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Aspettando la fiducia del Senato

Ieri alla Camera, oggi al Senato. Berlusconi vede la sua maggioranza più forte ma i numeri lo smentiscono

30 settembre 2010

Ieri alla Camera, oggi al Senato. Seconda e ultima puntata quella che "verrà mandata in onda" in questo giovedì a palazzo Madama della verifica parlamentare sul governo Berlusconi. Il voto di fiducia del Senato, dopo il risultato a Montecitorio, appare piuttosto scontato.
Stamane Berlusconi, appena preso posto sullo scranno ha subito rivendicato il "risultato positivo" ottenuto ieri alla Camera, con una "maggioranza più ampia e articolata rispetto alla fiducia ottenuta nel 2008" che rende la "maggioranza più forte" per andare avanti fino a fine legislatura. Accolto dagli applausi, il premier interviene al Senato per chiedere la fiducia dell'altro ramo del Parlamento. "La maggioranza è più forte - ha detto - Alla Camera ha ottenuto il consenso di tutti i parlamentari eletti nelle sue file, con pochissime eccezioni personali, e di diversi altri deputati che hanno liberamente, li-be-ra-men-te, ritenuto di assumersi la responsabilità di costruire con noi la stagione delle riforme". Per Berlusconi è questo "il vero dato politico", il resto sono "confusi calcoli di aritmetica parlamentare che non appassionano me e che non credo appassionino affatto gli italiani". "Abbiamo il dovere di continuare a governare, anche se non è facile, non è semplice. E tante volte verrebbe veramente la voglia di dire: lasciamo agli altri questo sacrificio" ha detto Berlusconi.
Al termine del discorso del premier si aprirà il dibattito. Che dovrebbe concludersi entro le 16 quando si prevede il premier tornerà a prendere la parola per la sua replica e la richiesta di fiducia. Seguiranno le dichiarazioni di voto.

Riassunto della puntata precedente...
Ieri la Camera ha dato la fiducia governo. I sì sono stati 342, i no 275 e tre gli astenuti per un totale di 620 votanti. Il sottosegretario Roberto Menia, di Fli, Giancarlo Pittelli del Pdl e Rocco Buttiglione dell'Udc, hanno spiegato di non essere riusciti a votare, precisando, nel caso dei primi due, che il loro sarebbe stato un sì, mentre per quanto riguarda l'esponente centrista un no. Menia, che tra l'altro risultava anche in missione, ha spiegato di essere impegnato in un'intervista, mentre Pittelli di essere stato colto da un lieve malore.
"I numeri sono limitati, la strada è stretta. Vedremo", è stato il commento di Umberto Bossi che ha aggiunto: "Nella vita è sempre meglio pigliare la strada maestra, e la strada maestra è il voto. Berlusconi non l'ha voluto e siamo a questo punto".
"I voti si contano e non si pesano: la notizia è che il governo Berlusconi ottenne la fiducia alla Camera il 14 maggio 2008 con 335 voti favorevoli e oggi ne ha incassati 342", ha invece detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi.

