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Ancora bombe sulla Libia

Ribelli e milizie fedeli a Gheddafi lottano per i siti petroliferi. Dall'Italia, intanto, parte la missione umanitaria

04 marzo 2011

Oggi i ribelli libici si preparano a nuovi attacchi da parte delle forze fedeli a Muammar Gheddafi, mentre si lotta per il controllo di una strada costiera strategica e di strutture petrolifere.
L'aviazione di Tripoli ha bombardato di nuovo il terminal petrolifero di Brega, la città della Libia orientale teatro di duri scontri tra le milizie fedeli al colonnello Gheddafi e i rivoltosi.
Continua, quindi, la controffensiva militare delle truppe del colonnello in Cirenaica, dove è in corso la battaglia per i pozzi petroliferi. Ieri gli oppositori hanno respinto un raid aereo a Brega ed è stata attaccata anche Ajdabya. Tutto questo mentre la diplomazia internazionale intensifica la pressione su Gheddafi e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha lanciato un ultimatum al rais: "Deve andarsene - ha detto - Siamo pronti all'intervento militare".
La scelta di bombardare Brega è stata rivendicata da Saif Al Islam, figlio e delfino del colonnello, con un'indispensabile mossa stragegica. In un'intervista a Sky News, il secondogenito del raìs ha spiegato che l'attacco è stato lanciato per "costringere" i ribelli a ritirarsi. "Le bombe servono solo a costringerli a ritirarsi - ha spiegato - Non c'è centro abitato lì, la città di Brega è a miglia di distanza. Io sto parlando del porto, della raffineria di petrolio", ha detto Saif, sottolineando che il regime farà di tutto per riconquistare il controllo della raffineria. "E' l'hub libico per petrolio e gas - ha aggiunto - tutti noi mangiamo e viviamo grazie a Brega. Senza Brega, sei milioni di persone non hanno futuro, perché esportiamo tutto il nostro greggio da lì". "Nessuno permetterà ai miliziani di controllare Brega - ha concluso - è come se voi permetteste a qualcuno di controllare il porto di Rotterdam".
La rivolta contro i 41 anni di potere di Gheddafi ha cancellato quasi il 50% della produzione del Paese membro Opec, che era di 1,6 milioni di barili al giorno.

Altri attacchi aerei delle forze governative sarebbero in corso oggi, secondo i messaggi inviati via Twitter al sito online di Al Jazeera, a Misurata, città ad est di Tripoli in mano agli insorti. Secondo un sms, i bombardamenti si stanno concentrando sulla parte meridionale di Misurata, la terza città libica. "I jet militari stanno colpendo i civili, la mia famiglia li sta sentendo", è scritto in un messaggio. Combattimenti sono segnalati pure ad Ajdabiya dove le truppe fedeli a Gheddafi hanno lanciato un attacco aereo contro i rivoltosi antiregime nei pressi di una base militare ad ovest della città, controllata dagli insorti, senza però causare vittime. A riferirlo sono gli stessi dissidenti. Un corrispondente della France Press ha rivelato che la caserma attaccata dalle forze filogovernative "abbonda di munizioni, razzi anticarro, bazooka e lanciarazzi".
E sarebbero centinaia i giovani pagati dal regime libico per unirsi alla lotta agli insorti. Centinaia di combattenti della comunità tuareg del Mali si sono uniti alle forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi in Libia. È quanto ha riferito all'emittente Bbc una fonte ufficiale della regione di Kidal, nel Mali settentrionale. Secondo la fonte, nell'ultima settimana almeno 200-300 giovani tuareg hanno lasciato il loro paese per unirsi ai mercenari che combattono i rivoltosi in Libia. Questi miliziani sarebbero stati pagati centinaia di dollari. Diverse fonti hanno riportato che Gheddafi ha fatto ricorso ai mercenari per fermare la rivolta in particolare nella Cirenaica, dove diverse città sono cadute nelle mani dei rivoltosi.
Ieri, il governo libico ha portato dei giornalisti stranieri a visitare la Libia occidentale per dimostrare di avere la situazione sotto controllo. Al passaggio del convoglio, in cittadine e villaggi, folle festanti urlavano "Dio, Muammar, la Libia, insieme" mentre i bambini baciavano ritratti del rais. Ma i segni della resistenza sono evidenti. In molte cittadine, dice un giornalista Reuters, edifici erano stati dati alle fiamme e molte facciate sono coperte di slogan antigovernativi. Le strade sono pesantemente fortificate.

