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Arrestato un altro superboss latitante dal '95

La Catturandi di Palermo ha arrestato Francesco Di Fresco. Era inserito nell'elenco dei cinque latitanti più pericolosi

07 ottobre 2010

La squadra mobile di Palermo ha arrestato il latitante di mafia Francesco Di Fresco, 53 anni, sfuggito alla cattura dal '95. L'uomo era in un appartamento vicino all'ospedale Villa Sofia. Di Fresco sarebbe affiliato al mandamento di corso dei Mille-Brancaccio e viene indicato dagli investigatori come uno dei cinque latitanti di Cosa nostra più pericolosi a Palermo.
Nel luglio del 1995 contro Di Fresco venne firmata un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio premeditato in concorso, sequestro di persona e distruzione di cadavere.

Era un vero e proprio bunker con tanto di intercapedini nascoste ricavate nel suo appartamento di via Croce Rossa il covo di Di Fresco. L'uomo, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Antonino Vallecchia, quando ha visto gli agenti piombare nel suo appartamento, da mesi usato come covo, ha cercato di scappare e nascondersi nella stanzetta, nascosta dietro un armadio, ricavata in un'intercapedine della casa. Il capomafia, però, non ha avuto il tempo di allontanarsi ed è finito in manette senza opporre resistenza.
Gli uomini della sezione Catturandi della Mobile di Palermo, guidati da Gianfranco Minissale, dall'alba, erano appostati all'esterno dell'abitazione. Quando Giuseppe Di Fresco, il figlio del boss, è uscito per andare al lavoro, l'hanno fermato e gli hanno preso le chiavi di casa per entrare senza far rumore. Dentro, oltre a Di Fresco, c'erano la moglie Maria Grazia Bonura e la figlia Federica. I familiari saranno denunciati per procurata inosservanza di pena (il favoreggiamento non è contestabile ai congiunti del ricercato): il boss infatti deve scontare una condanna definitiva all'ergastolo per omicidio e sequestro di persona e si è reso latitante proprio dopo il verdetto. Nella casa non sarebbero state trovate armi, né documentazione o pizzini utili agli investigatori.

La polizia per mesi hanno sorvegliato i familiari del ricercato. L'indagine ha avuto un'accelerazione a metà agosto: la moglie del capomafia non usciva mai di casa, ha trascorso nel lussuoso appartamento il ferragosto e si assentava sempre per brevissimi periodi. Lo strano comportamento della donna ha confermato i sospetti degli inquirenti che, lunedì scorso, hanno fatto una perquisizione nell'abitazione. Il tavolo della cucina era apparecchiato per tre persone: circostanza che la Bonura ha spiegato sostenendo che a pranzo, oltre a lei e alla figlia, studentessa universitaria, sarebbe arrivato il figlio Giuseppe, che lavora come dipendente al distributore di benzina. Ma gli investigatori sapevano che il ragazzo non rientra mai a mangiare. Durante la perquisizione gli agenti hanno notato che la struttura della casa era diversa dalla planimetria a loro disposizione. In particolare ad insospettirli è stato un armadio poggiato a una parete. Gli inquirenti hanno scoperto oggi che nascondeva una sorta di stanzetta di un metro e 20 per 50 centimetri in cui il latitante entrava quando arrivava qualcuno a casa. Mentre lunedì gli agenti rovistavano la casa il boss era dentro il locale ricavato dietro l'armadio. "Il fatto che il capomafia non si sia mosso, nonostante la perquisizione dei giorni scorsi - ha spiegato il procuratore aggiunto che ha coordinato l'indagine, Vittorio Teresi - vuol dire che si sentiva tranquillo. Il fatto di non essere stato trovato dagli agenti l'aveva convinto che il covo era sicuro".
"Dedichiamo quest'ennesima vittoria dello Stato - ha detto Maurizio Calvino, capo della Squadra mobile di Palermo - all'indimenticato Mario Bignone (il capo della sezione Catturandi di Palermo, scomparso prematuramente qualche mese fa, ndr)". "Oggi - ha aggiunto il questore del capoluogo siciliano, Alessandro Marangoni - tagliamo un altro traguardo, vinciamo un'altra battaglia sulla lunga strada della lotta alla mafia, che sono certo vinceremo definitivamente". [ANSA]

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07 ottobre 2010
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