Dall'opposizione il leader del Pd Pier Luigi Bersani ha affermato che la giornata di ieri ha dimostrato un "indebolimento ulteriore di questo governo". "La maggioranza si è articolata in quattro componenti che non sono riuscite neppure a firmare assieme la mozione di fiducia - ha sottolineato Bersani - Siamo, a dirla con una formula teologica, ad una situazione di unità nella diversità. Andiamo incontro a un passaggio di ulteriore instabilità".
Futuro e libertà ha cantato vittoria. "Il presidente del Consiglio ha dovuto prendere atto in aula che il gruppo di Futuro e Libertà c'è, si è conquistato il suo spazio e ha creato un'intesa politica e programmatica con l'Mpa di Raffaele Lombardo, essenziale per l'esistenza stessa della maggioranza di governo. Il risultato del voto ha detto agli italiani che senza Futuro e Libertà non ci sarebbe più questo governo", ha dichiarato dal canto suo Carmelo Briguglio, deputato di Futuro e Libertà per l'Italia.
Proprio il movimento di Gianfranco Fini, nella giornata della fiducia al governo, ha accelerato: martedì prossimo il presidente della Camera ha convocato tutti i parlamentari di Fli per approfondire il discorso sul nuovo progetto politico.
Intanto si è aperto il 'caso Granata'. Il deputato finiano ha votato no alla fiducia sull'intervento di Silvio Berlusconi alla Camera, motivo per cui il vicepresidente Antimafia è stato convocato da Gianfranco Fini nel suo ufficio a Montecitorio. "Ho votato contro la fiducia come reazione simbolica agli attacchi vergognosi a cui in questi mesi è stato sottoposto il presidente Fini sul piano politico e personale", ha dichiarato Fabio Granata poco dopo aver votato. "Mi riconosco e condivido pienamente le posizioni del gruppo 'Futuro e Libertà per l'Italia', così come espresse oggi in aula dal capogruppo Bocchino. Il nostro gruppo parlamentare, anche attraverso l'asse strategico con l'Mpa, ha dimostrato di essere tassello indispensabile per la governabilità", ha poi aggiunto.
Il portavoce dell'Mpa, Aurelio Misiti, non ha risposto alla chiamata per il voto di fiducia. Gli altri quattro deputati del movimento che fa capo a Raffaele Lombardo hanno invece votato la fiducia al governo, "risultando - si legge in una nota - determinanti insieme ai parlamentari di Fli per la maggioranza".

Senza Fli ed Mpa ma con l'ex Idv Americo Porfidia la maggioranza è dunque a quota 308. E' questa la fotografia che emerge dal voto di fiducia della Camera. Inizialmente il centrodestra partiva da 345 voti: 236 Pdl, 59 Lega, 5 Noi Sud, 2 Repubblicani-Adc (Francesco Nucara e Francesco Pionati), 5 ex Udc, Bruno Cesario, 5 Mpa e 32 Fli (Fabio Granata e Mirko Tremaglia hanno votato con l'opposizione). Alla fine se ne contano 342, che però diventano 344 quando Menia e Pittelli dichiarano di non aver fatto in tempo a votare. All'appello manca quindi un voto, quello di Aurelio Misiti, dell'Mpa, assente.
Si è scoperto però che anche Antonio Gaglione, di Noi Sud, non ha partecipato al voto. A sostituirlo però c'è Americo Porfidia, del Gruppo Misto, eletto con l'Idv. Quindi, considerando i 32 di Futuro e libertà (compreso Menia) e i 4 dell'Mpa oggi presenti, il centrodestra avrebbe avuto 308 voti, 307 se si toglie Porfidia. L'opposizione partiva invece da 280 voti, visto che Porfidia ha votato con la maggioranza: 206 del Pd, 35 dell'Udc, 24 dell'Idv, 6 di Api, i dissidenti di Fli (Granata e Tremaglia), i 3 Liberaldemocratici, Giorgio La Malfa, Paolo Guzzanti, Giuseppe Giulietti e il rappresentante della Val d'Aosta. Alla fine ne ha avuti 275, che diventano 276 se si considera Rocco Buttiglione, che ha dichiarato di non essere riuscito a votare. All'appello sono mancati quattro deputati del Pd assenti: Marco Fedi, Siro Marrocu, Daniela Sbrollini e Amalia Schirru. Tre gli astenuti: Massimo Calearo e i due deputati della Svp. Come è prassi non ha partecipato al voto il presidente della Camera Gianfranco Fini.

