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Arde di continuo il fuoco dell'odio

Non cessano i combattimenti tra Israele e Libano, mentre affondano le risoluzioni internazionali

07 agosto 2006

Il fuoco non cessa tra israeliani e libanesi. Almeno 15 persone, 12 militari della riserva israeliana e tre civili, sono morte nei massicci attacchi sferrati nella giornata di ieri, domenica, da Hezbollah. Nel mirino il villaggio di Khfar Giladi, nel nord di Israele, e la cittadina di Haifa, la terza più importante dello stato ebraico. Si è trattato dell'attacco più duro inferto alla terza città israeliana dalle milizie del partito di Dio, da quando sono iniziate le ostilità il 12 luglio.
E anche stamattina i razzi Katiuscia hanno bersagliato l'Alta Galilea. La risposta israeliana tuttavia non si è fatta attendere: nella notte fra sabato e domenica, e per tutta la giornata di ieri, le azioni militari israeliane si sono dispiegate tanto con raid aerei che con incursioni terrestri. Sei persone sono morte nel villaggio di Ansar, nel Libano meridionale, sottoposto ad almeno quattro ondate di bombardamenti da parte israeliana.
 
La guerra continuerà ancora, mentre la politica dei due paesi interessati e di tutta la comunità internazionale continua a veder fallire le proprie risoluzioni diplomatiche.
Il Libano ha respinto la la bozza di risoluzione concordata da Usa e Francia, che invoca ''la cessazione delle ostilità'' (leggi Corriere.it), e dopo il no del governo libanese, è arrivato, di fatto, quello degli Hezbollah, per bocca di quello che il suo principale rappresentante in seno alle istituzioni libanesi, vale a dire il presidente del Parlamento Nabih Berri.
''Il Libano respinge ogni risoluzione dell'Onu che sia al di fuori del piano in sette punti'' enunciato dal premier Fuad Siniora alla conferenza di Roma (leggi), ha detto Berri.
''Avremmo voluto vedere le nostre preoccupazioni maggiormente riflesse nel testo'', ha spiegato un alto funzionario del ministero degli Esteri libanese alle Nazioni Unite. ''Sfortunatamente esso manca, per esempio, della richiesta del ritiro delle forze israeliane dal Libano''.

Il piano libanese presentato a Roma il 26 luglio scorso chiede un immediato ''cessate-il-fuoco'', il ritiro delle forze israeliane dal sud del Libano, il ritorno a casa dei libanesi fuggiti, il dispiegamento di una forza congiunta Onu-Libano nel sud e il disarmo di Hezbollah. Una proposta molto diversa in alcuni punti da quella maturata a seguito del compromesso tra Usa e Francia.
Un testo che non ha convinto neanche uno dei ''convitati di pietra'' della crsi israelo-libanese: l'Iran. ''La bozza di risoluzione dell'Onu concordata da Stati Uniti e Francia per risolvere la crisi in Libano è ingiusta e non potrà portare a una soluzione perché risponde alle esigenze di una sola delle parti in conflitto'': ha detto Ali Larijiani, segretario del Consiglio supremo di sicurezza dell'Iran. Secondo Larijani, la bozza favorisce gli interessi degli israeliani a scapito di Hezbollah. ''Per esempio - spiega - chiede la liberazione immediata di tutti i prigionieri israeliani, ma precisa che quelli libanesi verranno liberati in seguito a trattative sotto supervisione Onu''.
E anche l'altro ''convitato di pietra'', la Siria, ha ribadito il suo no alla possibile risoluzione Onu. ''Questa bozza di risoluzione è cattiva nel vero senso della parola e per noi in Siria è impossibile accettare che qualsiasi cosa sia imposta sul Libano''. Lo ha affermato a Beirut il ministro degli esteri siriano, Walid Al Muallem. Con una risoluzione come questa, ha rilevato, ''loro (Stati Uniti e Francia) tentano di salvare Israele dopo il suo fallimento militare''. ''La Siria risponderà immediatamente a qualsiasi attacco israeliano'', ha proseguito Muallem, al quale è stato chiesto il suo parere su una eventuale guerra regionale. ''Sarà benvenuta'', ha risposto il ministro.

E sabato scorso, verso i martoriati territori libanesi, è partita una delegazione formata da associazioni pacifiste e di Ong italiane, attive in questi ultimi anni in Libano, che si riconoscono nel movimento per la pace e nel processo dei Forum sociali.
Scopo principale della missione è verificare come sostenere al meglio la società civile libanese nella richiesta espressa alla società civile internazionale di mobilitarsi per un cessate il fuoco immediato e di sostenere la loro opera di accoglienza e assistenza agli sfollati dalle bombe.
I rappresentanti della società civile italiana rimarranno a Beirut fino al 9 agosto e incontreranno i rappresentanti delle associazioni e delle reti della società civile libanese e palestinese, laiche e religiose, le istituzioni libanesi, l'Ambasciata italiana e la Delegazione della Commissione Europea, le agenzie internazionali umanitarie; visiteranno ospedali e le installazioni di emergenza in cui è ospitata la popolazione sfollata.

La delegazione, nel chiedere con fermezza l'immediato cessate il fuoco e l'apertura di negoziati, esprime solidarietà a tutte le vittime del conflitto: libanesi, palestinesi e israeliane e condanna l'ingiustificato attacco israeliano contro un paese sovrano e l'indiscriminato bombardamento della popolazione e di obiettivi civili, di cui il massacro di Cana è una delle manifestazioni più sconvolgenti.
La delegazione è composta da Un Ponte per, Arci, Assopace, Libera, Pax Christi, Rete di Lilliput, Servizio Civile Internazionale e CISS e ARCS in rappresentanza del Gruppo Libano - Piattaforma Palestina (AOI), e questa si prefigge come scopo di solidarizzare con la popolazione bombardata e sostenere la società civile libanese impegnata nel difficile lavoro di informazione indipendente sulla guerra e di assistenza alla popolazione. In Libano non ci sono solo guerra e vittime, c'è anche una società civile che in questi difficili anni si è rimboccata le maniche e ha lavorato per ricostruire il Paese, consolidare la convivenza, promuovere i diritti umani e la democrazia, e ristabilire la sovranità nazionale.
La delegazione ritiene che una pace duratura in Medio Oriente possa solo basarsi sul rispetto del diritto internazionale e di tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite, a partire da quelle che richiedono a Israele il ritiro dai territori occupati in Palestina, Siria e Libano, e il rispetto di tutte le convenzioni umanitarie internazionali.

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07 agosto 2006
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