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Ancora nessun accordo con la Tunisia

Berlusconi e Maroni sono tornati da Tunisi senza un'intesa sottoscritta. Intanto a Lampedusa sono ripresi gli sbarchi

05 aprile 2011

Si è conclusa ieri pomeriggio la missione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, a Tunisi per discutere del problema dell'afflusso continuo di immigrati clandestini sulle coste italiane. Subito dopo il suo arrivo all'aeroporto di Tunisi, la tv di stato del paese nordafricano ha mostrato le immagini dell'accoglienza riservata al premier italiano dal suo omologo tunisino, Béji Caid Essebsi, mentre l'agenzia di stato 'Tap' preannunciava un incontro tecnico tra il ministro Maroni e il suo omologo tunisino, Habib al-Said, a capo del dicastero dell'Interno solo da qualche settimana.
Dopo il colloquio con il premier tunisino, Berlusconi si è mostrato ottimista, sostenendo che anche sulla questione dei rimpatri "c'è la disponibilità da parte del governo di Tunisi di esaminare la questione e la nostra volontà di farlo in modo assolutamente civile". Il premier italiano ha anche commentato quanto sta accadendo a Lampedusa, definendo "comprensibile" l'esodo dalla Tunisia anche perché i giovani nord africani "cercano un miglioramento delle condizioni di vita" ed ha ricordato i rapporti "sempre di grande amicizia" tra Italia e Tunisia, assicurando "ampia collaborazione" all'esecutivo di transizione di Tunisi "nel momento storico del passaggio alla democrazia".
Eppure i due esponenti del governo italiano non sono tornati a Roma con un'intesa già sottoscritta. Secondo l'emittente privata 'Hannibal', tecnici dei ministeri degli Interni di Roma e Tunisi si incontreranno ancora per definire un possibile accordo, e non è escluso che Maroni possa ritornare in Tunisia già oggi per sottoscriverlo. Maroni, infatti, ha lasciato in Tunisia una commissione tecnica, e oggi tornerà a Tunisi per "verificare i risultati".

Intanto mentre era in corso il vertice tra Berlusconi ed Essebsi, alcune decine di attivisti politici tunisini tenevano una manifestazione contro la politica del nostro governo sul tema dell'immigrazione davanti all'ambasciata italiana di Tunisi. In particolare chiedevano di "non espellere i clandestini" e di avere "un atteggiamento equo nei riguardi degli immigrati". Parlando ad Aki Adnkronos International, un esponente dell'associazione per la Cittadinanza tunisina, che ha organizzato il sit-in, Ummia al-Sadiq, ha spiegato che "le parole ascoltate nei giorni scorsi su questo tema ricordano il periodo delle colonizzazioni e del razzismo e non possono essere legate al nuovo corso democratico tunisino".
I manifestanti hanno protestato in particolare "contro il trattamento riservato agli immigrati tunisini nei centri di detenzione temporanea per clandestini in Italia. Non a caso un immigrato tunisino si è dato fuoco nel centro di Manduria. Chiediamo al nostro governo di firmare nuovi accordi nei quali imporre ai partner europei di rispettare i loro impegni".

Da Bruxelles, intanto, il portavoce della commissaria europea agli Affari interni, Cecilia Malmstroem, ha chiarito che se lo ritiene l'Italia può legalizzare i clandestini, permettendo così loro di viaggiare nel resto dell'Europa. "I Paesi membri hanno il diritto di autorizzare la permanenza di chiunque vogliano sul loro territorio - ha detto Marcin Grabiec - Se un Paese membro lo vuole, è possibile".
La disponibilità a proporre al Consiglio europeo l'attivazione della direttiva è stata sollecitata, in particolare, dal Pdl la scorsa settimana in un incontro tra il capogruppo dei parlamentari europei Mario Mauro e il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso. Nella direttiva 55 sulla protezione temporanea si specifica che le persone interessate devono "essere in fuga da zone di conflitto armato o di violenza endemica" o essere "a serio rischio, o essere state vittima, di sistematiche o generalizzate violazioni dei loro diritti umani". A queste persone viene concesso un permesso di residenza temporaneo per la durata massima di un anno, rinnovabile per un massimo di altri due periodi di sei mesi, senza attendere i normali tempi di verifica della richiesta di asilo. La norma comunitaria, approvata ai tempi della crisi del Kosovo, non è mai stata attivata. Prevede, tra l'altro, la concessione di alloggio, mezzi di sostentamento e diritto all'istruzione.
Alla Unione europea ha risposto il ministro degli Esteri Franco Frattini: "Garantire agli immigrati un documento che finirebbe per trasformarsi in un 'permesso di viaggio per l'Europa' non sarebbe un segnale di solidarietà europea. Se però l'Italia, una volta fermato l'arrivo di immigrati da Tunisi, vedesse una chiusura alla solidarietà da parte dell'Europa, allora in quel caso il permesso temporaneo di protezione potrebbe avere un senso".
Ieri sera, in un vertice a Palazzo Grazioli, è arrivato, almeno secondo le indiscrezioni, il via libera della Lega ai permessi di soggiorno temporanei che consentirebbero agli stranieri la libera circolazione nell'area Schengen e dunque la possibilità di lasciare l'Italia per altri paesi europei. Un'opportunità che costringerà altri Paesi a farsi carico del flusso di migranti, visto che per molti l'Italia è solo un transito verso altre destinazioni (Francia, Germania, Paesi Bassi e Gran Bretagna, le mete preferite): con la concessione di permessi a tempo i migranti non potranno più essere respinti alle frontiere.

