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Ancora sulla Chiesa e la "peste pedofila"

Mentre Benedetto XVI si dice pronto a incontrare le vittime degli abusi, dagli Usa arrivano nuove accuse nei suoi confronti

13 aprile 2010

Nei giorni scorsi il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha ribadito la necessità di fare giustizia sui casi di abusi sessuali che coinvolgono i sacerdoti sia attraverso le norme del diritto canonico che vanno applicate con decisione, che attraverso la collaborazione con le autorità civili. In una lunga nota per la Radio Vaticana ha scritto: "Accanto all'attenzione per le vittime bisogna, poi, continuare ad attuare con decisione e veracità le procedure corrette del giudizio canonico dei colpevoli e della collaborazione con le autorità civili per quanto riguarda le loro competenze giudiziarie e penali, tenendo conto delle specificita' delle normative e delle situazioni nei diversi paesi". "Solo così - ha aggiunto - si può pensare di ricostituire effettivamente un clima di giustizia e la piena fiducia nell'istituzione ecclesiale".
Benedetto XVI, ha aggiunto padre Lombardi, è disponibile a incontrare nuovamente le vittime degli abusi sessuali da parte del clero. "Nel contesto dell'attenzione alle vittime - ha scritto ancora Lombardi nella lunga nota per la Radio Vaticana - il Papa ha scritto di essere disponibile a nuovi incontri con esse, coinvolgendosi nel cammino di tutta la comunità ecclesiale. Ma e' un cammino che per raggiungere effetti profondi deve ancor di piu' svolgersi nel rispetto delle persone e alla ricerca della pace".

Nonostante la disponibilità del Papa, giusto un paio di giorni fa dagli Usa è arrivata contro di lui una nuova dura accusa, con documenti che proverebbero la resistenza alla rimozione di preti pedofili operata dall'allora cardinale Ratzinger, per timore che ciò avesse conseguenze sulla Chiesa. Una lettera in particolare, ottenuta dall'agenzia Ap, mostrerebbe come nel 1985 Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, fece resistenza alla riduzione allo stato laicale di Stephen Kiesle, sacerdote statunitense accusato di pedofilia, spiegando che ciò avrebbe avuto conseguenze sul "bene della Chiesa universale". La lettera fa parte della corrispondenza tra il Vaticano e la diocesi californiana di Oakland.
Secondo il Vaticano - che stigmatizza i continui tentativi di coinvolgere il Papa in scandali e segnala "cinque inesattezze" nella ricostruzione del "caso Kiesle" - l'allora cardinale Ratzinger non dispose la riammissione di Kiesle, ma suggerì prudenza. Ratzinger, hanno affermato fonti autorevoli della Santa Sede, consigliava "di avere la massima cura paterna" non tanto per il prete "quanto - si sottolinea - per le vittime e per i bambini che mai più avrebbe dovuto poter avvicinare". Il card. Ratzinger definiva gli argomenti a favore della riduzione del sacerdote allo stato laicale di "grande significato", ma suggeriva prudenza al vescovo di Oakland, mons. John Cummins, sottolineando di considerare "il bene della Chiesa universale" e il "danno che concedere la dispensa può provocare nella comunità dei credenti in Cristo, in particolare vista la giovane età" del religioso, poi ridotto allo stato laicale nel 1987, due anni dopo la lettera. "Quella invocata dal futuro pontefice risulta dunque - si è fatto notare - un normale invito alla prudenza per vedere chiaro nelle cose prospettatte dalla diocesi".
Il Papa è stato difeso anche dal cardinale Angelo Bagnasco nel corso di un'intervista alla Cnn. Sembra che ogni atto del Papa "irriti" certi ambienti e "uno si deve chiedere il perché", ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana. "La Chiesa ha sempre perseguito e dato indicazioni di massima trasparenza e fermezza nell'affrontare la pedofilia. Non c'è stata una cultura del silenzio imposta o predicata dalla Chiesa, a nessun livello. È sotto gli occhi di tutti il fatto che diversi vescovi di varie nazioni, una volta trovati responsabili di non essere prontamente intervenuti contro alcuni preti e avere nascosto i fatti, si sono dimessi", ha detto il cardinale.

