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Arrestato il boss di Salemi

Salvatore Miceli, ''re del narcotraffico'' e vicino a Messina Denaro è stato arrestato in Venezuela

22 giugno 2009

Il capomafia di Salemi Salvatore Miceli, inserito nell'elenco dei 30 latitanti più pericolosi, è stato arrestato ieri a Caracas, in Venezuela, dai carabinieri del comando provinciale di Trapani in collaborazione con l'Interpol che sono sulle sue tracce da otto anni. L'indagine è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
Il blitz è scattato alle 21, ora locale (in Italia le 4 del mattino), del 20 giugno quando il latitante, al termine di un estenuante servizio di osservazione e pedinamento, è stato individuato all'uscita del lussuoso albergo Hotel Caracas Cumberland. Con lui sono stati fermati due persone, di nazionalità italiana, sul conto delle quali sono in corso accertamenti.
Dunque, non gli sono bastati gli accorgimenti messi in atto con fare da vero padrino: travestimenti e frequenti cambi di alberghi e residenze.

Il boss, considerato un elemento di spicco del narcotraffico internazionale, era ricercato dal 2001, in seguito a una condanna per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti divenuta definitiva.
Nel maggio del 2003 la polizia aveva arrestato, nell'ambito di un'operazione antidroga, anche la moglie di Miceli, Veronica Dudzinski, e i figli Ivano e Mario. Per capire la statura criminale di Miceli, basta ricordare un'intercettazione telefonica che risale al 2000, quando Pino Lipari, stretto collaboratore e consigliere di Bernardo Provenzano, gli affidò la gestione del traffico internazionale di stupefacenti per conto di Cosa nostra.
Sempre in Venezuela, nell'ottobre del 2007, fu arrestato dalla squadra mobile di Trapani un altro uomo legato a Miceli, Francesco Termine, anche lui dedito al narcotraffico.

Nipote del boss di Salemi Salvatore Zizzo, morto nel 1981, Miceli era finito in manette nel marzo del 1983 (su di lui pendeva un provvedimento restrittivo della magistratura statunitense), nell'ambito di un'operazione congiunta tra carabinieri, polizia e finanza che aveva portato all'arresto di 22 persone. Nell'ottobre del '90 di Miceli si occupò l'allora procuratore di Marsala, Paolo Borsellino, che lo fece arrestare grazie alle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Giacoma Filippello (convivente del boss Natale L'Ala, ucciso il 7 maggio 1990 durante la guerra di mafia scatenata in provincia di Trapani dai corleonesi di Totò Riina), la quale lo indicò come personaggio di spicco del traffico internazionale di droga.
Legato al boss latitante trapanese Matteo Messina Denaro, Miceli avrebbe avuto anche il compito di cucire rapporti tra Cosa nostra, la 'Ndrangheta calabrese e i cartelli colombiani della cocaina.

Nelle fasi dell'arresto, quando Miceli si è trovato davanti i gendarmi, parlando in spagnolo ha fornito un nome falso. Ma il tentativo di nascondere la sua identità è durato poco, il tempo di capire che tra quegli uomini c'erano due marescialli dei carabinieri di Trapani. Ancor prima che gli prendessero le impronte digitali, il boss ha così rivelato il suo vero nome. I carabinieri già da quattro giorni ritenevano di avere individuato il superlatitante, ma prima di passare all'azione hanno aspettato di avere l'assoluta certezza. L'ultima foto segnaletica del boss risaliva al '93 e oggi il suo aspetto fisico è molto cambiato. Uno degli ufficiali dell'Arma che ha coordinato l'operazione, ha raccontato che Miceli cambiava look più volte al giorno ed evitava di frequentare gli stessi alberghi.

In Italia dopo l'arresto di Miceli, i carabinieri del reparto di Trapani hanno operato una raffica di perquisizioni a Salemi, Marsala, Mazara del Vallo e in altri centri del palermitano. I militari, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno passato al setaccio la rete dei presunti fiancheggiatori e trafficanti ritenuti vicini a Miceli. Gli investigatori ritengono che, negli ultimi mesi, Salvatore Miceli abbia compiuto un ulteriore salto di qualità, diventando il punto di riferimento tra Cosa nostra siciliana e i narcos del Sud America. Il salto di qualità di Miceli, già considerato un importantissimo anello di congiunzione tra la mafia e la 'ndrangheta, è evidenziato dai risultati dell'indagine: Miceli, negli ultimi mesi ha fatto in continuazione la spola tra Venezuela, Colombia e Stati Uniti.
L'operazione che ha portato all'arresto di Miceli e che potrebbe avere ulteriori sviluppi nelle prossime ore, rientra nell'ambito di un progetto investigativo dei carabinieri per disarticolare la rete transnazionale del narcotraffico. [Informazioni tratte da Ansa.it, La Siciliaweb.it, Il Sole 24ORE.com, Apcom]

Il commento di Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi - "L'arresto di Salvatore Miceli segna un riavvicinamento sempre più inevitabile alla fine della mafia da me prefigurato e inteso come fine di una mafia artigianale dedita al narcotraffico e con i comportamenti tradizionali che rappresentano l'idea del mafioso latitante. Così la Città di Salemi è finalmente liberata anche dall'ultimo richiamo all'immagine tradizionale della mafia. Ma purtroppo è terribilmente viva e minacciosa la mafia industriale che s'insinua nell'impresa dello Stato con il prepotente sostegno di multinazionali dell'energia in oscene e scandalose pubblicità dello scempio del territorio, pubblicità televisive e sui principali organi di stampa. Una esibizione oscena dell'affare più grosso, della mafia che non si sporca le mani.
Finisce un'epoca e se ne afferma un'altra che sconvolge il paesaggio come a Salemi ha sconvolto il centro storico approfittando oscenamente dei finanziamenti dello Stato. La mafia non è più il narcotraffico dei latitanti, ma l'immagine di una inaudita violenza del centro storico con il contributo determinante dello Stato"
. [Ufficio per la Comunicazione della Città di Salemi]

- "Il ministro degli Esteri di Cosa Nostra" di Salvo Palazzolo

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22 giugno 2009
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