L'inevitabile fiducia - La fiducia è inevitabile. Durante la riunione del gruppo di Futuro e Libertà nella sede di Farefuturo Gianfranco Fini ha spiegato ai suoi che il sì al governo Berlusconi è la logica conseguenza di quanto detto a Mirabello: restiamo leali al programma ma siamo autonomi. Chi lo ha ascoltato racconta di averlo visto "sicuro e determinato" e di considerare il passaggio di oggi come una vittoria. "Se Berlusconi si fosse comportato prima come ha fatto oggi in Aula, ci saremmo evitati questi mesi di tensioni", avrebbe commentato il presidente della Camera per poi concedersi una battuta scherzosa su un passaggio dell'intervento del Cavaliere.
Scettico sulla possibilità che possano finire gli attacchi nei suoi confronti, l'ex leader di An non molla, e coglie l'occasione per annunciare la nascita di un nuovo soggetto politico, convocando per martedì prossimo i suoi parlamentari per un Comitato che darà consistenza a questo progetto politico. Ha usato il termine 'soggetto', precisano in ambienti di Fli, perché sarebbe troppo riduttivo definirlo partito, visto che l'ambizione è dar vita a una 'terza gamba' del centrodestra. Per Fini resta sempre l'incognita giustizia (processo breve e ddl intercettazioni sono rimasti in sonno). Su questo fronte l'inquilino di Montecitorio avrebbe detto che non c'è nulla di nuovo, ma occorre verificare come concretamente verranno tradotte in iniziative legislative le parole di Berlusconi. Ora, avrebbe aggiunto, sarebbe inutile tentare di immaginarle.
Infine, il portavoce di Fini, Fabrizio Alfano, ha smentito l'ipotesi di un addio allo scranno più alto della Camera in vista della nascita di un nuovo soggetto politico. "Quello di martedì - ha sottolineato - è l'inizio di un percorso politico che necessita di tempo. Bisognerà poi vedere chi sarà eletto presidente del nuovo soggetto politico e non è detto che sia Fini".

La rabbia dell'opposizione - "E' incommentabile. Non so in che Italia viva". Pier Luigi Bersani è rimasto senza parole dopo l'intervento di Silvio Berlusconi alla Camera. In realtà le parole il segretario democratico le ha avute eccome e le ha sciorinate tutte nel suo intervento in Aula. "Chieda il Nobel per la pace, ormai siamo a un passo da questa richiesta", ha ironizzato il leader del Pd che ha parlato di "discorso debole, pieno di promesse risapute. Non c'è un fatto nuovo, ma solo promesse che non si realizzano mai". "Qui non si apre una pagina nuova, qui si chiude una pagina vecchia. Quella nuova l'apriamo noi - ha messo in chiaro Bersani - Il Paese ha bisogno di fatti veri, non più di propaganda e miracoli". ''Voi mettete la fiducia per debolezza'', ha detto Bersani. "Parlate del governo del fare, ma del fare che cosa? E' 10 anni che governate con la Lega. Sette degli ultimi nove. Volete farci un riassunto, non in cinque punti di ribollita ma in due o uno, in cosa è migliorata l'Italia? E se non succede niente di concreto non può essere solo colpa del nemico, dei magistrati, dei comunisti, dei rom, della Corte costituzionale. Ma quanto volete governare perché sia colpa vostra: 80 anni?".
Il leader del Pd si è poi rivolto direttamente a Berlusconi: "Lei arrivò con un sogno, poi il sogno è diventato favola e la favola si è dispersa in mille bolle di sapone. Lei fa dire ai suoi telegiornali che è l'uomo del fare e non del teatrino politica, ma lei è l'impresario di questo teatrino! Sono 15 anni che la politica fa il girotondo attorno ai suoi affari". E ha aggiunto: "Perché non si fa più vedere a Napoli? Io ci vado domani, vogliamo andare insieme a vedere com'è la situazione dei rifiuti? - ha chiesto ironicamente il leader del Pd - E perché non viene all'Aquila a vedere a che punto è il programma di ricostruzione?".
Bersani ha chiesto le dimissioni del governo ("ci vuole un passaggio elettorale, con più civili regole elettorali, perché il paese non può più aspettare") e ha respinto l'accusa di temere il voto: "Noi non temiamo le elezioni. Le elezioni ve le siete rimesse in tasca voi".