Dal Vaticano, infine, sono state ripubblicate le linee guida che il clero deve seguire per affrontare i casi di abusi sessuale in ambiente ecclesiastico.
"Noi non imponiamo ai vescovi di denunciare i propri sacerdoti, ma li incoraggiamo a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti di cui sono state vittime". Solo laddove il sistema giuridico lo prevede "i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all'autorità giudiziaria". E' quanto ha affermato in merito al tema della pedofilia fra i sacerdoti, nei giorni scorsi, il promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della fede, vale a dire il procuratore generale del Vaticano. In un'intervista rilasciata ad Avvenire e poi distribuita dalla Sala stampa vaticana, Scicluna faceva il punto sulle procedure previste dalla Santa Sede in materia di abusi sui minori. Oggi le linee guida in materia, risalenti al 2003, sono state pubblicate nuovamente dal sito.
"In alcuni Paesi di cultura giuridica anglosassone - precisava il procuratore vaticano - ma anche in Francia i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all'autorità giudiziaria. Si tratta di un dovere gravoso perché questi vescovi sono costretti a compiere un gesto paragonabile a quello compiuto da un genitore che denuncia un proprio figlio. Ciononostante, la nostra indicazione in questi casi è di rispettare la legge".
Le affermazioni di Scicluna spiegano quanto previsto dalle linee guida, e cioè che "si deve sempre seguire il diritto civile in materia di notifica di crimini alle autorità competenti". Con questa formula si afferma che laddove il sistema giudiziario prevede l'obbligo di denuncia alle autorità civili, i vescovi sono chiamati ad ottemperare alla legge come tutti gli altri cittadini. Secondo molte legislazioni, però, tale obbligo non esiste pure quando il codice penale prevede pene severe per chi abusa dei minori. Insomma è una formula che tiene conto dei differenti sistemi giuridici. Le norme messe oggi a disposizione di ogni utente della rete sul sito del vaticano - e risalenti al 2003, dunque non si tratta degli attesi "aggiornamenti" - costituiscono un contributo "alla chiarezza e all'informazione che il Vaticano ha voluto dare su questa materna" dicono nei sacri palazzi.

Fra i punti, già noti che però emergono nel documento pubblicato oggi c'è quello nel quale si afferma che "la diocesi locale indaga ogni accusa di abuso sessuale su un minore da parte di un chierico". Quindi si precisa: "Se l'accusa ha una parvenza di verità, il caso è rinviato alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Vescovo locale trasmette tutte le necessarie informazioni alla Congregazione per la Dottrina della Fede ed esprime il suo parere sulle procedure da seguire e le misure da adottare nel breve e lungo termine".
Poi si osserva ancora: "Durante la fase preliminare e fino a quando il caso è concluso, il Vescovo può imporre misure cautelative per salvaguardare la comunità, comprese le vittime. Infatti, il Vescovo locale conserva sempre il potere di proteggere i bambini limitando le attività di un sacerdote nella sua diocesi". "Questo fa parte - si aggiunge - della sua autorità ordinaria, che egli è incoraggiato ad esercitare in qualunque misura necessaria per assicurare che i bambini non subiscano danno. Tale potere può essere esercitato a discrezione del Vescovo, prima, durante e dopo ogni procedimento canonico".
In quanto all'azione della congregazione per la dottrina della fede, essa può o "condurre un processo penale giudiziario dinanzi ad un tribunale della Chiesa locale" oppure "può autorizzare il Vescovo locale a procedere ad un processo penale amministrativo davanti ad un delegato del Vescovo locale, assistito da due assistenti". Il sacerdote accusato è chiamato a rispondere alle accuse e al riesame delle prove. "L'imputato ha il diritto di presentare ricorso alla Congregazione per la Dottrina della Fede contro un decreto di condanna ad una pena canonica. La decisione dei Cardinali membri della Congregazione per la Dottrina della Fede è definitiva".

Ci sono infine i casi più gravi che arrivano direttamente al Papa, il quale può emanare "un decreto 'ex officio' di dimissione dallo stato clericale. Non vi è alcun rimedio canonico contro tale decreto papale".
Ancora, in relazione ai provvedimenti disciplinari, si specifica che: "Nei casi in cui il sacerdote accusato ha ammesso i suoi crimini e ha accettato di vivere una vita di preghiera e di penitenza, la Congregazione per la Dottrina della Fede autorizza il Vescovo locale a emettere un decreto che vieti o limiti il ministero pubblico di un tale sacerdote".
"Tali decreti - proseguono le linee guida - sono imposti con un precetto penale che comporta una pena canonica per la violazione delle condizioni del decreto, non esclusa la dimissione dallo stato clericale. Il ricorso amministrativo alla Congregazione per la Dottrina della Fede è possibile contro decreti del genere. La decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede è definitiva". Infine s'informa che la Congregazione per la dottrina della fede sta studiando l'aggiornamento di queste norme che non è previsto intacchino la sostanza di queste procedure.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Corriere.it]

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13 aprile 2010
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