Intanto, nell'ambito degli sforzi internazionali per isolare il leader libico, l'Austria oggi ha esteso il congelamento di asset al numero due della Libyan Investment Authority (Lia), Mustafa Zarti, per via di possibili collegamenti con Gheddafi.
Il presidente americano Barack Obama, durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, ha ribadito come "Stati Uniti e il mondo intero" siano "oltraggiati" da quello che sta succedendo in Libia. "Il messaggio è chiaro, la violenza deve cessare, Gheddafi ha perso la sua legittimità e deve andarsene". Valutando un'eventuale azione militare contro il regime del colonnello Gheddafi, gli Stati Uniti, ha chiarito il presidente Usa, baseranno la loro decisione su "ciò che è meglio per il popolo libico". Obama chiede che gli Stati Uniti abbiano "la capacità di agire in maniera potenzialmete rapida" qualora la situazione in Libia si dovesse deteriorare. Il presidente ha sottolineato che al momento sta "considerando ogni opzione disponibile, in aggiunta alle azioni non militari che abbiamo intrapreso". Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato quindi di avere "approvato l'impiego di voli militari americani" per aiutare il rimpatrio in Egitto dei cittadini egiziani che sono fuggiti dalla Libia verso il confine tunisino. "Stiamo rispondendo velocemente" alla crisi umanitaria, ha detto ancora Obama, ricordando anche il sostegno degli Stati Uniti alle altre organizzazioni internazionali per l'evacuazione degli stranieri dal Paese nordafricano.
Le violenze, infatti, stanno provocando una crisi umanitaria, specialmente al confine con la Tunisia dove decine di migliaia di lavoratori stranieri fuggono per mettersi in salvo. I ribelli che hanno preso la città portuale di Zawiyah, 50 chilometri a ovest della capitale Tripoli, dicono di avere lanciato contrattacchi alle forze di Gheddafi e avvertono che medicinali e latte per bambini incominciano a scarseggiare. "Donne e bambini sono in casa mentre gli uomini sono armati e girano per le strade e la periferia in vista di un vasto attacco delle forze pro-Gheddafi", ha detto un testimone alla Reuters.

Una eventuale opzione militare in Libia "non è da considerare con leggerezza". Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, rispondendo a una domanda nel corso di un'intervista a Radio 24. "Evidentemente - ha proseguito - ci vogliono mandati precisi del Consiglio di sicurezza, della Nato, ma soprattutto abbiamo sentito le parole molto chiare della Lega araba" la quale "ha detto con assoluta chiarezza: 'gli occidentali non entrino con militari, con eserciti, con forze armate'. Solo chi non conosca per niente il mondo arabo - ha affermato Frattini - può parlare con leggerezza di un'azione nel cuore del mondo arabo da parte di militari occidentali". Quanto a Gheddafi, non è più un interlocutore possibile, ha considerato il ministro, "lo ha detto l'intera comunità internazionale, si tratta di una persona, lui stesso e la sua famiglia - ha sottolineato Frattini - sottoposti a sanzioni gravi dal Consiglio di sicurezza dell'Onu".
"Stiamo aiutando il popolo libico", ha proseguito il titolare della Farnesina, ma il trattato Italia-Libia "è giuridicamente sospeso perché, semplicemente, viene meno un interlocutore". "Un trattato si firma tra due governi, ma resta in vigore tra due Stati - ha sottolineato il ministro - Ho detto con grande chiarezza che non deve essere annullato, deve considerarsi sospeso, perché noi speriamo presto in una nuova Libia e quel trattato deve riprendere vigore".
Nel frattempo è tutto pronto per la missione italiana che porterà aiuti a Bengasi e che allestirà un campo in Tunisia al confine con la Libia: in serata salperà la nave italiana. "Credo che già stasera possa partire da Catania la nave italiana che da ieri sta caricando derrate alimentari, impianti per l'elettrificazione e la potabilizzazione", ha spiegato il ministro. Ci vorranno 30 ore di navigazione per arrivare al porto di Bengasi. Sul versante tunisino, "il team della Farnesina e quello della Protezione civile sono già sul posto e stanno verificando dove montare le tende", ha spiegato il ministro. L'obiettivo è "aiutare l'evacuazione di alcune decine di migliaia di cittadini egiziani".
Al confine tra Libia e Tunisia "abbiamo visto circa 90mila persone e sappiamo che in tutta la Libia ci sono almeno un milione e mezzo di non libici, che perdendo il lavoro non sanno dove andare", ha detto Frattini, concludendo: "non possiamo immaginare da dove potrebbero provenire altri flussi", per cui "dobbiamo essere pronti" al cosiddetto piano B di cui ha parlato il ministro dell'Interno Roberto Maroni.

Elisabetta Belloni, direttore generale della Cooperazione del ministero degli Esteri e responsabile della missione italiana in Libia e Tunisia che parte oggi, in una intervista al Sole 24 Ore, ha spiegato i termini della missione. "Gli aiuti sono quelli che ci ha forniti la Coop. Insieme ai generatori di elettricità, ai potabilizzatori d'acqua e ai kit sanitari di patologia generale saranno presi in consegna dal pattugliatore della Marina Lybra che partirà oggi dal porto di Catania alla volta di Bengasi". La missione "non è esente da rischi", e proprio per questo "ci siamo affidati alla Marina che imbarca anche alcuni elementi del reggimento San Marco". L'obiettivo è "far fronte alla pressione sul campo allestito dall'Unhcr vicino a Ras Ajdir", che giovedì ospitava "10 mila persone di cui 8 mila egiziani", con altri 11 mila profughi fuori dal campo che ancora devono essere identificati. Il team partito giovedì (cui si aggiungerà "un rappresentante della Croce Rossa e un funzionario austriaco che ha chiesto di farne parte") sta valutando "le esigenze della autorità tunisine". Da "sabato mattina", poi, l'Italia garantirà dall'aeroporto di Djerba "quattro voli al giorno con i nostri 130 dell'Aeronautica militare verso varie destinazioni dell'Egitto". E una volta "conclusa la ricognizione, la Cooperazione è disponibile a prevedere l'invio di charter civili per collegare la Tunisia all'Egitto.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Aki, Reuters.it, Peacereporter, Repubblica.it]

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04 marzo 2011
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