Durissimo l'intervento del leader dell'IdV Antonio Di Pietro: "Berlusconi si è dimostrato quel che è: un serpente a sonagli che racconta la storia di un Paese diversa dalla realtà, illude i cittadini". Ma l'affondo è arrivato nel pomeriggio dopo la replica del Cavaliere alla Camera. "L'unica cosa che ha saputo fare - ha detto Di Pietro - è una miriade di leggi per risolvere affari e processi suoi e della sua cricca". Il leader Idv ha attaccato il Cavaliere accusandolo di compravendita di parlamentari e non ha usato giri di parole: "Lei è l'inventore di una corruzione di nuovo conio più moderna e spregiudicata. Lei non è un presidente del Consiglio ma uno stupratore della democrazia". Membro di "massoneria deviata", "spregiudicato illusionista" le espressioni che sono volate all'indirizzo del presidente del Consiglio. L'Aula, dal lato della maggioranza a quel punto ha cominciato a rumoreggiare ed è stato lo stesso presidente della Camera ad intervenire per riprendere l'ex pm: "La prego di usare un linguaggio consono all'aula". E, poco dopo: "Non può essere tollerata l'ingiuria". Ma Di Pietro è andato avanti, e allora è stato lo stesso Berlusconi ad alzarsi per chiedere un intervento del presidente della Camera. Fini lo ha fatto, anche per invitare lo stesso premier alla calma. "Di Pietro si assume le sue responsabilità per quello che dice", ha detto Fini ricordando all'Aula della diretta televisiva. In segno di protesta, alcuni deputati del Pdl hanno lasciato l'aula.

Per il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, Berlusconi "sembra essere arrivato dalla luna... E' stato un discorso pieno di buoni sentimenti e di propositi, se l'avesse fatto il primo giorno di scuola, sarebbe stato meglio... Avrebbe avuto un senso solo se l'avesse fatto nel '94''. Per il leader centrista, intervenuto in Aula, Berlusconi come "Alice nel Paese delle meraviglie", ha "seguito la scorciatoia del pallottoliere ed ha fatto un discorso di buone intenzioni. Ma sa già di non poterle realizzare con questa maggioranza. Si prepara a tirare a campare nel teatrino della politica come tutti gli altri prima".

Le promesse al Sud e alla Sicilia - "Entro dicembre pronto il progetto esecutivo del ponte sullo Stretto di Messina". Queste le parole di Silvio Berlusconi nel suo intervento alla Camera. E' l'obiettivo principale del piano delle infrastrutture per il Mezzogiorno che prevede anche il completamento dell'autostrada Ragusa-Catania e il raddoppio della superstrada Agrigento, Caltanissetta, ma anche treni ad alta velocità fino a Palermo.
Il presidente del Consiglio ha inoltre assicurato che "nei prossimi tre anni saranno investiti al Sud per circa 21 miliardi euro". Prevista anche la nascita della Banca del Sud per un aiuto alle piccole imprese. Infine la lotta alla criminalità organizzata che secondo il premier proseguirà grazie anche alla "normativa antimafia più efficace al mondo".
"Il sud ha bisogno di regole, di rispetto delle regole e di un'adeguata dotazione di infrastrutture materiali e immateriali", ha detto Berlusconi che ha ricordato che nel periodo 2002-2009, "su un valore di opere approvate dal Cipe e già cantierate, pari a circa 68 miliardi di euro, sono stati triplicati gli interventi nel Mezzogiorno".
Nei prossimi tre anni, saranno raggiunti "risultati importanti" grazie a investimenti nel Mezzogiorno "per circa 21 miliardi di euro, pari al 40 per cento degli investimenti complessivi in tutta Italia".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Reuters, Ansa]

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30 settembre 2010
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