A Lampedusa la tregua è durata poco - È ripresa l'ondata di sbarchi, dopo i trasferimenti di massa che ieri hanno praticamente svuotato Lampedusa. Due barconi con oltre 600 migranti sono approdati questa mattina all'alba sull'isola. Una delle "carrette", che sarebbe partita dalla Libia con circa 400 extracomunitari, in gran parte eritrei e somali, è riuscita ad eludere i controlli e a raggiungere Cala Creta dove alcuni profughi si sono allontanati a piedi. Nella zona sono ancora in corso ricerche dei carabinieri.
Tra i profughi ci sono numerose donne incinte e una decina di bambini. Alcuni extracomunitari si sono dispersi per l'isola e i carabinieri li stanno ancora cercando. Gli stranieri, partiti dalle coste libiche, hanno dichiarato di provenire da numerosi paesi: Somalia, Eritrea, Pakistan, Ghana, Burkina Faso, Mali, Nigeria.
Un altro barcone, intercettato ieri sera in avaria a 60 miglia dall'isola e soccorso in nottata da una motovedetta della Guardia Costiera, è arrivato intorno alle 9. Una quarta imbarcazione, avvistata in mattinata al largo, sta per essere "agganciata" da un'unità della Capitaneria. Ieri sera altri tre barconi, con a bordo complessivamente oltre 200 persone, avevano raggiunto l'isola.
Intanto, la nave "Catania", che secondo le autorità ha imbarcato 450 migranti, è partita soltanto questa notte alle 12.50 dal molo di Cala Pisana, dopo essere rimasta in banchina per circa 15 ore. La destinazione del traghetto, secondo quanto appreso, dovrebbe essere Civitavecchia o Livorno.
Questa mattina partiranno dall'isola 40 minori di nazionalità tunisina, che ieri sono stati identificati nel Cspa dell'isola; saliranno sul traghetto di linea diretto a Porto Empedocle, e da lì saranno condotti in comunità d'accoglienza. Nel centro dell'isola restano così altri 97 ragazzi che saranno trasferiti dopo la procedura d'identificazione.

Ieri mattina, al senatore Pd Furio Colombo è stato impedito di visitare il centro di accoglienza di Lampedusa. Per il politico si è trattato di un provvedimento ad personam. "Avevamo preparato la nostra visita - ha spiegato - informando preventivamente il comandante dei carabinieri che ci ha accolti in aeroporto e accompagnati verso il Centro". Giunto al centro insieme al deputato Andrea Sarubbi, non gli è stato invece consentito l'ingresso. "Mentre eravamo in macchina - ha detto il parlamentare - abbiamo ricevuto una telefonata da un rappresentante della prefettura di Agrigento il quale ci ha detto che oggi era assolutamente vietato l’accesso nel Centro anche ai parlamentari, che come tutti sanno possono visitare anche le carceri senza alcun preavviso". Da quanto si è appreso dai responsabili del Cpt, ieri mattina un altro parlamentare, Vincenzo Fontana del Pdl, ha invece visitato il Centro.

