
Una mossa inattesa che - a sentire i suoi mentori - ha spiazzato i partiti alleati e no. Credo che un po' abbia spiazzato anche lo stesso Lombardo che, forse, non avrà ben calcolato le conseguenze che la sua trovata avrebbe prodotto e che in ogni caso lascia tutti, a dir poco, perplessi.
Anche chi, come noi, nei giorni scorsi su queste colonne, avevamo prospettato l'esigenza di una formalizzazione della crisi, prima del voto del 6-7 giugno. Una presa d'atto, una posizione pubblica che dichiarasse la crisi del governo, rinviando a dopo le elezioni gli atti conseguenti che possono essere più d'uno: azzeramento o rimpasto della giunta, formazione di una nuova maggioranza e di una nuova giunta o, in extrema ratio, le dimissioni del presidente, scioglimento dell'Ars e nuove elezioni.
Nell'attesa, si poteva "congelare" il governo in carica per garantire l'ordinaria amministrazione.   
Invece, si è voluto azzerare (anche se non si è raggiunto lo zero assoluto) la giunta senza averne in mente una nuova, credibile sul piano politico-programmatico e con una base parlamentare chiara e autosufficiente
Perciò, in assenza di motivazioni più convincenti, questa scelta appare priva di una logica politica razionale.

Mancano poche ore alla scadenza delle 48 ore e non sappiamo come evolverà la situazione. Ci sarà  il nuovo governo promesso dall'on. Lombardo?
Così come stanno le cose, la sua formazione sembra altamente improbabile, complicata. Manca infatti un contesto politico chiaro di riferimento, una cornice.
Il governatore, infatti, continua ad assicurare gli alleati che "non farà il salto della quaglia", che formerà la giunta nell'ambito dell'alleanza  di centro-destra, però - sottolinea - "con quei pezzi di partiti che ci staranno", con singole personalità che giureranno fedeltà all'autonomia. Al Movimento per l'autonomia, aggiungono i maligni. In ogni caso, resterà escluso il Pd il quale, avendo perso le elezioni, è giusto che se ne stia all'opposizione, costruttiva però, salvo a chiamarlo in maggioranza, di volta in volta, quando all'Ars il governatore vedrà squagliarsi la sua.
Insomma, quello proposto sembra un percorso troppo contorto, stretto che difficilmente porterà ad una soluzione valida, duratura. Tranne che, come il solito, Lombardo non pensi di ricorrere all'intervento taumaturgico di Berlusconi per uscire dal gorgo in cui si è andato a cacciare. Ma, questa volta, il compito del Cavaliere non sarà facile giacché potrà tentare di convincere i suoi colonnelli siciliani ma non può, certo, esporli all'umiliazione, per giunta in campagna elettorale.
Se il governatore ha l'obiettivo ambizioso di superare il 4% anche quelli del Pdl e dell'Udc ne di più ambiziosi. Ma ormai il dado è tratto e Lombardo non può tirarsi indietro rispetto al passo compiuto con tanto clamore. Insomma, la matassa è molto ingarbugliata e sarà difficile per chiunque dipanarla.
Tranne che il vero scopo di tanto fracasso non sia - come sembra - la visibilità in campagna elettorale e quindi quello che più conta è avere, col gran gesto, attirato l'attenzione dei media e dell'elettorato.

Dopo il voto si conteranno morti e feriti. Magari, a seconda dei risultati, scoppierà la pace fra questi terribili nemici. Ritorneranno a governare insieme perché in ballo non ci sono solo i voti, ma oltre 13 miliardi di euro (fondi europei e Fas) da spendere da oggi al 2013, esattamente il tempo di questa legislatura. Staremo a vedere.
Al momento, con tali premesse, il percorso della eventuale nuova giunta si presenta davvero accidentato. E lo dimostra il fatto che tanti fra i nomi ritenuti papabili assessori hanno declinato cortesemente l'invito.
Evidentemente, non hanno molta voglia d'imbarcarsi sopra una nave così fragile, costretta a navigare a vista e in acque molto procellose.     
Come andrà a finire? Difficile prevederlo.
C'è chi, sbilanciandosi, arriva a congetturare addirittura un nuovo milazzismo. Molto improbabile, oltre che improponibile, se non altro perché non si intravvede, nemmeno in lontananza, un nuovo Silvio Milazzo.
Certo, anche oggi tutto si fa in nome dell'Autonomia. Con una differenza sostanziale però: ai tempi di Milazzo (1958) l'autonomia era un valore ancora autentico, in ascesa e quindi spendibile per la rinascita della Sicilia, oggi è in forte declino, perché usurato da 63 anni di malgoverno e di sprechi e pertanto ridotto ad un espediente demagogico per contrabbandare propositi clientelari ed elettorali.

*Pubblicato in la Repubblica del 27 maggio 2009

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28 maggio 2009
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