La denuncia dei Gesuiti: "Flussi fermati solo grazie ad accordi indegni con la Libia" - "I flussi migratori non si possono fermare, avevano subito uno stop solo grazie agli accordi indegni sottoscritti con la Libia e ora che le donne africane stanno arrivando sulle nostre coste e raccontano di quello che accadeva nei centri di raccolta e detenzione libici, ci accorgiamo di come andavano le cose". E' questa la denuncia fatta all'Adnkronos da padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, sezione italiana del Jesuit Refugee Service. "Le donne somale o etiopi - aggiunge - raccontano ora di come venissero violentate nei centri di detenzione in Libia, ci dicono che ogni volta che facevano la doccia scattava la violenza e di come si erano organizzate a gruppi di tre o quattro per potersi lavare e difendere. E' ora che la gente si renda conto della gravità dei fatti che stanno accadendo - spiega ancora padre La Manna - anche i cattolici dovrebbero indignarsi fortemente, perché si può pure parlare di distribuzione dei migranti in Europa, ma in primo luogo bisogna salvare le vite, raccogliere chi arriva con mezzi di fortuna, questo è un dovere, altrimenti i morti pesano sulla nostra coscienza".
Secondo il gesuita, in prima linea sul fronte dell'accoglienza profughi, "gli arrivi proseguiranno, tanto più che si va incontro all'estate e le condizioni sono più favorevoli. E dobbiamo tenere presente che se ora parliamo di emergenza tra un mese questo non sarà più possibile". "Non c'era alcun piano di accoglienza, questo è evidente, il caos di Lampedusa è stato determinato anche da questo. Se si fosse detto subito quello che si sta provando a dire ora, e cioè che i tunisini hanno diritto a una 'protezione temporanea o umanitaria', ora non saremmo in questa situazione e molti di loro avrebbero da tempo lasciato il nostro Paese", ha sottolineato ancora padre La Manna. Invece, osserva il gesuita "sono stati esasperati i tunisini e spaventati i richiedenti asilo con il risultato che ora anche questi ultimi, anche donne e bambini eritrei, scappano dai centri di raccolta, non si fanno prendere le impronte perché non si fidano". "Si voleva fare una distinzione fra tunisini e rifugiati e invece una gestione confusa ha prodotto l'appiattimento totale delle due categorie, tutti si sentono in pericolo".
Da parte sua don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, chiede che ci sia chiarezza sugli accordi tra Italia e Libia. "La soluzione migliore sarebbe quella di mettere i giovani tunisini in condizione di non dover partire cercando una vita migliore - sottolinea al Sir, l'agenzia stampa della Cei -. Questo si può fare solo con una vera cooperazione internazionale".
Secondo don Nastasi anche l'attribuzione dello status giuridico di "protezione umanitaria temporanea", "agevolerebbe molto tutto il percorso". Il fatto che molte Regioni italiane si siano inizialmente opposte all'accoglienza degli immigrati fa pensare che "non si vogliano condividere i pesi di questa situazione, che è sicuramente difficile da gestire - ammette don Nastasi -, ma che non si risolve scaricando tutto solo su Lampedusa".

Il CIR sui migranti tunisini: "Basta caos, diamo protezione!" - "Concedere a tutti i tunisini arrivati in questo periodo in Italia un permesso di soggiorno per protezione temporanea e richiedere lo stesso trattamento alla Francia e agli altri Stati Europei": è questo il messaggio che ha lanciato il Comitato Direttivo del Consiglio Italiano per i Rifugiati - presieduto da Savino Pezzotta con la partecipazione di Acli, Arci, Centro Astalli, Cgil, Cisl, Comunità di Sant’Egidio, Federazione Chiese Evangeliche, Fondazione Migrantes, Fondazione Franco Verga, Lega Italiana Diritti dell’Uomo, Uil, Ugl, Unione Forense per i Diritti dell’Uomo – riunitosi lo scorso primo aprile.
"L’attuale caos, l’accoglienza non dignitosa e inadeguata e la confusione nell’opinione pubblica – denuncia il CIR – sono il risultato innanzitutto del fatto che da parte del governo non c’è alcuna chiarezza sullo status giuridico delle persone arrivate in questi ultimi 2 mesi dalla Tunisia".
Il CIR, dunque, insiste affinché "le leggi vigenti siano applicate scrupolosamente. Questo include il divieto di trattenere le persone per più di 48 ore senza ordine del giudice; di rispettare anche in situazioni di vera o presunta emergenza i diritti elementari e la dignità delle persone; la protezione dei minori, dei malati, delle donne in stato di gravidanza" e "affinché le persone siano immediatamente trasferite da Lampedusa verso la terra ferma e che le Regioni mettano a disposizione e allestiscano strutture di accoglienza diffuse sul territorio in collaborazione con gli Enti locali e le organizzazioni della società civile evitando tendopoli e altri concentramenti massicci di persone, seguendo l’esempio dato dalla Regione Toscana".
Secondo il CIR, la concessione di un permesso di soggiorno temporaneo "permetterebbe anche di superare la fuorviante distinzione tra 'clandestini' e 'profughi', fermo restando il diritto di ogni cittadino straniero di richiedere asilo. E con la concessione della protezione si eviterebbe di creare 20mila migranti irregolari".
Il Consiglio Italiano per i Rifugiati, inoltre, ribadisce che "il rimpatrio coatto massiccio in Tunisia deve essere escluso non solo perché evidentemente impraticabile, ma anche ai fini della solidarietà dovuta al difficile processo di democratizzazione in Tunisia" e alla luce delle continue tragedie nel Mediterraneo, rilancia il suo appello agli Stati Membri dell’Unione Europea per una "evacuazione umanitaria dei rifugiati sub-sahariani da Libia,Tunisia, Egitto e Algeria".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Aki, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere del Mezzogiorno.it, Adnkronos/Ing, Aise]

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05 aprile 2011
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